Lotto. Ritardato riversamento delle somme incassate: per il Tar la revoca della concessione è possibile solo dopo adeguata valutazione del caso

(Jamma) Il ricorso è fondato. Così il Tar Lazio si è proninciato in merito all’istanza avanzata dal titolare di una ricevitoria di Forlì che si era visto revocare la concessione del gioco del lotto per aver effettuato in ritardo il riversamento delle somme incassate.

Il ricorrente contestando il fatto che si trattava di importi sostanzialmente modesti (che non superavano la somma di euro 800,00), richiamava la circolare AAMS del novembre 2012 in base alla quale ‘il ritardo nei riversamenti inferiore ai cinque giorni non deve essere tenuto in considerazione ai fini dell’applicazione della sanzione amministrativa’. Per l’Agenzia delle dogane e dei monopoli, costituitasi in giudizio, la legittimità del suo operato risiede nel contratto accessivo alla concessione sottoscritto dalle parti, nella parte in cui prevede, appunto, che al quarto ritardo nei sei mesi successivi ai tre ritardi nel biennio, consegue la revoca della concessione, che, pertanto, si configura come un atto dovuto.

 

“La revoca della concessione – hanno spiegato i giudici romani accogliendo il ricorso e annullando il provvedimento impugnato – è stata disposta ritenendo fosse stata integrata, nello specifico, la fattispecie di cui al punto n. 9 del comma 1 dell’articolo 34, trattandosi di una violazione abituale delle norme relative alla gestione ed al funzionamento delle rivendite che si è concretizzata per essersi verificata una ulteriore violazione della medesima indole nei sei mesi successivi alle tre trasgressioni, sempre della medesima indole, commesse entro un biennio”.

 

L’articolo 34 della legge n. 1293 del 1957, prevede che “L’Amministrazione può procedere alla disdetta del controllo d’appalto o alla revoca della gestione delle rivendite nei seguenti casi …

9) violazione abituale delle norme relative alla gestione ed al funzionamento delle rivendite. L’abitualità si realizza quando, dopo tre trasgressioni della stessa indole commesse entro un biennio, il rivenditore ne commetta un’altra, pure della stessa indole, nei sei mesi successivi all’ultima delle violazioni precedenti; …”.

 

Per il Tar “il richiamo all’atto convenzionale accessivo alla concessione, contenuto nella memoria dell’amministrazione, non coglie effettivamente il segno, atteso che, alla luce di quanto in precedenza esposto, è evidente che, nel caso di specie, l’amministrazione abbia inteso esercitare il potere amministrativo di revoca della concessione di cui al citato articolo 34 e non invece il diverso potere, di stampo prettamente civilistico, di cui agli articoli 1 e 2 del predetto atto convenzionale, nella parte in cui configura l’applicazione dell’istituto della diffida ad adempiere di cui all’articolo 1454 c.c.” .

 

“Anche le irregolarità di gestione – continuano i giudici – tra cui la violazione abituale delle norme relative alla gestione ed al funzionamento delle rivendite possono comportare, alternativamente, la revoca della concessione purché le predette irregolarità non siano di natura e gravità tali da comportare la revoca, secondo una valutazione che è rimessa esclusivamente alla valutazione discrezionale dell’amministrazione; la predetta valutazione, pertanto, deve fondarsi ed avere riguardo alle circostanze peculiari del caso concreto e l’amministrazione è altresì tenuta a esternare adeguatamente i motivi sulla base dei quali le irregolarità riscontrate sono state ritenute meritevoli dell’applicazione della sanzione della revoca della concessione.

Nel caso di specie, invece, l’amministrazione non ha mostrato di avere effettuato alcuna valutazione in ordine alle circostanze del caso concreto. Soltanto con la relazione difensiva depositata in atti, l’amministrazione si è soffermata su alcuni aspetti della vicenda per concludere, comunque, pur sempre, nel senso di ritenere di essere stata sostanzialmente tenuta a procedere nell’indicata direzione alla luce del quadro normativo nella materia (e della disciplina pattizia del caso concreto); indipendentemente dal contenuto specifico della richiamata relazione, tuttavia, si tratterebbe di un’inammissibile integrazione postuma della motivazione del provvedimento in corso di giudizio”.