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Riordino gioco online. Baretta (ex sott. Mef): “Serve un riordino complessivo del settore. C’è ancora spazio per una riduzione dell’offerta terrestre”

Pier Paolo Baretta, già sottosegretario al MEF con delega ai giochi, è intervenuto oggi in audizione in Commissione Finanze del Senato per alcune osservazioni sullo Schema di Decreto di Riordino dei giochi.

Baretta ha ricordato come nel 2017 si arrivò ad una Intesa in materia di Riordino, condivisa in parte dagli Enti Locali ma che non si tradurre in decreto.

Oggi Baretta, ripercorrendo quella esperienza ha sollecitato il legislatore a un riordino del settore che includa anche l’offerta terrestre, e non solo quella online quel documento “prevedeva regole trasparenti e uniformi sull’intero territorio nazionale, sui i titoli abilitativi all’esercizio di autorizzazione e i controlli con adeguate forme di partecipazione dei comuni al procedimento di autorizzazione e pianificazione della dislocazione locale dei punti vendita. Ma proprio la dipendenza da gioco d’azzardo che era già nel dettato della delega dalla legge Balduzzi prevedendo la tutela dei minori per i giochi con Vincita in denaro che introducono comportamenti compulsivi, ha creato un corto circuito tra diversi modi di applicare questo fondamentale principio che ha portato la società civile in primis e la politica di governo, infine agli stessi operatori, ha interrogarsi sulla collocazione del gioco. Si è sviluppato così un acceso confronto tra visione differenti quando non opposte. Di fronte a questo scenario il governo di allora si trovò al centro di pressioni contrastanti che lo indussero a non operare una forzatura politica rinunciando all’applicazione della delega nonostante il problema di una regolamentazione era così evidente.  Si avviò una faticosa mediazione tra i differenti posizioni politiche trasversali, una dialettica tra maggioranza e opposizione con gli operatori del settore per sensibilizzarli sono necessità di riconoscere alcune esigenze in ordine all’eccesso di offerta esplosa dopo la liberalizzazione operata per finanziare gli interventi statali conseguenti al terremoto dell’Abruzzo ma anche sulla necessità di superare una eccessiva frantumazione rappresentata da un numero elevato di concessionari e quella ancor più dispersivo dei gestori.

Tutto ciò aumentavano le esigenze di finanza pubblica e portavano a progressivi aumenti dell’imposizione fiscale del settore. Era necessario assicurare un’interlocuzione istituzionale per meglio comprendere le istanze indirizzarle verso soluzioni di equilibrio che rispondesse ad un dialogo tra i diversi soggetti interessati. Infine con gli enti locali  in ragione della mancanza di regole generali uniformi si indirizzarono in diffuse scelte regolatorie principalmente orientate alla contrazione dell’offerta di gioco in generale adottando vincoli di utilizzo in particolare limitando gli orari e ampliando le distanze da molti luoghi sensibili in taluni casi in verità addirittura troppi.

Questa estenuante incessante attività di confronto intendeva strutturare una normativa che sulle basi dell’indicazione della corte di cassazione favorisce un’idea di gioco nelle sue diverse espressioni come condizione della vita, ovvero come divertimento episodico e non compulsivo e tantomeno dipendente.

Ciò significava e significa evitare l’affermarsi due atteggiamenti esasperati da un lato di completa permissività e dall’altro la totale proibizione Questo approccio ha certamente consentito di operare un salto di qualità di tutti gli attori verso la convinzione che la tutela della persona fosse da considerare e a condividere una visione univoca con regole di rilevanza nazionale.

Ciò nonostante, ci ha permesso di raggiungere due risultati principali: il primo provvedimento di riduzione di oltre il 30% del 400.000 slot che operavano nel mercato. Ritengo  che esiste ancora oggi un ulteriore spazio di riduzione compatibile con l’esigenza del mercato soprattutto se come dirò più avanti collegato alla razionalizzazione più generale dei punti vendita da raggiungere secondo piani territoriali predefiniti da concordare per lo Stato centrale e le autonomie locali, il secondo risultato è appunto l’intesa con conferenza unificata del 2017 che prevedeva un’articolata regolazione di molti aspetti rimasti ad allora risolti tra cui una drastica riduzione complessiva di circa la metà dei punti gioco e la separazione fisica tra luoghi di gioco e quelli di esercizio, il controllo da remoto degli apparecchi, la dimensione e la qualità dei locali e debiti a gioco, la distanza tra un apparecchio e un altro e la adozione di tempi di intervallo automatici tra una giocata ed un’altra, la riduzione da 500 a 100 € della puntata massima del VLT, la formazione di operatori incaricati nei rapporti con i giocatori e così via.

