“Anche le licenze offshore hanno le loro restrizioni e limitazioni”. Lo ha detto David Yatom Hay, General Counsel in Soft2Bet, intervenendo al convegno “Omnichannel strategy for enhanced customer experience” nell’ambito dell’SBC Summit a Lisbona.
“Le licenze offshore hanno alcune restrizioni e presentano alcune limitazioni, e certi operatori, anche se operano in una “scala di grigio”, devono comunque rispettarle. Eseguono ancora il KYC, la valutazione AML e altri strumenti di gestione responsabile. La cosa più importante – ha aggiunto Yatom Hay – è che lo fanno non necessariamente perché vogliono allinearsi al regolamento, ma perché a volte è semplicemente un buon affare.
Perché se scoprono che un giocatore è ad alto rischio, ha senso limitare quel giocatore invece di incorrere, forse, in un reclamo e rischiare di affrontare in società la difesa di posizioni scomode. Quindi ci sono ragioni per mettere una limitazione, c’è un senso commerciale. E se c’è un senso commerciale, non c’è bisogno di regolamentazione. Lo farai e basta. Chiunque qui produca qualcosa, che abbia perfettamente senso dal punto di vista commerciale, non ha bisogno di regolamentazioni pef sapere quello che è più corretto da fare. Le sempre maggiori restrizioni stanno spingendo gli operatori regolamentati fuori dal mercato. Come operatore regolamentato devo pagare milioni e milioni di dollari per accedere a un mercato in Sud America.
Devo pagare milioni per ottenere la licenza in Grecia, in Romania e in Italia. Per qualche ragione, in questo momento hanno scelto il sette come numero fortunato. Sette milioni come quota d’ingresso per la metà delle licenze in Europa. Ed è pazzesco. Non sei nemmeno entrato nel mercato e hai già una scommessa di sette milioni che devi ripagare. E hai, dall’altro lato, operatori non regolamentati che, sai, non pagano tasse, sono senza limitazioni su bonus o deposito. E questa è la tua concorrenza ma ti dicono che devi realizzare un profitto. Dove è il vantaggio commerciale?”, ha concluso Yatom Hay.