Con l’ordinanza n. 9837/2023, emessa in data odierna, sul ricorso proposto dagli Avv.ti Alvise Vergerio di Cesana e Luca Porfiri, la VII Sezione del Consiglio di Stato ha chiarito i dubbi sollevati dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea in ordine all’applicabilità alle concessioni del Bingo della Direttiva 2014/23/UE e, comunque, al c.d. interesse transfrontaliero certo delle stesse.
“In particolare e in sintesi, – scrivono gli avvocati ricorrenti – il Consiglio di Stato ha anzitutto ritenuto che nel caso di specie non si tratti di provvedimenti di semplice autorizzazione o licenza amministrativa per l’esercizio di un’attività economica, ma “di contratti/convenzioni accessive al provvedimento di concessione mediante le quali l’amministrazione aggiudicatrice consegue i benefici della prestazione di un servizio determinato, assicurando una remunerazione al prestatario“.
Sempre secondo il Consiglio di Stato, “Anche con riguardo al valore, le concessioni all’esame sembrerebbero ricadere nell’ambito di applicazione della citata direttiva, dal momento che il valore di una concessione è dato dal “fatturato totale del concessionario generato per tutta la durata del contratto, al netto dell’IVA, stimato dall’amministrazione aggiudicatrice o dall’ente aggiudicatore, quale corrispettivo […] dei servizi oggetto della concessione […]”. Se dunque il valore della concessione è rappresentato dall’insieme della raccolta di gioco (ossia l’insieme delle somme giocate dagli utenti finali) nell’arco di durata della concessione, si ha che “nei 20 anni di esercizio delle concessioni del bingo tutti i concessionari (compresi i più piccoli) hanno fatturato somme comunque superiori agli € 5.382.000,00 (v. memoria depositata dagli appellanti in data 26 ottobre 2023)“.
Il Consiglio di Stato ha poi comunque riconosciuto l’esistenza di un interesse transfrontaliero certo anche e soprattutto per via del fatto che “Le concessioni in proroga sono attualmente detenute da operatori nazionali, ma anche da operatori che, pur essendo formalmente nazionali, sono società che appartengono a gruppi ubicati in altri Stati membri dell’Unione (ad es. Austria, Spagna). Questa circostanza fattuale dimostra la sussistenza di un interesse transfrontaliero certo sulla base di un dato concreto (e non soltanto sulla base delle generali e astratte caratteristiche delle concessioni di cui si parla)“.
Il Consiglio di Stato ha inoltre rilevato che nel nostro caso vi sono altre due sono conseguenze suscettibili di avere una rilevanza transfrontaliera, come anche osservato dalla Commissione europea nella memoria depositata nella causa di rinvio alla Corte di Giustizia (C-728):
– la prima conseguenza è rappresentata dal fatto che “essa (n.d.r. la normativa nazionale) continua ad impedire, ininterrottamente dal 2013, l’indizione di una procedura di messa in concorrenza per l’affidamento delle concessioni, svantaggiando operatori stabiliti in altri Stati Membri, ai quali la disciplina in questione impedisce di manifestare il proprio interesse a gestire delle sale Bingo nel territorio italiano, interesse che non può essere escluso”;
– la seconda conseguenza è costituita dal fatto che “la disciplina in questione obbliga i concessionari attuali a continuare a gestire le sale Bingo in regime di proroga tecnica al fine di poter partecipare ad una nuova procedura per il riaffidamento delle concessioni”, per cui poiché “è verosimile che almeno alcuni degli attuali concessionari siano di proprietà di operatori stabiliti in altri Stati membri o abbiano comunque la possibilità di divenire tali, si può considerare che anche questo secondo tipo di effetti della disciplina nazionale in causa nel giudizio principale abbia una rilevanza transfrontaliera”.
Nel rendere i chiarimenti richiesti, infine, il Consiglio di Stato non ha mancato di rilevare che “secondo la giurisprudenza della Corte di Giustizia “l’esistenza di un interesse transfrontaliero certo, […] può risultare, […] dall’importanza economica della convenzione di cui è prevista la conclusione, dal luogo della sua esecuzione (v. in questo senso, sentenza ASM Brescia, cit., punto 62 e giurisprudenza citata) oppure da caratteristiche tecniche (v., per analogia, sentenza del 15 maggio 2008, SECAP e Santorso, C-147/06 e C-148/06, Racc. pag. I-3565, punto 24)”.
Sotto questo profilo, vanno considerati due aspetti:
in primo luogo, il volume di affari generato dalla raccolta di gioco, che – come già evidenziato – si aggira su un fatturato di somme comunque superiori agli € 5.382.000,00 per tutta la durata del rapporto (si tratta di un elemento che di per sé rappresenta un indice serio, oggettivo e positivamente apprezzabile in termini di importanza e appetibilità dell’attività economica di impresa);
in secondo luogo, le caratteristiche specifiche dell’esercizio della detta attività economica, che parrebbe premiare le imprese maggiori, spesso organizzate in gruppi imprenditoriali, soprattutto stranieri. Ciò risulta avvalorato dal fatto che anche la Commissione europea, nelle proprie osservazioni, ha rilevato che dal 2014 ad oggi, alcuni operatori hanno accresciuto il proprio numero di concessioni, a discapito di altri, verosimilmente proprio in ragione dell’oneroso regime di proroga, il cui canone colpisce in egual misura tutti i concessionari a prescindere dalla loro capacità di raccolta di gioco“.
In sostanza, quindi, nel caso di specie non soltanto è ravvisabile un interesse transfrontaliero certo, ma le concessioni del bingo sono da assoggettare alla Direttiva 2014/23/UE in ragione del loro valore”.