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Corte Tributaria annulla avviso accertamento da 142.000 a esercente sale giochi: va dimostrato il collegamento dei PC a siti di gioco d’azzardo

La Corte di Giustizia Tributaria di primo grado di Enna ha accolto il ricorso di un esercente di sala giochi per l’annullamento di un avviso di accertamento con cui si richiedeva il pagamento della somma di 142.000 euro per imposta unica per gliapparecchi da intrattenimento con vincita in denaro.

Il giudizio riguardava un avviso di accertamento emesso dall’Agenzia delle Dogane e Monopoli nei confronti di una sala giochi in Sicilia, per il pagamento di oltre 142.000 euro di imposta unica relativa agli apparecchi da intrattenimento con vincita in denaro per l’anno 2018, oltre a sanzioni e interessi. La parte ricorrente aveva impugnato l’avviso, sostenendo l’illegittimità e la nullità del provvedimento per mancanza dei presupposti di fatto e per erronea applicazione della normativa.

Durante il controllo effettuato nel 2018, i funzionari dell’Agenzia avevano riscontrato la presenza di tre videoterminali nella sala giochi che, secondo l’accusa, consentivano il gioco con vincite in denaro senza essere collegati alla rete di raccolta del gioco, in violazione delle normative vigenti. Sulla base di tali accertamenti, era stato redatto un verbale di constatazione che aveva portato all’emissione dell’avviso di accertamento.

La Corte ha rilevato che il verbale di constatazione, richiamato dall’Agenzia a supporto dell’avviso, presentava gravi carenze probatorie. In particolare, non era stata fornita una dimostrazione dettagliata dell’idoneità dei terminali rinvenuti a effettuare il gioco con vincite in denaro non conformi alla normativa. Mancava inoltre la prova che i terminali non fossero collegati alla rete statale o che fossero stati oggetto di manomissioni tecniche per impedire la lettura dei dati relativi alle somme giocate. Non è stata nemmeno eseguita un’adeguata verifica tecnica o una ricerca cronologica sui terminali e sul server rinvenuto.

La Corte ha osservato che il verbale si limitava a descrivere il rinvenimento dei terminali e del server, senza specificare in modo circostanziato la presenza di irregolarità concrete. Inoltre, non erano state trovate tracce di attività illecite, come denaro, giocatori o scontrini, che potessero confermare un uso non conforme degli apparecchi.

L’Agenzia aveva basato il calcolo dell’imposta su un imponibile medio giornaliero forfettario di 3.000 euro per 263 giorni di presunta operatività degli apparecchi. Tuttavia, la Corte ha ritenuto che questa ricostruzione non fosse supportata da prove sufficienti, come richiesto dalla normativa.

In considerazione di tali lacune, la Corte ha accolto il ricorso della sala giochi e ha annullato l’avviso di accertamento. Le spese del giudizio, incluse quelle della fase cautelare, sono state poste a carico dell’Agenzia delle Dogane e Monopoli, per un importo di 1.500 euro.

Questa decisione sottolinea l’importanza di un’adeguata istruttoria e di prove concrete a sostegno delle pretese impositive, soprattutto in un settore complesso come quello del gioco d’azzardo.

Redazione Jamma
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