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Giustizia Tributaria: il ‘master’ di un bookmaker estero versa imposta su scommesse scorporando da somme confiscate

La Corte Giustizia Trib. I grado Taranto, con sentenza del maggio 2024, ha accolto il ricorso di un imprenditore, sanzionato per il mancato versamento delle imposte dovuto sulla raccolta di scommesse. L’imprenditore è stato condannato per aver svolto il ruolo di master per un bookmaker estero.

Con processo verbale di constatazione per la determinazione della base imponibile dell’imposta unica sulle scommesse del 20/02/2020 la Guardia di Finanza di Taranto, di seguito ad indagini penali svolte dal Gruppo Investigazione Criminalità Organizzata – G.I.C.O. di Bari nell’ambito di complessa ed articolata attività investigativa finalizzata al contrasto del gioco d’azzardo e delle scommesse clandestine, contestava ad una azienda il ruolo di “master” per la raccolta negli anni dal 2015 al 2017 di scommesse al di fuori dei canali ufficiali per conto di un operatore di scommesse estero. Si accertava che la raccolta di scommesse per l’anno 2016 ammontava ad 295.612 euro alla quale corrispondeva una imposta unica sulle scommesse con aliquota del 18% nella misura di 53.210 euro

Sulla base delle dette risultanze, l’Agenzia delle Dogane e Monopoli di Taranto emetteva nei confronti dell’imprenditore l’avviso di accertamento con il quale, in riferimento all’anno di imposta 2016, richiedeva il pagamento della somma di 53.210 euro quale imposta unica sulle scommesse, oltre a quella di 63.852 euro a titolo di sanzioni, di  10.385 euro per interessi.

Avverso tale ultimo atto proponeva ricorso l’imprenditore, opponendo:

• 1) il difetto del presupposto impositivo non avendo il ricorrente, titolare di ditta individuale esercente attività di consulenza amministrativa, gestito alcuna ricevitoria o centro di raccolta scommesse;

• 2) l’estinzione dell’obbligazione tributaria atteso che l’imprenditore era stato attinto da sanzione penale con conseguente confisca definitiva di beni di importo complessivo di 107.839 euro sicché la pretesa avanzata dall’Agenzia delle Dogane si traduceva in una duplicazione dell’obbligazione tributaria.

L’Agenzia delle Accise, Dogane e Monopoli, costituitasi con controdeduzioni depositate chiedeva il rigetto del ricorso, richiamando le argomentazioni diffusamente espresse nel PVC della Guardia di Finanza, le quali permettevano di riconoscere l’imprenditore quale “master” un ruolo attivo nella gestione della raccolta delle scommesse. Eccepiva inoltre che l’intervenuto provvedimento giudiziario di confisca per equivalente non precludeva il compimento dell’attività di accertamento dell’Ufficio anche ai fini sanzionatori.

L’Agenzia delle Dogane e Monopoli, in sede di giudizio, chiedeva il rigetto del ricorso sul rilievo che, in esito ad interlocuzioni avviate con la Guardia di Finanza, il Fondo Unico di Giustizia e gli amministratori giudiziari nominati nell’ambito del procedimento penale era emerso che sebbene risultassero confiscate somme per 48.249 euro, quella di 17.696 euro era stata devoluta al capitolo 2414, articolo 2 del Bilancio dello Stato riguardante” altre entrate extratributarie” mentre l’ulteriore importo di 39.590 euro era rimasto a disposizione degli amministratori giudiziari su conto corrente dedicato alla gestione dei beni in sequestro. Del tutto correttamente, quindi, l’Agenzia aveva negato l’accesso alla definizione agevolata, non risultando versate le somme in pendenza di giudizio, come richiesto dalle disposizioni relative all’istituto premiale.

Per Corte Giustizia Trib. I grado Taranto è illegittimo l’atto di diniego all’istanza di definizione agevolata della controversia.

Nel caso in esame, l’imposta unica sulle scommesse accertata (e quindi evasa) ammonta a 53.210 euro. Con sentenza di applicazione della pena emessa dal Giudice per le indagini preliminari nell’ambito del procedimento penale veniva disposta la confisca per equivalente di beni fino all’ammontare di 61.379 euro  (dei quali 52.670,00 riferiti all’imposta unica sulle scommesse per l’annualità 2016) che colpiva beni per complessivi 107.839 euro .

Risulta evidente che la somma dovuta a titolo di imposta unica sulle scommesse per l’annualità 2016 (quantificata in sentenza in Euro 52.670 ovvero di poco inferiore a quella risultante dall’avviso di accertamento di Euro 53.210) è stata già appresa in sede di confisca definitiva e non appare ammissibile una doppia ablazione dello stesso profitto, ovvero in sede penale ed attraverso la riscossione coattiva di quanto dovuto sulla base dell’atto impositivo. Ed infatti il legislatore, ha coordinato i distinti procedimenti (penale e amministrativo) stabilendo che “la confisca non opera per la parte che il contribuente si impegna a versare all’Erario anche in presenza di sequestro. Nel caso di mancato versamento, la confisca è sempre ordinata” e dunque prevedendo che la confisca penale e la riscossione coattiva siano tra loro in rapporto di alternatività.

Ciò vale tuttavia per le imposte e non anche per le sanzioni per le quali rimane impregiudicata la potestà di accertamento e riscossione da parte dell’Amministrazione finanziaria secondo la quale” In tema di reati tributari, il profitto di delitti consistenti nell’evasione dell’imposta per mezzo di omessa, infedele o fraudolenta dichiarazione o di omesso versamento, che può essere oggetto di sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente, è costituito dal risparmio economico derivante dalla sottrazione degli importi evasi alla loro destinazione fiscale e non comprende anche le sanzioni dovute a seguito dell’accertamento del debito, che rappresentano, invece, il costo del reato stesso, derivante dalla sua commissione”).

Redazione Jamma
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