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Scommesse, Corte dei Conti: il concessionario non è agente contabile, sull’omesso versamento delle imposte decide il giudice tributario

Per il danno derivato all’omesso riversamento dell’imposta sulle scommesse all’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli è competente, in sede di giudizio, il giudice tributario, e non quelli contabile.

Lo ribadisce la Corte dei Conti in riferimento al mancato versamento delle somme raccolte da una agenzia di scommesse.

Il titolare di concessione ha la qualifica di soggetto passivo dell’imposta unica, è lui che si assume il rischio d’impresa. Sulla base di queste considerazioni e della modalità di calcolo dell’imposta unica, la società concessionaria ed i suoi amministratori non sono qualificabili come “agenti contabili”, in quanto il denaro oggetto delle scommesse entra a far parte immediata del patrimonio del soggetto che gestisce il gioco, che ha quindi l’obbligo di adempiere al pagamento dell’imposta unica, in qualità non di agente contabile pubblico, sebbene di contribuente.

Ben diversa è la posizione del concessionario che gestisce le scommesse da quella del concessionario tenuto al versamento del prelievo erariale unico (PREU), che è invece un agente contabile, in quanto il PREU, prelievo erariale unico applicato alla raccolta degli apparecchi a vincita, è quantificato sulla base di una percentuale sulle somme giocate, e, quindi, per ogni giocata è immediatamente individuabile la specifica somma di denaro di spettanza dell’amministrazione pubblica, che il concessionario è tenuto a versare in quanto denaro pubblico.

La normativa sull’imposta unica – ricorda la Corte dei Conti – “è stata oggetto di diversi interventi giurisprudenziali, finalizzati, in particolare, a individuare i soggetti tenuti al pagamento del tributo, con particolare riferimento al gestore di centro trasmissione dati che opera per conto di soggetti esteri in assenza di concessione.

Per la Corte costituzionale infatti “l’equiparazione, ai fini tributari, del “gestore per conto terzi” (il titolare di ricevitoria) al “gestore per conto proprio” (il bookmaker) non risulta irragionevole” in quanto il titolare della ricevitoria, tramite la regolazione negoziale delle commissioni, “ha la possibilità di trasferire il carico tributario sul bookmaker per conto del quale opera”. La Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 3 del D.lgs. n. 504/1998 e dell’art. 1, comma 66, lettera b), della legge n. 220/2010 solo nella parte in cui prevedono che – nelle annualità d’imposta precedenti al 2011 – siano assoggettate all’imposta unica sui concorsi pronostici e sulle scommesse le ricevitorie operanti per conto di soggetti privi di concessione, in quanto tale disposizione è destinata ad applicarsi anche ai rapporti negoziali perfezionati prima della sua entrata in vigore.

Gli adempimenti previsti nella convenzione di concessione, assume rilievo l’art. 6, comma 3, in base al quale grava sul concessionario il rischio d’impresa, con conseguente onere “di ogni eventuale perdita non rientrante nella normale alea economica dell’impresa di gioco” e l’art. 7 relativo alla responsabilità finanziaria del concessionario, secondo cui “il concessionario è direttamente responsabile e provvede al corretto e tempestivo pagamento delle vincite e dei rimborsi …”.

Redazione Jamma
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