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Tribunale di Frosinone. Non è reato omettere la titolarità di 7 conti di gioco online e percepire il reddito di cittadinanza (a patto di perdere più di quanto si vince)

Il Tribunale di Frosinone ha assolto la titolare di 7 conti di gioco online dal reato previsto per aver indebitamente beneficiato del reddito di cittadinanza in considerazione del fatto che le somme scommesse superavano quelle vinte.

La vicenda prende il via a seguto di un controllo sulla erogazione del reddito di cittadinanza effettuato dalla Guardia di Finanza di Fiuggi dal quale emergevano anomalie dal momento che, tramite la banca dati dei Monopoli di Stato, aveva potuto accertare che l’imputata risultava titolare di sette conti di gioco online.

Il teste ha, poi, specificato che, sebbene i suddetti conti non dovevano essere indicati a fini ISEE, le entrate derivanti dalle eventuali vincite andavano invece dichiarate; ciononostante, nel caso in esame, avevano accertato che la l’imputata non aveva effettuato alcuna comunicazione.

L’ imputata aveva in ogni caso fatto richiesta di erogazione in suo favore del beneficio del c.d. reddito di cittadinanza nell’anno 2019 e che lo aveva percepito anche per tutto l’anno 2020. I sette conti online risalivano già all’anno 2017, anno in cui l’importo giocato risultava essere di Euro 66.714,00 e quello vinto risultava essere di Euro 64.000,00.

Per l’anno 2018 le somme giocate erano pari ad Euro 19.972,00 e quelle vinte ad Euro 18.000,00, mentre per l’anno 2019 le somme giocate erano pari ad Euro 30.476,00 e l’importo vinto era pari ad Euro 29.343,00. In tutte le annualità venivano effettuate delle ricariche sui conti citati che, nell’anno 2017, risultavano pari ad Euro 3.555,00, mentre nel 2018 pari ad Euro 975,00 e, infine, nel 2019 pari ad Euro 2.130,00.

L’imputata aveva successivamente confermato di disporre di alcuni conti- gioco online aperti sui diversi siti , siti che, obbligano fin da subito ad aprire un conto per giocare. L’imputata ha, poi, specificato di aver investito in media Euro 0,05 o Euro 0,10 a giocata. L’imputata ha, poi, così giustificato l’entità degli importi presenti sul suo conto: “Con fasi alterne di vincita e perdita nel suddetto tempo sembra che mi sia giocata anche Euro 2.000,00 per esempio, ma nella realtà le cifre vinte o perse si aggirano nell’ordine di pochi euro ed al massimo della perdita corrispondenti alla cifra investita di Euro 10,00, quindi le cifre astronomiche descritte sono la somma di giocate effettuate con Euro 10,00 di reale esborso. Altra opzione che questi siti offrono, quando per molto tempo non si gioca, dei bonus gratuiti da giocare e non incassare, quindi del tutto virtuali, di cui ho usufruito e che dunque non si tratta di ricariche in denaro, ma che incidono sulla voce importi ricaricati per invogliare il cliente giocatore a caricare il conto gioco con propri denari”.

Il giudice del Tribunale di Frosinone ha assolto l’imputata con riferimento ad entrambi i reati alla stessa ascritti per insussistenza dei rispettivi elementi costitutivi. Invero, sebbene sia noto a questo giudice che l’art. 5, comma 7, d.l. 4/2019, in materia di istituzione del Reddito Di Cittadinanza, prevede che al fine di prevenire e contrastare fenomeni di impoverimento e l’insorgenza dei disturbi da gioco d’azzardo (DGA), è in ogni caso fatto divieto di utilizzo del beneficio economico per giochi che prevedono vincite in denaro o altre utilità, deve essere evidenziato che, non solo, non è stato dimostrato l’utilizzo da parte dell’imputata del beneficio conseguito nel 2019, per le movimentazioni relative ai conti gioco a lei intestati e già in essere dal 2017, ma, soprattutto, non è stato dimostrato che abbia maturato, proprio per effetto dei suddetti conti gioco, delle vincite in grado di costituire delle variazioni di reddito rilevanti ai fini del conseguimento e del mantenimento del beneficio in esame.

Il teste escusso ha chiaramente riferito che – per l’anno 2018 – le somme giocate erano pari ad Euro 19.972,00 e quelle vinte erano pari ad Euro 18.000,00, mentre per l’anno 2019 le somme giocate erano pari ad Euro 30.476,00 e l’importo vinto era pari ad Euro 29.343,00. In altre parole, le vincite sono state, in entrambi gli anni di interesse investigativo, inferiori alle somme giocate, con l’ovvia conseguenza che si è verificato un depauperamento e non già un arricchimento al patrimonio che, dunque, non aveva l’obbligo di comunicare alcunché. Inoltre, anche a voler considerare la circostanza valorizzata dall’operante escusso secondo cui, in tutte le annualità, venivano effettuate delle ricariche sui conti citati che, nell’anno 2017, risultavano pari ad Euro 3.555,00, mentre nel 2018 pari ad Euro 975,00 e, infine, nel 2019 pari ad Euro 2.130,00, va detto che non è stato in alcun modo dimostrato che tali importi, per il vero piuttosto esigui, abbiano inciso sui limiti di reddito dichiarati dall’imputata ai fini del conseguimento del beneficio.

“Pertanto, appare evidente che la finalizzazione delle omissioni o delle false indicazioni all’ottenimento e al mantenimento del beneficio, anche solo in misura inferiore rispetto a quello effettivamente conseguito, deve essere considerato quale elemento costitutivo del reato contestato e deve, dunque, essere oggetto della prova a carico della pubblica accusa. Alla luce dell’istruttoria complessivamente espletata appare evidente che, nel caso di specie, tale prova è del tutto mancata essendosi gli agenti operanti limitati a riscontrare le giacenze sui conti gioco, neppure univocamente riconducibili all’imputata e senza neppure verificare che l’entità delle vincite fosse superiore a quella delle somme giocate. Pertanto, mancando la prova della sussistenza di un elemento costitutivo del reato contestato, non resta che assolvere l’imputata dal reato ad ella ascritto perché il fatto non sussiste”, come si legge nella sentenza.

Redazione Jamma
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