In data 1 settembre 2017 l’Agenzia delle Entrate – direzione provinciale di Roma III – notificava a un tabaccaio , l’avviso di accertamento, afferente l’anno d’imposta 2012, con cui, in virtù delle informazioni presenti in Anagrafe Tributaria, recuperava a tassazione gli aggi percepiti da soggetti come AAMS – Amministrazione Monopoli di Stato e concessionari di gioco per l’espletamento di giochi e scommesse; nello specifico, l’Ufficio accertava la percezione di aggi pari ad Euro 226.478,98 a fronte di quelli dichiarati dalla contribuente in Euro 90.896,00, con recupero a tassazione, ai fini IRPEF, di aggi non dichiarati pari a Euro 126.656,98. L’ufficio, altresì, irrogava le sanzioni in base al criterio della continuazione di cui all’art. 12, comma quinto, D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, in quanto la stessa violazione tributaria era stata commessa in diversi anni di imposta.
Avverso l’avviso di accertamento proponeva ricorso la contribuente dinanzi alla C.t.p. di Roma; si costituiva in giudizio anche l’Ufficio, contestando i motivi di ricorso e chiedendo la conferma del proprio operato.
La C.t.p., con sentenza n. 1843/01/2019, rigettava integralmente il ricorso della contribuente.
Contro tale decisione proponeva appello la contribuente dinanzi la C.t.r. del Lazio; si costituiva anche l’Agenzia delle Entrate, chiedendo il rigetto del ricorso.
Con sentenza n. 739/04/2023, depositata in data 14 febbraio 2023, la C.t.r. adita rigettava l’appello della contribuente, confermando la pronuncia di primo grado.
Avverso la sentenza della C.t.r. del Lazio, la contribuente ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi.
Con il secondo motivo di ricorso, così rubricato: “Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 7, comma primo, legge n. 212/2000 e dell’art. 2697 cod. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.” la contribuente lamenta l’error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. ha affermato che la prova dell’an e quantum impositivo era costituita dai “dati” forniti da società come Sisal, non allegati però all’avviso di accertamento, così come altre “generiche informazioni” in esso richiamate.
Per la Cassazione questo motivo di ricorso è fondato.
Secondo un autorevole arresto (Cass. 10/06/2021, n. 16428), dal quale non vi è ragione di discostarsi, l’art. 7 della legge n. 212 del 2000 prescrive che, se nella motivazione degli atti dell’amministrazione finanziaria si fa riferimento ad un altro atto, questo deve essere allegato all’atto che lo richiama e l’obbligo di allegazione, previsto dall’art. 7 della legge n. 212 del 2000, mira a garantire al contribuente il pieno ed immediato esercizio delle sue facoltà difensive, laddove, in mancanza, egli sarebbe costretto ad una attività di ricerca, che comprimerebbe illegittimamente il termine a sua disposizione per impugnare (Cass. nn. 28800, 28801, 28802, 28803, 28804 del 2020, nonché Cass. nn. 17486 del 2019, 29491 del 2018, 29402 del 2017, 12468 del 2015); in tema di motivazione “per relationem” degli atti d’imposizione tributaria, l’art. 7, comma 1, dello Statuto del contribuente, nel prevedere che debba essere allegato all’atto dell’amministrazione finanziaria ogni documento da esso richiamato in motivazione, si riferisce esclusivamente agli atti di cui il contribuente non abbia già integrale e legale conoscenza (Cass. n. 29968 del 2019); in tema di avviso di accertamento, l’onere di allegazione di cui all’art. 7 della l. n. 212 del 2000 è limitato ai documenti non conosciuti né ricevuti dal contribuente e costituenti il presupposto dell’atto impositivo al fine di evitare il pregiudizio del diritto di difesa di quest’ultimo (Cass. n. 14723 del 2020). Quindi, ai fini di una corretta motivazione del provvedimento impositivo e di informazione del contribuente non è sufficiente riportare nello stesso l’elenco dei “ricavi da aggi” conseguiti dal contribuente, perché meramente ricognitivo dei dati risultanti da quei documenti ricevuti dall’amministrazione finanziaria da soggetti terzi e non allegati all’atto. Inoltre l’esigenza di allegazione discende dalla necessità di evitare al contribuente un’attività di ricerca che avrebbe inciso significativamente sull’effettività del suo diritto di difesa e nella specie è tanto più avvertita in quanto, per un verso, l’Ufficio disponeva di tale documentazione e avrebbe potuto allegarla all’avviso di accertamento senza alcun particolare sforzo e, per un altro, la suddetta documentazione era fuori dalla sfera di controllo della parte contribuente, essendo nella disponibilità di soggetti terzi, e come tale da questa non agevolmente reperibile.
Nella fattispecie in esame, la C.t.r. ha fatto mal governo dei superiori principi allorquando ha tacitamente rigettato il motivo avente ad oggetto la questione dell’allegazione all’avviso di accertamento delle informazioni ricevute da terzi. Vieppiù che nell’avviso di accertamento allegato al ricorso, vi è riportato il prospetto dei maggiori aggi accertati dai soggetti terzi, ma ciò non toglie – come implicitamente ammette anche l’Agenzia delle Entrate nel controricorso allorquando apoditticamente afferma che “Anche questo motivo non ha pregio tenuto conto che le informative sul pagamento degli aggi in favore della contribuente da parte dei soggetti erogatori erano pienamente conosciuti dalla contribuente a cui erano stati inviati i relativi prospetti” – che di tali informazioni andava notiziata la contribuente.