Si è concluso con un’assoluzione generale il processo per i gestori di un circolo privato di Ferrara e sei partecipanti a un tavolo di poker, accusati di gioco d’azzardo, pratica vietata in Italia. Gli imputati erano in totale otto, tra cui anche un uomo che avrebbe ricoperto il ruolo di dealer.
L’irruzione e le accuse
Nel giugno 2021, la polizia aveva fatto irruzione nel circolo, trovando un gruppo di giocatori impegnati , presumibilmente, in una partita di poker cash game, una modalità che, secondo la Corte di Cassazione, rientra tra quelle vietate. Durante il blitz, i giocatori, di età compresa tra i 40 e i 70 anni, avrebbero tentato di nascondere banconote per un totale di 1.265 euro. Il tavolo presentava puntate relativamente basse (un 1/2), ma sufficienti per far scattare le indagini e successivamente il rinvio a giudizio.
Secondo l’accusa, i pagamenti in denaro venivano effettuati direttamente al dealer, e un foglio con i nomi dei partecipanti e le cifre annotate a fianco è stato considerato una prova importante dagli inquirenti. Questo, insieme al denaro trovato nei portafogli degli organizzatori, aveva portato alla formalizzazione delle accuse.
La difesa e il dibattito in aula
Il processo si è concentrato principalmente su una questione chiave: quale fosse la modalità di gioco adottata al momento del blitz. La legge italiana distingue infatti tra il poker in modalità torneo, considerata legale poiché il denaro viene convertito in fiches che non possono essere riutilizzate una volta perse, e il poker cash, dove le puntate avvengono in tempo reale e il rischio di perdite ingenti è più elevato.
Le prove raccolte durante le indagini non sono state sufficienti per dimostrare che si stesse giocando in modalità cash, considerata illegale. Inoltre, il denaro trovato durante l’irruzione non è stato inequivocabilmente collegato al gioco d’azzardo. È emerso infatti che nel locale si svolgevano anche altre attività, come la vendita di cibo, con alcuni clienti che avevano ordinato e pagato una pizza.
La sentenza
Nonostante la procura avesse richiesto condanne per gli imputati, la giudice Rosalba Cornacchia ha assolto tutti per insufficienza di prove. Il processo non ha infatti chiarito se le modalità di gioco fossero effettivamente vietate, lasciando spazio a dubbi che hanno favorito la decisione finale.
Il caso di Ferrara mette in evidenza la complessità delle normative sul gioco d’azzardo in Italia e la difficoltà nel dimostrare violazioni in assenza di prove chiare e inconfutabili. Per gli imputati, il processo si conclude con un’assoluzione, ma il dibattito sul confine tra poker legale e illegale resta aperto.