“I punti della risoluzione di oggi danno una fotografia molto precisa delle problematiche del settore e-sport in Italia. Il settore soffre la mancanza di definizioni e questo ne influenza lo sviluppo. Noi riteniamo che in questo debba esserci la definizione di un perimetro entro cui agire. Mancano proprio diverse definizioni di cosa siano ad esempio un pro player o una competizione di videogiochi. Nel mondo il mercato del gaming genera valore per oltre 300 miliardi di dollari, mentre in Italia come valore di mercato siamo sui 40 milioni di euro. Capite bene che c’è una disparità molto evidente tra ciò che accade nel resto del mondo e ciò che accade in Italia. Chi vuole investire in questo settore in Italia ha delle problematiche pratiche. Non c’è sicurezza nell’investire. Una normativa sugli e-sport che fissi alcuni principi chiave, in parte contenuti nella risoluzione presentata, consentirebbero quanto meno di stabilire un perimetro di gioco. Senza questo presupposto in Italia siamo fortemente penalizzati. I nostri vicini di San Marino hanno creato un codice degli e-sport per permettere agli operatori di lavorare in tranquillità, che è esattamente quello che noi chiediamo. Anche la Francia ha delle leggi specifiche sugli e-sport. Crediamo quindi sia arrivato il momento che l’Italia si adegui per consentire ai tanti operatori del settore di avere delle regole di base”.
Lo ha detto Luigi Caputo (nella foto), fondatore dell’Osservatorio Italiano Esports, audito dalle Commissioni riunite Cultura e Lavoro della Camera sulla risoluzione riguardante l’introduzione di una disciplina degli e-sport.
“Oggi gli scacchi sono riconosciuti dal Coni come sport, lo stesso dovrebbe valere per i videogiochi, ma si fa ancora fatica ad accettarlo. Ci sono coach, mental coach, nutrizionisti, team manager, c’è un vero e proprio indotto che ruota intorno alle figure dei pro player per farne emergere il talento. Di conseguenza – ha aggiunto Caputo – non intevenire con una normativa che possa quanto meno dare delle definizioni generali, rischia di non fare emergere anche tutto l’indotto che c’è intorno. Le aziende sono interessate a inserirsi nei grandi eventi degli e-sport, ma in Italia non è possibile perchè anche un montepremi di soli mille euro significa gioco d’azzardo. Un allineamento a livello europeo ci consentirebbe di non perdere i nostri talenti che stanno andando a giocare all’estero. Per noi ci sono tre interventi principali da fare: rendere le competizioni e-sportive un sistema legalmente riconosciuto, inquadrare la figura del pro player e delle figure professionali che gli ruotano intorno, offrire un aiuto da parte dello Stato alle aziende che vogliono investire in questo mondo”.