Ci ha particolarmente incuriosito, per la sua (almeno apparente) italica bizzarria, la notizia apparsa ieri su alcune testate di settore in merito alla vicenda di una serie di esposti presentati alla Procura della Repubblica di Roma, da parte del Codacons e dall’associazione Articolo 32, per denunciare il proliferare delle <<sale slot>> sul territorio italiano e i relativi riflessi sulla salute dei cittadini, chiedendo di accertare le relative responsabilità in capo alla P.A. che ha l’obbligo di reprimere condotte illecite e tutelare la salute della popolazione.
Dopo che la Procura di Roma, non avendo riscontrato elementi utili a configurare ipotesi di reato, aveva chiesto l’archiviazione, il GIP, accogliendo l’opposizione presentata dal Codacons, ha imposto alla Procura di disporre nuove indagini.
Nel pieno rispetto dell’operato della magistratura e in curiosa attesa di conoscere gli esiti di queste indagini, – comunica l’Avv. Massimo Piozzi, Responsabile Ufficio Legale AS.TRO (Confindustria SIT), – non possiamo esimerci dal rilevare che il contenuto degli esposti presentati dal Codacons, così come descritto dagli organi di stampa, suscita un certo spaesamento in chi conosce la materia del diritto e quindi la differenza che dovrebbe esserci tra le iniziative che dovrebbero trovar sede in ambito politico e quelle il cui ambito naturale sia, invece, rappresentato dal percorso giudiziario.
Premesso che il provvedimento con cui il GIP, respingendo la richiesta di archiviazione del PM, ha disposto l’espletamento di nuove indagini, non rappresenta un accertamento positivo sulla sussistenza dei reati denunciati da Codacons, occorre prendere atto che il GIP dovrebbe aver quantomeno rilevato, nell’ambito dei fatti indicati nell’esposto, l’astratta configurabilità di condotte illecite penalmente rilevanti.
Quest’ultimo aspetto è proprio quello che più ci incuriosisce, soprattutto dopo aver letto la sintesi giornalistica del contenuto degli esposti del Codacons dal quale emergerebbe che le ipotesi di reato ivi prospettate sarebbero connesse alla “proliferazione delle sale slot sul territorio”.
Ebbene, se questo fosse il reale contenuto degli esposti, la responsabilità penale della P.A. sarebbe, ad avviso degli esponenti, quella di aver autorizzato l’apertura di “troppe” sale. Visto, però, che rappresenterebbe un obbrobrio giuridico parlare della Pubblica Amministrazione come di un’entità soggettiva passibile, come tale e unitariamente considerata, di una propria responsabilità penale, dobbiamo necessariamente dedurre che si tratti di altro.
Dal momento che l’autorizzazione all’apertura delle sale giochi viene rilasciata dai Comuni – e, in determinati casi, anche dalle Questure – previo accertamento di una serie di presupposti (soggettivi ed oggettivi) previsti dalle leggi statali e regionali, siamo portati a ritenere che gli esposti del Codacons debbano necessariamente riferirsi a specifiche condotte (commissive o omissive) penalmente rilevanti ascrivibili a singoli dirigenti comunali o singoli funzionari delle Questure, eventualmente da individuare, che avrebbero consentito l’apertura di determinate sale da gioco in assenza dei necessari requisiti previsti dalla legislazione di settore.
Quale che sia, in questi casi, l’ipotesi di reato che verrà eventualmente accertata, rientrerebbe però nella categoria dei reati contro la Pubblica Amministrazione e nulla avrebbe a che vedere con la categoria dei reati contro la salute pubblica.
Sul piano giuridico, parlare di una responsabilità generale della P.A. nell’aver provocato la diffusione della dipendenza da gioco facendo leva sull’esistenza di eventuali comportamenti illeciti di singoli funzionari nell’esercizio dei poteri amministrativi loro attribuiti, rappresenterebbe, come detto, una forzatura giuridica inaccettabile: occorre, infatti, non perdere mai di vista il principio che la responsabilità penale è personale e che, pertanto, non dovrebbe mai essere consentito un utilizzo dell’azione penale finalizzato, propagandisticamente, a mettere in discussione, in termini generali, un determinato assetto ordinamentale.
Il contenuto degli esposti in esame, così come appare secondo la sintesi dei resoconti giornalistici, sembrerebbe, in realtà, sottintendere un teorema giuridico secondo il quale si potrebbero indagare dei rappresentanti della P.A. per aver applicato delle leggi, statali o regionali, i cui effetti si ritengano lesivi della salute pubblica: se così fosse, sarebbe come voler punire un funzionario pubblico per aver autorizzato l’apertura di un bar o di una tabaccheria riconducendo a lui la responsabilità del fatto che gli alcolici e le sigarette provocano danni alla salute.
In altri termini, sarebbe inquietante, oltre che velleitario da un punto di vista giuridico, assistere all’utilizzo della denuncia penale per combattere le leggi dello Stato che si ritengono ingiuste.
Saranno gli esiti di questa inchiesta oppure la lettura completa degli esposti (che saremmo grati se ci venissero messi a disposizione) a svelarci quanto siano più o meno fondati questi nostri momentanei timori.
Intendiamo, infine, soffermarci su un aspetto di portata generale che stiamo constatando nel corso di questi ultimi anni della nostra esperienza di associazione di categoria: si sta rivelando come un dato innegabile il fatto che legalizzazione del gioco sia rimasta indigesta ad ampi settori della politica e della società civile che, probabilmente, preferivano i tempi in cui la polvere restava ben nascosta sotto il tappeto.
Siamo perfettamente consapevoli che esseri contrari ad una legge e fare tutto quanto sia lecito per ottenerne la modifica o l’abrogazione rappresenti una delle più importanti espressioni delle prerogative democratiche.
E’ proprio alla luce di tale consapevolezza che fatichiamo a comprendere le ragioni per cui quei settori della politica e della società civile contrari all’esistenza di un gioco regolamentato anziché far leva sulla loro ampia e trasversale rappresentanza presente in Parlamento per proporne l’abolizione, continuino ad affrontare la questione portando avanti iniziative velleitarie o surrettizie che finiscono per far degradare a livello di mero folclore ideologico l’importante tema della prevenzione e della cura della dipendenza da gioco.