Roberto Mancin, esperto della Struttura Salute Mentale e Dipendenze della Regione Lombardia, ha presentato oggi, 10 dicembre, al convegno organizzato dalla Regione Lombardia dal titolo “Tutti in gioco – Strategie, Responsabilità, Politiche nella prevenzione e nel contrasto al GAP a 10 anni dalla L.r. 8/13”, un’analisi approfondita sull’impatto del gioco d’azzardo patologico (DGA) e sull’efficacia dei servizi dedicati nella regione. I dati aggiornati al 2024 rivelano una realtà complessa e ricca di sfide per il sistema sanitario, evidenziando le difficoltà legate all’accesso ai percorsi di cura e alla gestione di una dipendenza spesso sottovalutata.
“La prevalenza del gioco d’azzardo problematico in Lombardia è stimata al 2,3% della popolazione tra i 15 e i 74 anni, un dato che equivale a circa 150.000 persone. Tuttavia, i servizi riescono ad assisterne solo una parte, corrispondente al 7% del totale stimato. Questo dato sottolinea come molti soggetti restino al di fuori del circuito di aiuto, spesso per la scarsa consapevolezza del problema o per la percezione errata che il DGA non sia una patologia curabile”, ha sottolineato Mancin.
La maggior parte dei pazienti che accedono ai servizi si colloca nella fascia di età compresa tra i 35 e i 54 anni, con una presenza significativa di anziani, pari al 13% del totale. I giovani sotto i 34 anni rappresentano solo il 20%, un dato che riflette probabilmente una minore percezione del rischio o una scarsa conoscenza dei servizi di supporto. Le donne sono meno rappresentate rispetto agli uomini, una tendenza osservata anche nei casi di tossicodipendenza.
Un aspetto rilevante è il ritardo con cui i pazienti richiedono aiuto. In media, passano circa sette anni dall’inizio del problema al momento della prima richiesta di cura. Questo lungo periodo di latenza è attribuibile alla difficoltà di riconoscere la dipendenza e alla reticenza nell’affrontarla. Anche quando il percorso di cura viene avviato, non sempre è portato a termine. Circa il 30% dei pazienti abbandona il trattamento entro i primi tre mesi, mentre il restante 70% riesce a completare il percorso. Di questi, oltre la metà raggiunge una remissione completa, superando il craving e la dipendenza. Il restante 30% ottiene comunque miglioramenti significativi, acquisendo strategie per gestire il comportamento compulsivo.
Le difficoltà incontrate dal sistema sanitario nel rispondere a queste esigenze sono molteplici. Da un lato, la complessità dei casi è accentuata dal fatto che solo il 40% degli assistiti presenta una dipendenza esclusiva da gioco, mentre negli altri si sovrappongono problematiche legate all’abuso di sostanze o a disturbi psichiatrici gravi. Dall’altro lato, la marginalità economica e le condizioni debitorie dei pazienti aggravano ulteriormente la situazione, rendendo più difficile la stabilizzazione dei risultati ottenuti.
Mancin ha evidenziato che, per migliorare l’efficacia degli interventi, è necessario rafforzare la sensibilizzazione del pubblico sull’esistenza dei servizi e sulla loro utilità. Occorre anche rendere i percorsi terapeutici più attrattivi, adattandoli meglio alle esigenze individuali, e potenziare l’integrazione tra i diversi settori della sanità per affrontare in modo completo le problematiche correlate. Solo attraverso un approccio più sistemico e mirato sarà possibile ridurre il numero di persone che restano escluse dai percorsi di cura e migliorare il tasso di successo dei trattamenti.
Dai dati presentati emerge come il numero degli accessi, dopo il calo registrato tra il 2029 e il 2021, stia tornando ai livelli del 2017-2018. A oggi il totale degli assistiti è di 2638, contro il 2761 del 2027 e i 2879 del 2018. Negli anni, se si considera il periodo Covid in cui il numero degli accessi è diminuiti per ragioni legate all’emergenza, sul numero di pazienti non hanno influito le politiche regionali che limitano l’offerta di gioco fisico, ovvero distanziometro e limitazione orarie di funzionamento degli apparecchi da gioco.
Il quadro delineato da Mancin offre spunti di riflessione importanti, non solo per i professionisti del settore, ma anche per i decisori politici, chiamati a investire in strategie di prevenzione e intervento sempre più efficaci.