Con due distinte pronunce il Tar Lazio ha respinto il ricorso di una società contro il provvedimento con il quale l’AGCOM ha sanzionato un content creator per violazione del divieto di pubblicità al gioco d’azzardo.
Le due multe, da 700.000 euro e 1,5 milioni, fanno riferimento alla pubblicazione di una serie di video su diversi social attribuiti allo stessa societĂ .
Nei due ricorsi la società ha sollevato questioni di 1) incompetenza, 2) violazione ed errata applicazione del decreto-legge 12 luglio 2018, n. 87 convertito con legge 9 agosto 2018, n. 96, art. 9. violazione delle linee guida agcom. assenza dei presupposti, carenza di istruttoria e di motivazione, 3) disparità di trattamento rispetto ad identiche attività esercitate da altri soggetti. Contraddittorietà , 4) eccessiva onerosità della sanzione, 5) questione comunitaria: contrasto dell’art. 9 d.l. n. 87/2018 con gli artt. 56 e 62 del tfue.
Nel primo caso la difesa ha sostenuto l’incompetenza dell’AutoritĂ a sanzionare la condotta vietata, avendo la societĂ sanzionata sede legale all’estero e la conseguente violazione della delibera , con riguardo all’ambito di applicazione soggettivo della stessa.
Sostiene in particolare la parte ricorrente che nel caso di specie dovrebbe trovare applicazione il principio del “Paese d’origine” in forza del quale un prestatore di servizi della società dell’informazione sarebbe soggetto solo alla legislazione e giurisdizione delle autorità dello Stato membro dell’UE in cui è stabilito, e non, invece, alle diverse legislazioni e alle diverse autorità degli Stati membri in cui presta i servizi. Per il Tar “un soggetto residente all’estero, se commette, come nel caso che qui ci occupa, una violazione del diritto italiano, poiché diffonde contenuti in lingua italiana diretti inequivocabilmente ad un pubblico italiano, è necessariamente assoggettato ai poteri di vigilanza e sanzionatori attribuiti all’Autorità italiana previsti proprio a tutela della platea di soggetti destinatari del messaggio poiché diversamente ne deriverebbe, al contempo, lo svuotamento di efficacia del divieto di cui al richiamato art. 9 e un’irragionevole discriminazione fra soggetti stabiliti all’estero rispetto a quelli operanti in Italia.”
Respinta anche la questione del rinvio alla Corte Eu. “ Non appare infine fondata la richiesta di rinvio degli atti alla Corte di Giustizia ai sensi dell’art. 267 TFUE, non rinvenendosi alcuna violazione dell’art. 56 del TFUE laddove non consente restrizioni alla libera prestazione dei servizi all’interno dell’Unione, trattandosi nel caso di specie di un divieto di pubblicità di carattere generale valido ed efficace erga omnes a prescindere dalla residenza dei soggetti che lo violano, volto a contrastare la ludopatia, valevole anche per società munite di regolare titolo autorizzatorio- si legge nella sentenza- Occorre infatti rimarcare che è proprio il quadro normativo europeo di riferimento a riconoscere a ciascuno Stato membro la libertà di regolare autonomamente la materia oggetto del presente procedimento, ossia quella del contrasto alla diffusione del gioco d’azzardo. “.