(Jamma) Contrastare la povertà minorile-adolescenziale e la dispersione scolastica recuperando le risorse necessarie anche attraverso l’incremento delle imposte sul gioco d’azzardo, e in particolare sulle scommesse on line. A chiederlo in una mozione presentata ieri al Senato alcuni onorevoli del Movimento 5 Stelle tra i quali Blundo (nella foto), Catalfo, Paglini, Puglia, Bencini, Marton, Simeoni, Donno, Cioffi, Endrizzi, Scibona, Molinari, Orellana, Casaletto, Buccarella, Bertorotta, Gaetti, Bocchino, Nugnes, Bottici, Airola, Serra, Fattori, Moronese, Battista, Vacciano, Cotti, Morra, Crimi, Montevecchi, Lezzi, Castaldi e Taverna.
Di seguito il testo integrale dell’ordine del giorno.
Il Senato,
premesso che:
secondo i dati del rapporto redatto nel 2012 dall’organizzazione internazionale “Save the children” (dal titolo “Atlante dell’Infanzia”) e della seconda relazione annuale del Garante nazionale dell’infanzia e dell’adolescenza (presentata in parlamento il 10 giugno 2013), la condizione dei minori e degli adolescenti in Italia è caratterizzata da molte criticità, in ogni ambito della vita;
nel nostro Paese più di 7 bambini e/o adolescenti su 100 vivono in condizioni di povertà assoluta. Sono in totale 720.000 i minori ai quali è impedito l’accesso a standard di vita minimamente accettabili: un esercito dislocato in gran parte nelle regioni del Sud e significativamente in crescita nel 2011, rispetto all’anno precedente, con un aumento nell’ordine di 75.000 nuovi piccoli grandi poveri;
l’ultima indagine dell’Istat sui consumi delle famiglie italiane conferma che la povertà nel nostro Paese colpisce soprattutto le famiglie con minori, in misura superiore di quanto non accada nella grande maggioranza dei Paesi europei. Più precisamente l’incidenza media nazionale delle famiglie in povertà relativa passa dall’11,1 al 16,2 per cento quando in famiglia vi sono dei bambini, mentre la povertà assoluta sale dal 5,2 per cento al 6,6 per cento. In altre parole la povertà colpisce alla radice il sistema stesso di sviluppo del Paese: per un numero crescente di famiglie mettere al mondo dei figli è ormai sinonimo di povertà, un vero e proprio azzardo. Tale condizione trova conferma anche in uno studio sui bilanci delle famiglie, riferito al periodo 2006-2010, condotto dalla Banca d’Italia;
la crisi incide fortemente sulle opportunità educative e di crescita. A tal proposito l’Unicef, esaminando le condizioni di vita dei bambini nei 29 Paesi cosiddetti ad “economia avanzata” colloca l’Italia al 22° posto. In particolare, l’Italia si colloca al 25° posto per quanto riguarda l’istruzione, al 22° per la partecipazione a forme di istruzione superiore e al 24° per i risultati scolastici conseguiti. Di contro il nostro Paese si posiziona al non invidiabile secondo posto per numero complessivo di bambini che non studiano;
l’Italia registra i più alti livelli di interruzione scolastica in Europa. I dati in tal senso si differenziano molto a seconda delle regioni italiane, ma la “maglia nera” va alle regioni del Sud Italia, dove la crisi iniziata nel 2008 ha notevolmente peggiorato un quadro già fortemente critico: in Sicilia la percentuale di studenti che ha lasciato gli studi prima del diploma è del 26 per cento, seguono la Sardegna con il 23,9 di abbandoni scolastici e la Puglia con il 23,4 per cento;
considerato che:
in Italia negli ultimi anni c’è stata una costante riduzione dei finanziamenti destinati a famiglie, infanzia e maternità; il Fondo nazionale delle politiche sociali è passato da un miliardo di euro nel 2007 a 45 milioni nel 2013. Inoltre, sono stati drasticamente ridotti i fondi per i servizi educativi e scolastici e depauperati i bilanci degli enti locali, rendendo insostenibili molte reti di welfare inclusivo, anche nelle realtà in cui esiste una forte tradizione culturale di sostegno sociale e comunitario;
la sempre più crescente povertà delle famiglie influisce sulle concreta possibilità delle stesse di assicurare ai minori le cure mediche e la prevenzione sanitaria di cui necessitano;
la Commissione europea ha emanato il 20 febbraio 2013 la raccomandazione “Investire sui bambini: rompere il ciclo vizioso di svantaggio”, sollecitando gli Stati membri a mettere al centro della loro agenda il tema dell’infanzia e a prevedere investimenti mirati a combattere la povertà dei bambini. Nella stessa raccomandazione la Commissione rammenta inoltre che “la riduzione della povertà e dell’esclusione sociale” è uno degli obiettivi della strategia Europa 2020, al cui raggiungimento tutti gli Stati membri devono necessariamente contribuire;
un dato ancora più drammatico è l’allontanamento dei minorenni dal proprio nucleo familiare a causa dello stato di indigenza delle famiglie di origine, allontanamento che in molti casi arriva sino alla perdita della capacità genitoriale. In Italia il fenomeno ha raggiunto numeri che impongono una seria riflessione: più di 32.000 bambini vengono chiusi nelle comunità o dati in affido, in alcuni casi con giustificate motivazioni in altri sulla base di ragioni a dir poco fumose ed inconsistenti. Un numero enorme, che costa allo Stato mezzo miliardo di euro all’anno solo in rette giornaliere. Un sistema che negli ultimi mesi è stato messo in discussione da alcune associazioni, libri e pubblicazioni che raccontano addirittura di “bambini rubati dalla giustizia”, di assistenti sociali troppo interventisti, di psicologi disattenti, di una magistratura impassibile e fredda nell’emanare tali disposizioni, di forti interessi economici,
impegna il Governo:
1) ad elaborare un serio, concreto ed efficace piano di contrasto alla povertà minorile-adolescenziale e alla dispersione scolastica, reperendo le necessarie risorse e considerando lo stanziamento delle medesime non una spesa che genera debito bensì come un investimento sul capitale umano finalizzato al progresso sociale ed economico del Paese;
2) ad effettuare il monitoraggio del numero esatto delle case famiglia presenti su tutto il territorio nazionale, al fine di tracciare la mappatura nazionale delle stesse;
3) a prevedere ed attivare meccanismi di controllo e vigilanza maggiormente efficaci sulle attività svolte dalle comunità o case famiglia, al fine di testare l’effettiva necessità, validità ed utilità dei progetti di affido previsti per ciascun minore;
4) a procedere ad una riforma dei servizi sociali al fine di rendere l’intervento degli stessi più selettivo ed efficace e maggiorente calibrato sulle esigenze del minore;
5) ad individuare urgentemente disposizioni normative finalizzate a precisare che le condizioni di indigenza dei genitori o del genitore esercente la potestà genitoriale non possono essere di ostacolo all’esercizio del diritto del minore alla propria famiglia;
6) ad assumere iniziative per introdurre il reddito di cittadinanza, predisponendo un piano che individui la platea delle famiglie aventi diritto, considerando come indicatore il numero di cittadini che vivono al di sotto della soglia di povertà;
7) a reperire le risorse necessarie anche attraverso la lotta all’evasione fiscale e l’incremento delle imposte sul gioco d’azzardo, e in particolare sulle scommesse on line;
8) ad attuare specifiche politiche sociali e dell’occupazione per inoccupati e disoccupati tra i 30 e i 54 anni in generale, e per la donne inattive in particolare, quali categorie a più alto rischio di povertà ed esclusione sociale.