Il movimento “no slot” di Pavia getta la maschera e presenta il suo manifesto di “Lotta antagonista anticapitalista” contro il gioco. AS.TRO e S.G.I. valutano le iniziative legali
(Jamma) – Grande scalpore e risonanza mediatica – osserva l’avvocato Michele Franzoso, legale della associazione AS.TRO – sono state attribuite ad una manifestazione nazionale indetta a Pavia per chiedere “la liberazione del Paese” dalla piaga delle slot.
Al comparto slot machine si chiede di credere che 400 persone intervenute a “PAVIA” per dire basta “alle macchinette” rappresentino quei 3 milioni di cittadini “decretati “di assoggettamento a rischio G.A.P. da alcune imprecisate fonti.
Al comparto “slot” si chiede di credere che il loro “prodotto” “va contro il volere della gente comune”, nonostante il fatto che 15 milioni di cittadini italiani ne usufruiscano occasionalmente senza alcuna ripercussione “mentale o sanitaria”.
Ci viene richiesto di “soccombere”, e quindi di far soccombere le 120.000 buste paga che le slot onorano mensilmente, perché in Italia – pare – tutto si può tollerare “tranne” che le slot nei bar e nelle tabaccherie.
Ma è possibile che una manifestazione come quella di PAVIA, a cui hanno “tirato la volata, niente meno che
- due servizi di “LE IENE” da mezz’ora ciascuno andati in onda a sette giorni di distanza;
- un battage di carta stampata che annovera – da diciotto mesi – tre articoli al giorno su “slot e mafia e “slot e martirio popolare da perdita al gioco”,
- un battage “personale” del direttore del TG LA SETTE, che per 12 sedute ininterrotte propaga la “verità assodata” che dal gioco deriva solo malattia e provento mafioso”,
annoveri la presenza (di sabato pomeriggio) di appena 400 persone?
Ma se solo “gli organizzatori locali, annoveravano decine di associazioni aderenti, si può sapere “chi ha manifestato?”,
Si può sapere dov’è il popolo delle no-slot disposto a rinunciare persino alla “politica efficiente e onesta” , pur di vedere sparire le “macchinette?”
Possibile che il “dramma nazionale” abbia smosso solo qualche persona in più rispetto agli “attivisti”, realizzando una concentrazione popolare inferiore ad un comizio di Paese ?
Il gioco non è immune da censure e non è immune da un processo di “miglioramento” della sua normativa e dei suoi canoni. Il problema del G.A.P. esiste, perché anche un solo malato di gioco merita “di essere trattato come un problema”, laddove la sua “affezione” dipenda da un prodotto “targato” Stato Italiano: questo è un principio indissolubile dello Stato serio – civilizzato – laico (e non laicista) che si proponga di “risolvere il problema”.
Giusto quindi, fare quello che lo Stato ha deciso di fare quando si è approvata la legge Balduzzi, atto normativo a cui tutti questi “movimenti spontanei” cercano di opporsi attraverso la veicolazione di dati errati.
Molto meno giusto, invece, pensare che 400 persone guidate dalla loro “rispettabile ma privata ideologia” possano decidere come 15 milioni di Italiani debbano passare il loro tempo, come debbano spendere i loro soldi, o obbligarli al ricorso al gioco illegale come effetto derivato dalla rimozione del “prodotto autorizzato”.