La tutela della rete. Di Stefano Sbordoni

Veneto. Clonava carte di credito per scommettere online

 

(Jamma) Il nostro è il Paese della contraddizioni: da una parte (a livello nazionale ed a livello regionale) si ci si affanna a dare regole ad un mercato già BEN REGOLAMENTATO – anzi sin troppo regolamentato; dall’altra la rete illegale avanza indisturbata su tutto il territorio, invocando senza giusta causa principi di pronunce della Corte di Giustizia oramai superati dalla recenti norme.

Nel mentre, la moda dilagante sembra essere quella della delegittimazione del gioco pubblico e della sua rete. Enti locali, mass media, opinionisti, politici e associazionismo, si scagliano oramai quotidianamente contro, il più delle volte totalmente a prescindere da basi informative minimamente credibili. Le cosiddette fonti infatti sono quasi sempre manipolazioni di notizie fornite proprio dai media del settore: quasi da non credere! Tanto da insinuare il dubbio che dietro tale accanimento si celi un business del quale forse solo gli operatori del settore gioco non sono a conoscenza. Anche questo, incredibile! Tale è il movimento contro, che i proclami si stanno traducendo in azioni. Ed ecco che alcune regioni – da ultima quella Lombardia – si lanciano in provvedimenti restrittivi sui giochi che, oltre a creare confusione, vanno ad invadere la competenza specifica del Legislatore nazionale con grave violazione dei principi costituzionali in tema di separazione dei poteri e di competenza a normare. Nasce spontanea una domanda: ma se tanta foga, impegno e dedizione fossero profusi da costoro nello svolgere il compito che gli è proprio, non ne trarrebbe forse più beneficio il paese? O forse è più comodo creare mostri e streghe (oggi i giochi e le scommesse) facili da combattere, cosicchè l’opinione pubblica non si accorga dell’inanità sulle vere cause dei problemi della nostra Repubblica: lavoro, economia e stabilità sociale?

Se poi lo scopo è quello di recuperare risorse, da parte di enti territoriali e\o da parte dello Stato, oppure è di deviare la spesa dei giochi su altri beni o servizi, la strategia adottata non può essere più sbagliata.

Da una parte infatti la rete legale subisce le vessazioni dell’opinione pubblica e degli amministratori, soprattutto quelli degli enti territoriali, dall’altra deve subire la concorrenza sleale degli operatori che senza licenza operano da lungo tempo sul nostro territorio, offrendo prodotti sempre più competitivi, non sottoposti ad alcun vincolo di natura tributaria. Concorrenza che la priva quindi di quell’appetibilità che stuzzica i detrattori, e fornisce contestualmente alla massa dei giocatori gli stessi prodotti (anzi migliori) le stesse occasioni di gioco tanto vituperate, ma da parte di operatori illegali. Un buco nero.

I CTD invece di partecipare ai bandi pubblici in maniera seria e propositiva, richiedono il nulla osta per operare direttamente ai Giudici, troppo emotivi e sbrigativi nel valutare i dettami della Corte di Giustizia Europea. Questi come giudici sovrani, non dovrebbero limitarsi a disapplicare sic e simpliciter la normativa interna, tacciata di essere in contrasto con i principi comunitari, ma attraverso un’analisi puntuale delle pronunce della Corte di Giustizia (soprattutto le sentenze Placanica e Cifone) legittimare il sistema concessorio, imponendo ai CTD le regole vigenti, se mai volessero continuare la loro attività, ad oggi illegale, nel territorio italiano. Peraltro il fenomeno dei CTD è soltanto nostrano: non consta che gli operatori illegali raccolgano con le stesse modalità, almeno per il momento, in altri Stati Membri.

E l’effetto di questa situazione non si limita – come qualche superficiale potrebbe pensare – al solo settore delle scommesse in cui i CTD operano, ma si estende a tutti gli altri creando una coltre di fumo tossico che avvelenerà per primi proprio i detrattori del gioco (impedendo a chiunque di farci un business).

Sarebbe quindi il caso di tutelare la rete e gli operatori legali, che hanno partecipato anche al recente bando, effettuando ancora una volta importanti investimenti, continuando a dare fiducia al settore dei giochi e delle scommesse, e garantendo anche importanti entrate all’erario. E per far questo non bisogna sforzarsi troppo, basta fornire le risorse e gli strumenti alla rete legale per combattere

Ad esempio:

1) ampliare i prodotti concordandoli con tutti gli operatori, che qualifichino per ciò la rappresentanza (stiamo aspettando le corse su eventi virtuali),

2) considerato che la nuova gara ha ottenuto domande superiori all’offerta, studiare come far rientrare tutti (vedi punto 4 sotto), anche quelli che lamentano un’esclusione a causa della vessatorietà della clausole del noto bando di gara.

3) mettere tutti nelle condizioni di raccogliere il gioco alle stesse condizioni economiche garantendo la sopravvivenza di un mercato sano,

4) ipotizzare nuovi percorsi per le vecchie tipologie di gioco e mandare definitivamente in pensione quelle che non hanno più alcun tipo di mercato (coordinare con punto 2 sopra).

5) per il rilancio dell’ippica dare priorità all’aspetto dello spettacolo, come si fa negli altri Paesi.

6) da ultimo essere coesi e fare fronte comune contro la rete illegale, mettendo da parte inutili rancori e antipatie personali. E’ l’unione che fa la forza, non le guerre civili che hanno sempre favorito l’invasione dello “straniero”.

Ad ogni buon conto, è giunta da parte degli addetti l’ora di evidenziare gli aspetti positivi e propositivi dell’industria dei giochi, che garantisce la tracciabilità, cospicue entrate all’erario, aiuta a finanziare l’istruzione e la sanità, crea importanti numeri in tema d’occupazione (visto che solo le imprese dei giochi pubblici hanno assunto persone nel corso degli ultimi anni). Aspetti che sembrano sfuggire ai mass media ed ai nostri politici.