Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Settima) ha pronunciato ordinanza sulla richiesta di chiarimenti della Corte di Giustizia dell’Unione Europea ai sensi dell’articolo 94 del regolamento di procedura dinanzi alla Corte, nel ricorso del 2022, proposto da Ascob – Associazione Concessionari Bingo e le proprietà di alcune sale bingo, rappresentati e difesi dagli avvocati Matilde Tariciotti e Luca Giacobbe, contro Ministero dell’Economia e delle Finanze, per la riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio resa tra le parti.
Il testo dell’Ordinanza
” (…) Viste le conclusioni delle parti come da verbale;
I- Con l’ordinanza n. 10263 del 21 novembre 2022, questa Sezione ha chiesto alla Corte di giustizia dell’Unione europea di pronunciarsi in
via pregiudiziale, ai sensi dell’art. 267 TFUE, sull’interpretazione e l’applicazione degli artt. 49 e 56 TFUE relativi alla libertà di stabilimento
e alla libertà di prestazione dei servizi, nonché sui principi di certezza del diritto, di tutela del legittimo affidamento e di effettività della tutela giurisdizionale, nonché sull’interpretazione di alcune disposizioni delle direttive 2014/23/UE e 89/665/CEE.
Più in particolare, le questioni rimesse erano le seguenti:
“Se la direttiva 2014/23/UE sull’aggiudicazione dei contratti di concessione, nonché i principi generali desumibili dal Trattato, e segnatamente gli artt. 49 e 56, TFUE debbano essere interpretati nel senso che essi trovano applicazione a fronte di concessioni di gestione del gioco del Bingo le quali siano state affidate con procedura selettiva nell’anno 2000, siano scadute e poi siano state reiteratamente prorogate nell’efficacia con disposizioni legislative entrate in vigore successivamente all’entrata in vigore della direttiva ed alla scadenza del suo termine di recepimento”.
“nel caso in cui al primo quesito sia fornita risposta affermativa, se la direttiva 2014/23/UE osta ad una interpretazione o applicazione di norme legislative interne, o prassi applicative sulla base delle norme stesse, tali da privare l’Amministrazione del potere discrezionale di avviare, su istanza degli interessati, un procedimento amministrativo volto a modificare le condizioni di esercizio delle concessioni, con o senza indizione di nuova procedura di aggiudicazione a seconda che si qualifichi o meno modifica sostanziale la rinegoziazione dell’equilibrio convenzionale, nei casi in cui si verifichino eventi non imputabili alle parti, imprevisti ed imprevedibili, che incidono in modo significativo sulle condizioni normali di rischio operativo, finché perdurino tali condizioni e per il tempo necessario per eventualmente ripristinare le condizioni originarie di esercizio delle concessioni”.
“Se la direttiva 89/665/CE, quale modificata dalla direttiva 2014/23/UE, osta ad una interpretazione o applicazione di norme nazionali interne, o prassi applicative sulla base delle norme stesse, tali che il Legislatore o l’Amministrazione pubblica possano condizionare la partecipazione alla procedura per la riattribuzione delle concessioni di gioco all’adesione del concessionario al regime di proroga tecnica, anche nell’ipotesi in cui sia esclusa la possibilità di rinegoziare le condizioni di esercizio della concessione al fine di ricondurle in equilibrio, in conseguenza di eventi non imputabili alle parti, imprevisti ed imprevedibili, che incidono in modo significativo sulle condizioni normali di rischio operativo, finché perdurino tali condizioni e per il tempo necessario per eventualmente ripristinare le condizioni originarie di esercizio delle concessioni”.
“Se, in ogni caso, gli artt. 49 e 56 del TFUE e i principi di certezza ed effettività della tutela giuridica, nonché il principio del legittimo affidamento ostino ad una interpretazione o applicazione di norme legislative interne, o prassi applicative sulla base delle norme stesse, tali da privare l’Amministrazione del potere discrezionale di avviare, su istanza degli interessati, un procedimento amministrativo volto a modificare le condizioni di esercizio delle concessioni, con o senza indizione di nuova procedura di aggiudicazione a seconda che si qualifichi o meno modifica sostanziale la rinegoziazione dell’equilibrio convenzionale, nei casi in cui si verifichino eventi non imputabili alle parti, imprevisti ed imprevedibili, che incidono in modo significativo sulle condizioni normali di rischio operativo, finché perdurino tali condizioni e per il tempo necessario per eventualmente ripristinare le condizioni originarie di esercizio delle concessioni”.
