Per l’associazione As.tro – Assotrattenimento è stato Armando Iaccarino a rappresentare le considerazioni della associazione in audizione presso la Commissione Finanza e della Camera dei Deputati. “Rispetto al decreto di cui parliamo – ha detto Iaccarino -, Astro è un’associazione di rappresentanza di tutta la filiera operante all’interno del settore del gioco pubblico, trasversale perché rappresenta una serie di aziende che lavorano nei segmenti di gioco diversi che formano poi il sistema complessivamente e di filiera perché rappresenta aziende che operano nei vari diversi segmenti per ciascun prodotto.
As.tro fa parte di Confindustria e all’interno di Confindustria, in particolare nella sezione dei servizi tecnologici ed innovazione, l’impegno principale di questo periodo è quello di procedere alla digitalizzazione delle aziende che rappresenta un elemento importante che è fondamentale in relazione alle attività di controllo oppure agli strumenti di controllo che possono essere messi in piedi all’interno del sistema del gioco pubblico.
Alcune cose stanno emergendo in maniera costante, c’è evidentemente un problema di sostenibilità economica che viene fuori dalle previsioni delle prescrizioni del decreto sostenibilità economica e che è legato fondamentalmente, ma non soltanto, ai 7 milioni di costo di accesso alla gara. Se noi andiamo a verificare tutti gli altri oneri che vengono introdotti, penso all’aumento del canone di concessione ma anche ai costi di comunicazione obbligatoria, ai costi di adeguamento dei sistemi alle nuove regole che vengono dettate all’interno del decreto, il costo complessivo per accedere e partecipare alla gara che è fortemente superiore ai 7 milioni che sono indicati. È di tutta evidenza che un importo di questa portata sia difficile da affrontare per tutte quelle aziende piccole e medie prevalentemente italiane che sono entrate con un investimento già importante qualche anno fa e stanno andando a consolidare la propria posizione all’interno del settore.
Che cos’è questo settore, cioè è qual è l’obiettivo che il decreto si propone?
Il decreto si propone chiaramente un obiettivo di semplificazione, però ragioniamo un attimo su semplificare cosa, cioè il settore attualmente conta 93 licenze delle quali una settantina sono attive e una settantina sono il numero medio in una situazione di accessibilità consentita. Quindi con importi meno rilevanti così potrebbe attestarsi il nuovo settore rispetto a ciò che il decreto stesso propone e prevede come dice la relazione tecnica che indica circa 50 aziende. Stiamo parlando di un differenziale che è oggettivamente ininfluente, irrilevante rispetto al concetto di semplificazione del settore.
Non siamo di fronte a un settore che può avere una partecipazione di centinaia di soggetti, siamo di fronte a un settore in cui la semplificazione si gioca su circa 20 aziende e sono proprio italiane e quelle di piccole e medie dimensioni per cui una riflessione su questo presumibilmente andrebbe fatta; è chiaro che ci rendiamo perfettamente conto che alle spalle della costruzione dell’architettura di questo decreto c’è un problema di gettito e di cassa non indifferente, ma proprio per questo come associazione abbiamo inviato al MEF precedentemente all’inizio del percorso del decreto una serie di documenti e di formulazioni che lasciavano vedere come la questione di gettito potesse essere affrontata in altro modo rimodulando le voci che sono previste dal decreto stesso per arrivare a determinati importi non solo vadano ad incidere meno sull’investimento iniziale.
Si significava in quelle costruzioni di rendere più strutturale il gettito negli anni successivi ed arrivare a completamento del periodo concessorio ad introiti fortemente superiori a quelli di cui si parla relativamente alle alle cifre che sono state poi impostate all’interno del decreto. Il decreto oltretutto interviene in maniera abbastanza pesante sui modelli distributivi che in questi anni si sono fatti avanti.
Il mercato si era raccolto intorno a poteri distributivi che prevedevano skin o prevedevano PVR, ora in questo decreto, e che erano e sono quelli che hanno consentito il consolidamento di alcune delle aziende di cui parlavo prima. Io credo che questo decreto cancelli un modello distributivo e ridimensioni fortemente quello dei cosiddetti punti vendita ricariche perché la limitazione a 100 € della possibilità di ricarica in contanti è una limitazione che spinge evidentemente direttamente verso lo svolgimento di alcune di queste operazioni in sede online da remoto.
Non voglio entrare nel merito perché richiederebbe troppo tempo se questa spinta verso l’online in relazione ai problemi di carattere sociale e sanitario sia più o meno favorevole, io la trovo meno favorevole, credo che rivedere anche questo aspetto sia un elemento quasi doveroso perché in un Paese peraltro nel quale recentemente l’utilizzo del contante è stato portato a 5.000 euro siamo di fronte a una contraddizione stridente. 101 € sono un pericolo nel settore del gioco, 5.000 € sono tranquillamente agibili in tutti gli altri settori. C’è qualcosa che non funziona all’interno di questo ragionamento”.