“Nell’approcciare questo studio abbiamo innanzitutto verificato che non esistono, a livello globale, molte best practice, ma che esistono dei minimi funzionali. In Italia, dove sappiamo esserci un modello di gestione del gioco pubblico che può essere preso da esempio, possiamo pensare anche di introdurre un sistema di esclusione di pari livello.
L’esclusione dal gioco può essere descritta come una misura di protezione di coloro che sono a rischio di problemi derivanti dal gioco e devono essere prevenuti da eventuali patologie o disagi finanziari, sociali e psicologici. Un giusto approccio al problema ci fa capire che c’è un gioco che in alcuni casi può essere correlato con altri problemi.
Il primo passo è quello di pensare ad una strategia, e quando parliamo di strategia pensiamo al fatto che si fissi un obiettivo specifico, che in questo caso è la tutela del giocatore. Questo vuol dire adottare una visione olistica, secondo un approccio complessivo e integrato che non si limita all’adozione di uno strumento. E nello specifico parliamo di un approccio integrato che include un chiaro quadro: informativo, normativo e tecnologico. Nel primo caso pensiamo ad una comunicazione sul ruolo dell’auto esclusione, che si associa ad un sistema di norme e regole e che si implementa grazie a particolari tecnologie.
Laura D’Angeli, componente del ‘Gruppo ricerche diritti e salute del giocatore-consumatore’ ha così presentato il progetto del Registro Unico di Autoesclusione contenuto nella ricerca elaborata dall’Università di Tor Vergata.
“Questo studio ha richiesto una analisi preliminare sull’offerta di gioco in Italia, sull’andamento delle autoesclusioni per il gioco a distanza (già implementato ndr) e una analisi del customer journey.
L’analisi dell’offerta di gioco ha richiesto un intero capitolo della ricerca
Il mercato in Italia si caratterizza infatti per una pluralità di giochi. Il punto vendita può offrire al gioco uno o più giochi tra quelli regolamentati dall’ADM. In linea generale, passando alla tipologia di esercizi di gioco, possiamo parlare di punto generalista o specializzato.
Passando poi all’analisi del giocatore, è stato necessario lavorare sui dati dell’autoesclusione nel gioco a distanza, dove, tra il 2021 e 2023 si è passati da 103.198 autoesclusi a 155.315, ovvero il 3,8% dei giocanti (contro il 2,9% del 2021).
Ma qual è il percorso del giocatore, ovvero la sua esperienza come consumatore? Da qui, sebbene non esita ancora una consolidata letteratura specifica, è necessario partire per individuare la migliore strategia per l’autoesclusione dal gioco. Una impresa non banale, anche in considerazione delle diverse tipologie di punti di gioco, La sala bingo, ad esempio, prevede un fase di arrivo, pre-acquisto del gioco e ritiro delle vincite, diversa da una sala scommesse. Ma da queste fasi è necessario partire per intercettare il giocatore per offrire, nel caso in cui decida di autoescludersi dal gioco, gli elementi essenziali che si articolano in una fase di comunicazione, in un quadro normativo di riferimento e nella tecnologia di supporto.
La strategia di comunicazione, della quale mi occupo nello specifico, deve partire da una comunicazione ampia ed esaustiva, diretta al pubblico e mirata per tipologia di utente.
I messaggi devono essere coerenti e allineati rispetto alle risultanze emerse nella fase di analisi del percorso. Quindi la realizzazione di un portale dell’autoesclusione, da utilizzare anche per veicolare politiche di prevenzione legate all’autoesclusione”.
Così ha dichiarato Laura D’Angeli, Componente “Gruppo ricerche diritti e salute del giocatore consumatore”, nell’Aula consiliare “Giorgio Fregosi”, Palazzo Valentini a Roma, nel corso della Presentazione della ricerca sul Registro Unico degli Esclusi (R.U.E.) – II fase per il settore del gioco pubblico in Italia – L’autoesclusione nel gioco fisico, curata dal Dipartimento di Scienze Cliniche e Medicina Traslazionale.