“Se gli artt. 49 e 56 del TFUE e i principi di certezza ed effettività della tutela giuridica, nonché il principio del legittimo affidamento ostino ad una interpretazione o applicazione di norme nazionali interne, o prassi applicative sulla base delle norme stesse, tali che il Legislatore o l’Amministrazione pubblica possano condizionare la partecipazione alla procedura per la riattribuzione delle concessioni di gioco all’adesione del concessionario al regime di proroga tecnica, anche nell’ipotesi in cui sia esclusa la possibilità di rinegoziare le condizioni di esercizio della concessione al fine di ricondurle in equilibrio, in conseguenza di eventi non imputabili alle parti, imprevisti ed imprevedibili, che incidono in modo significativo sulle condizioni normali di rischio operativo, finché perdurino tali condizioni e per il tempo necessario per eventualmente ripristinare le condizioni originarie di esercizio delle concessioni”.
“6. Se, più in generale, gli artt. 49 e 56 del TFUE e i principi di certezza ed effettività della tutela giuridica, nonché il principio del legittimo affidamento ostino a una normativa nazionale (quale quella che rileva nella controversia principale, la quale prevede a carico dei gestori delle sale Bingo il pagamento di un oneroso canone di proroga tecnica su base mensile non previsto negli originari atti di concessione, di ammontare identico per tutte le tipologie di operatori e modificato di tempo in tempo dal legislatore senza alcuna dimostrata relazione con le caratteristiche e l’andamento del singolo rapporto concessorio”.
II.- Al fine di vagliare la ricevibilità del rinvio, la Corte ha richiesto al giudice rimettente documentati chiarimenti in ordine a taluni fatti del
giudizio principale:
“Tenuto conto dell’oggetto delle domande di pronuncia pregiudiziale, dirette all’interpretazione degli articoli 49, 56 e 63 TFUE, e alla luce dei requisiti stabiliti dall’articolo 94 del Regolamento di procedura, come precisati ai punti 9 e da 14 a 20 delle Raccomandazioni all’attenzione dei giudici nazionali, relative alla presentazione di domande di pronuncia pregiudiziale, si chiede al giudice del rinvio di indicare, in modo circostanziato, sotto quali profili le concessioni di cui è causa presentino un interesse transfrontaliero certo ai sensi della giurisprudenza della Corte (v., tra le altre, sentenza del 14 luglio 2016, Promoimpresa e a., C-458/14 e C-67/15, EU:C:2016:558, punti 65 e 66) e, pertanto, un elemento di collegamento con le citate libertà di circolazione”.
I III.- Questo Giudice nazionale del rinvio pregiudiziale risponde alla predetta richiesta di chiarimenti nei sensi che di seguito si illustrano.
In via generale va premesso:
che la prima delle questioni rimesse riguarda l’applicabilità alla vicenda di causa della Direttiva 2014/23/UE sull’aggiudicazione dei contratti
di concessione;
che la seconda e la terza questione sono state articolate solo per il caso in cui la Direttiva 2014/23/UE risulti applicabile alla vicenda di
causa;
che la quarta, la quinta e la sesta questione sono state articolate per il caso in cui la Direttiva n. 23 non sia applicabile (ma trovino comunque applicazione i generali princìpi di cui agli articoli 49, 56 e 63 del TFUE).
Questo Giudice nazionale del rinvio, conformemente al punto 18 del nuovo testo delle Raccomandazioni all’attenzione dei giudici nazionali, relative alla presentazione di domande di pronuncia pregiudiziale chiarisce il proprio punto di vista sulle questioni rimesse alla Corte di giustizia ed indica le ragioni per le quali ritiene che elementi prevalenti depongano nel senso dell’applicabilità delle previsioni della Direttiva 2014/23/UE (restando comunque riservata alla stessa Corte l’interpretazione e l’applicazione delle pertinenti disposizioni del diritto dell’Unione).
