“Alla luce di un’economia del paese che fatica, di una mancanza di competizione nel settore digitale e televisivo e di infrastrutture fatiscenti, immaginare una crescita economica del calcio italiano, e di conseguenza investimenti per lo sviluppo di talenti e per la competitività ai più alti livelli diventa estremamente difficile. A tutto ciò si aggiunge l’assenza di ogni forma, non dico di aiuto economico, ma di supporto al sistema calcio Italia: negli anni, infatti, ai club sono state vietate le sponsorizzazioni da parte delle società di betting nell’ambito del cd. “decreto dignità” per il quale non sono mai stati misurati i risultati, è stato cancellato il cd. “decreto crescita” che prevedeva delle agevolazioni fiscali per gli atleti d’elite senza valutarne i benefici e sulla falsariga di un populismo secondo il quale agevolazioni fiscali per gli atleti stranieri toglievano spazio ai giocatori italiani (ipotesi non corroborata da alcun dato). Inoltre, i club di calcio italiani, gli unici in Europa, sostengono oneri per IRAP sul personale tesserato, che rappresenta la voce di costo principale e i cui contratti per legge non possono essere a tempo indeterminato, ma hanno una durata massima di 5 anni. Potete ben capire che il calcio italiano non ha mai chiesto nulla ma negli anni è stato continuamente penalizzato da fattori ed azioni totalmente al di fuori del proprio controllo”.
E’ quanto si legge nella memoria rilasciata al Senato dalla società sportiva Juventus FC in seguito all’audizione, svoltasi la scorsa settimana in Commissione Cultura, sull’Affare assegnato n. 373 (Prospettive di riforma del calcio italiano).