 Questa intesa che alla luce dei fatti si rivelò almeno fino ad oggi il più compiuto tentativo di riforma come fu riconosciuto, fu allora vissuta come un compromesso non del tutto soddisfacente né per gli enti locali che erano divisi sulle scelte conseguenti effetti finanziari non partecipando alla ripartizione delle entrate fiscali .Gli operatori del settore che non avevano ancora del tutto percepito alla grave crisi reputazionale che li aveva coinvolti, né per i rilevanti componenti della società civile che insistendo sulla identificazione tra il gioco e l’usura non erano in condizioni condividere alcuna mediazione, né per la Ragioneria generale dello Stato in quanto la riduzione dei punti gioco così come l’intesa comportava una teorica riduzione del gettito fiscale peraltro compensata dal trend storico della crescita costante del volume di gioco. Ovviamente eccezionale quest’ultima per le annualità del COVID e comunque sempre minore di quella prevista da alcuni regolamenti locali in vigore.  Alla luce di questa valutazione si comprende perché nonostante gli sforzi di molti il tentativo di applicare la delega è arrivato al risultato quasi diventare legge era mancato per poco, la conclusione della 17ª legislatura e la 18ª di riprendere il filo nonostante che sia pure da punti di vista diversi ma con comuni intenti il dossier sia stato aperto da tutti sottosegretari che si sono succeduti nei governi Conte 1 e Conte 2 e Draghi.

In ogni caso il lavoro fatto non è stato inutile in quanto si è progressivamente affermata l’idea che quella tracciata dall’intesa unificata del 2017 era la strada da praticare come affermato anche nella nota illustrativa decreto legislativo di oggi.

Nel frattempo, però il settore è profondamente cambiato sia nella più equilibrata percezione dei problemi compreso l’equilibrio tra indispensabile necessaria risorsa fiscale sia nella maggiore predisposizione degli enti locali e dell’società civile a condividere soluzioni.

Il settore del gioco italiano si è distinto per essere dei più efficace nella lotta alla malavita organizzata e alla illegalità. Fa perciò riflettere la scelta di alcuni istituti finanziari di escludere rapporti con società di gioco già riconosciute, per questi motivi a maggior ragione necessario è un quadro normativo unitario che consenta da un lato di offrire certezza nella realizzazione delle gare che vanno definitivamente bandite al più presto per tutti gli aspetti e componenti nei quali si articolano l’offerta online e fisica, dall’alto di garantire una governance del settore.

 Tutto ciò consentirebbe di completare il percorso avviato  rispondendo alla domanda di riforma di regolarizzazione che è rimasta stringente.  Il punto di fondo è sempre stato quello di recuperare una normativa generale con valenza nazionale. L’attuale delega fiscale con gli opportuni aggiustamenti consente di perseguire questo obiettivo, peraltro la nuova intesa nella conferenza unificata evidenzia la disponibilità degli enti locali, aiuta il suo raggiungimento.

Non va trascurata la richiesta di comuni province regioni a prevedere misura di compartecipazione al gettito derivante dal gioco legale, segno di volontà di condividere responsabilità e doveri.

Nella regolamentazione italiana si evidenzia la crescente concorrenza delle piattaforme, che si presentò anche per il gioco fisico soprattutto in concorrenza la rete italiana dei casinò che portò anche a formulare una riforma del casinò prevedendo un controllato allargamento del loro numero allo scopo da un lato prevenire il turismo da gioco che si indirizzava verso la Slovenia l’Austria e Malta ma dall’altro e trovare un nuovo equilibrio territoriale che può realizzarsi con una limitazione della presenza delle sale del territorio circostante la casa da gioco pubblica andando così incontro sia alla richiesta di limilitare l’offerta sia di garantire un’offerta più qualificata.

 La prospettiva era di arrivare ad una trasformazione dell’offerta limitando le sale da gioco private nella misura massima di circa 10.000 in tutto il paese rispetto ai quasi 100.000 punti di partenza ma qualificandole. La diffusione del gioco online ha cambiato la prospettiva dell’offerta aumentando allargandola ma non ha annullato la possibilità di realizzare una ragionato riordino.

Penso di poter affermare che esiste una continuità tra rapporti conferenza unificata del 2017 e i principi enunciati dal parlamento nell’articolo 15 della legge fiscale in particolare quando si richiama la centralità della persona, la sua tutela nonché la necessità di una razionalizzazione del settore. Un ultimo auspicio  è che oltre al oggi discussione si possa disporre in tempi brevi anche del decreto sul gioco fisico: solo una riforma completa e attuata in tempi brevi permetterà infatti di raggiungere gli obiettivi che perseguiamo da tempo”.

Redazione Jamma
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