Laddove la Corte di giustizia concluda che nella vicenda in esame non trovino applicazione le disposizioni della ‘Direttiva servizi’, questo
Giudice nazionale del rinvio espone qui di seguito le ragioni per cui (rispondendo alla richiesta di chiarimenti formulata dalla stessa Corte)
ritiene che nel caso in esame vengano in rilievo concessioni caratterizzate da un interesse transfrontaliero.
IV.- La prima questione pregiudiziale chiede di stabilire se alle concessioni per cui è causa siano applicabili le previsioni di cui alla Direttiva
2014/23/UE. Laddove al quesito sia fornita risposta positiva (e questo Giudice ritiene che rilevanti argomenti depongano in tal senso), non
sembra porsi in radice il problema per il giudice del rinvio di indicare in modo circostanziato sotto quali profili le concessioni presentino un
interesse transfrontaliero certo ai sensi della giurisprudenza della Corte: ciò, in quanto troverebbero nel caso in esame applicazione puntuali
disposizioni di una Direttiva UE.
Si riassumono tuttavia, per completezza espositiva, gli elementi che, ad avviso del giudice rimettente, consentono di qualificare le
concessioni all’esame come concessioni di servizi ai sensi della definizione contenuta all’art. 5, par. 1, lettera b), della direttiva 2014/23/UE:
Non si tratta di provvedimenti di semplice autorizzazione o licenza amministrativa per l’esercizio di un’attività economica;
Pare invece trattarsi di contratti/convenzioni accessive al provvedimento di concessione mediante le quali l’amministrazione
aggiudicatrice consegue i benefici della prestazione di un servizio determinato, assicurando una remunerazione al prestatario (Sentenza del
14 luglio 2016, Promoimpresa, cause riunite C-458/14 e C-67/15, EU:C:2016:558, punti 46-48);
In particolare, il corrispettivo dei concessionari consiste nel diritto di gestire detti giochi in favore degli utenti finali e la sua entità è data
dalla raccolta che deriva dalla vendita delle cartelle (quindi dalla gestione del servizio), dedotti il prelievo erariale, le vincite e la quota che
spetta al soggetto preposto al controllo centralizzato del gioco;
Si rientrerebbe appieno, pertanto, nella definizione di cui al cit. art. 5 della direttiva n. 2014/23/UE, secondo cui: “un contratto a titolo
oneroso stipulato per iscritto in virtù del quale una o più amministrazioni aggiudicatrici o uno o più enti aggiudicatori affidano la fornitura e la gestione di servizi diversi dall’esecuzione di lavori di cui alla lettera a) ad uno o più operatori economici, ove il corrispettivo consista unicamente nel diritto di gestire i servizi oggetto del contratto o in tale diritto accompagnato da un prezzo”;
Il considerando (35) della direttiva in questione sembra escludere dal proprio ambito di applicazione le sole concessioni esercitate sulla
base di un diritto esclusivo concesso mediante una procedura non ad evidenza pubblica;
Nel caso all’esame, le concessioni sono state aggiudicate a più operatori a seguito di gara pubblica europea;
Anche con riguardo al valore, le concessioni all’esame sembrerebbero ricadere nell’ambito di applicazione della citata direttiva, dal
momento che il valore di una concessione è dato dal “fatturato totale del concessionario generato per tutta la durata del contratto, al netto dell’IVA, stimato dall’amministrazione aggiudicatrice o dall’ente aggiudicatore, quale corrispettivo […] dei servizi oggetto della concessione […]”. Se dunque il valore della concessione è rappresentato dall’insieme della raccolta di gioco (ossia l’insieme delle somme giocate dagli utenti finali) nell’arco di durata della concessione, si ha che “avendo riguardo ai dati della raccolta, anche solo mensile (dai 300mila ai 500mila euro mensili), che gli appellanti hanno fornito nell’ambito del giudizio di primo grado (cfr. doc. n. 15 fasc. I grado), non vi è dubbio che il valore delle