(Jamma) L’emendamento per uniformare la tassazione sui giochi, compresi quelli online, che Michele Anzaldi e Luigi Bobba, deputati Pd, intendono presentare ora che la legge di stabilità è all’esame della Camera, piace ai sindaci alle prese con il pasticcio della mini-Imu. Ieri è arrivato l’endorsement di Pisapia che in una dichiarazione rilasciata al quotidiano Europa ha definito l’iniziativa largamente condivisibile. Iniziativa che non dispiacerebbe nemmeno al presidente dell’Anci Piero Fassino.
Ma il sostegno ricevuto fin qui dalla proposta (oltre a Pisapia sono numerosi i sindaci, da Nord a Sud, che in queste ore si sono schierati a favore di una rimodulazione delle tasse sui giochi) non appare privo di interessi. L’emendamento promette un extra-gettito stimato intorno agli 800 milioni di euro. La metà dei quali basterebbe ad eliminare la cosiddetta mini-Imu, per colpa della quale i contribuenti dei Comuni che hanno alzato le aliquote relative alla tassa sulla casa oltre la soglia prevista dal governo rischiano di ritrovarsi a dover pagare a gennaio, anche se solo in forma limitata, un balzello che sulla carta non esiste più.
Per evitare la beffa è stato calcolato che servono poco più di 400 milioni. Somma che dovrà provenire dalla legge di stabilità, stando alle parole pronunciate ieri dal relatore della ex Finanziaia alla Camera Maino Marchi. Ed ecco che l’iniziativa di Anzaldi potrebbe tornare utile al fine di porre rimedio alla questione. L’emendamento è pronto per essere sfoderato. «Ce l’ho nella tasca», dice il deputato, «in questi giorni lo porto sempre con me». Scade oggi alle 16 il termine entro il quale è possibile presentarlo.
L’obiettivo è di ridurre la differenza di tassazione sui giochi (si va dal 3% dei giochi online all’11% del bingo) parificando le aliquote verso l’alto. Intorno, ci spiega lo stesso Anzaldi, al 10%. Dopo il fallimento della sanatoria sulle slot, grazie alla quale il governo sperava di trovare le coperture per l’abolizione della prima rata Imu (ieri è stata attivata la clausola di salvaguardia attraverso cui verrà reperita la parte di risorse mancante), si torna quindi a puntare lo sguardo verso i concessionari dei giochi, questa volta per cercare di garantire la piena cancellazione della seconda rata.
Oggi il gioco d’azzardo in Italia, secondo Paese al mondo in cui è più diffuso, vanta un giro d’affari pari a circa 96 miliardi di euro. Nel 2011 il settore ha fruttato all’erario circa 8 miliardi, contro i 4 del 2000. Circa il doppio dunque rispetto alla somma incassata dal Fisco dieci anni prima. Pochino, considerato che dal 2000 a oggi gli italiani hanno moltiplicato per sei il volume di soldi spesi in slot e giochi online.