concessioni per cui è causa sia di certo superiore alle soglie di rilevanza comunitaria. Inoltre, anche avendo riguardo ai soli ricavi del bingo (dunque alla raccolta, al netto del prelievo erariale e delle vincite dei giocatori) che emergono, almeno in relazione agli appellanti dalla perizia depositata sub doc. n. 13 del fasc. di primo grado, le conclusioni non mutano. In particolare, anche dalla citata perizia, emergono ricavi che oscillano annualmente fra i 500.000 ed i 700.000 euro e che se moltiplicati per gli anni di durata della concessione (o nella specie) della proroga onerosa (dieci anni) di certo conducono mediamente ad un valore superiore ad € 5.186.000” (v. memoria depositata dagli appellanti in data 28 ottobre 2023). In particolare, dai dati dell’Ente italiano di ricerca Eurispes
relativi all’anno 2018 emerge che i ricavi lordi delle 203 sale Bingo attive in Italia al 31 dicembre 2018, derivanti dalla vendita delle cartelle, si sono assestati a circa 273 milioni di euro, ovvero in media a 1,346 milioni di euro all’anno per ogni sala. Siccome la durata originaria delle
concessioni per cui è causa era pari a sei anni, ne consegue che, in media, i ricavi di una sala Bingo nel richiamato periodo di sei anni è stato
pari a oltre 8 milioni di euro (un valore ben superiore alla soglia di rilevanza stabilita per le concessioni);
V.- In relazione all’oggetto delle tre domande di pronuncia pregiudiziale dirette all’interpretazione degli articoli 49, 56 e 63 TFUE, per le
quali invece effettivamente si pone il problema della dimostrazione della sussistenza dell’interesse transfrontaliero, si deduce quanto segue.
In primo luogo, merita nuovamente ricordare che le concessioni di cui si discute ed il regime di proroga al quale le stesse sono soggette ormai da dieci anni sono state assegnate attraverso una gara pubblica comunitaria, alla quale potevano partecipare operatori nazionali, ma anche operatori appartenenti ad altri paesi membri dell’Unione. E ciò risulta per tabulas dal bando della gara che venne indetta nel 2000, ricevuto da parte dell’ufficio delle pubblicazioni ufficiali delle Comunità Europee, il 22 novembre 2000.
Le concessioni in proroga sono attualmente detenute da operatori nazionali, ma anche da operatori che, pur essendo formalmente nazionali,
sono società che appartengono a gruppi ubicati in altri Stati membri dell’Unione (ad es. Austria, Spagna). Questa circostanza fattuale
dimostra la sussistenza di un interesse transfrontaliero certo sulla base di un dato concreto (e non soltanto sulla base delle generali e astratte caratteristiche delle concessioni di cui si parla).
Non si può escludere che cittadini di altri Stati membri siano stati o siano interessati ad avvalersi delle libertà riconosciute dal Trattato (in
particolare: libera prestazione di servizi e libertà di stabilimento) al fine di esercitare la detta attività nel territorio nazionale, essendo detta
normativa applicabile indistintamente ai cittadini nazionali come a quelli di altri Stati membri, con effetti che non sono limitati all’ordinamento nazionale.
Sotto questo profilo, la Corte di Giustizia ha precisato (sentenza 14 novembre 2013 in causa C-221/12, Belgacom) che un interesse
transfrontaliero certo può esistere anche senza che sia necessario che un operatore economico abbia effettivamente manifestato il proprio
interesse. Ciò avviene specificamente allorché la controversia verte sulla mancanza di trasparenza che ha caratterizzato il procedimento, in
quanto, in un caso del genere, gli operatori economici stabiliti in altri Stati membri non hanno una reale possibilità di manifestare il proprio
interesse ad ottenere l’affidamento (v. in questo senso, la sentenza 21 luglio 2005 in causa C-231/03 Coname, punto 18, nonché la sentenza
del 13 ottobre 2005, in causa C-458/03, Parking Brixen, in Racc. pag. I8585, punto 55).
In particolare, in questo caso, che si attaglia perfettamente alla fattispecie all’esame, due sono le conseguenze suscettibili di avere una
rilevanza transfrontaliera, come anche osservato dalla Commissione europea nella sua memoria:
- la prima conseguenza è rappresentata dal fatto che “essa (n.d.r. la normativa nazionale) continua ad impedire, ininterrottamente dal 2013,
l’indizione di una procedura di messa in concorrenza per l’affidamento delle concessioni, svantaggiando operatori stabiliti in altri Stati Membri, ai quali la disciplina in questione impedisce di manifestare il proprio interesse a gestire delle sale Bingo nel territorio italiano, interesse che non può essere escluso”. - La seconda conseguenza è costituita dal fatto che “la disciplina in questione obbliga i concessionari attuali a continuare a gestire le sale Bingo in regime di proroga tecnica al fine di poter partecipare ad una nuova procedura per il riaffidamento delle concessioni”, per cui poiché “è verosimile che almeno alcuni degli attuali concessionari siano di proprietà di operatori stabiliti in altri Stati membri o abbiano comunque la possibilità di divenire tali, si può considerare che anche questo secondo tipo di effetti della disciplina nazionale in causa nel giudizio principale abbia una rilevanza transfrontaliera”.
Merita aggiungere, inoltre, che, secondo la giurisprudenza della Corte di Giustizia “l’esistenza di un interesse transfrontaliero certo, […] può risultare, […] dall’importanza economica della convenzione di cui è prevista la conclusione, dal luogo della sua esecuzione (v. in questo senso, sentenza ASM Brescia, cit., punto 62 e giurisprudenza citata) oppure da caratteristiche tecniche (v., per analogia, sentenza del 15 maggio 2008, SECAP e Santorso, C-147/06 e C-148/06, Racc. pag. I-3565, punto 24)”.
Sotto questo profilo, vanno considerati due aspetti:
in primo luogo, il volume di affari generato dalla raccolta di gioco, che – come già evidenziato – si aggira su un fatturato di somme
comunque superiori agli € 5.186.000,00 per tutta la durata del rapporto (si tratta di un elemento che di per sé rappresenta un indice serio,
oggettivo e positivamente apprezzabile in termini di importanza e appetibilità dell’attività economica di impresa);
in secondo luogo, le caratteristiche specifiche dell’esercizio della detta attività economica, che parrebbe premiare le imprese maggiori, spesso organizzate in gruppi imprenditoriali, soprattutto stranieri. Ciò risulta avvalorato dal fatto che anche la Commissione europea, nelle proprie osservazioni, ha rilevato che dal 2014 ad oggi, alcuni operatori hanno accresciuto il proprio numero di concessioni, a discapito di altri, verosimilmente proprio in ragione dell’oneroso regime di proroga, il cui canone colpisce in egual misura tutti i concessionari a prescindere dalla loro capacità di raccolta di gioco.
VII- I richiesti chiarimenti, resi nei sensi così illustrati, sono trasmessi ai sensi della Nota informativa riguardante la proposizione di
domande di pronuncia pregiudiziale da parte dei giudici nazionali 2011/C 160/01 in G.U.C.E. 28 maggio 2011 e delle nuove
Raccomandazioni all’attenzione dei giudici nazionali relative alla presentazione di domande di pronuncia pregiudiziale 2019/C 380/01 in
G.U.C.E. 8 novembre 2019, alla Cancelleria della Corte mediante plico raccomandato gli atti del giudizio in copia, comprensivi della presente
ordinanza.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Settima.
1) rimette i chiarimenti indicati in motivazione;
2) dispone che, a cura della Segreteria, siano trasmessi gli atti alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea ai sensi dell’art. 267 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea;
3) conferma la già disposta sospensione del processo fino alla definizione del giudizio sulle questioni pregiudiziali e con riserva, all’esito, di
ogni ulteriore statuizione in rito, in merito e in ordine alle spese”.