“I cortocircuiti che abbiamo voluto mettere in evidenza sono quelli che abbiamo incontrato dal 2011 ad oggi, da quando gli enti locali hanno cominciato a legiferare sul gioco. Il problema si propone oggi in modo violento, perché le limitazioni, come ci dicono gli esperti sanitari, non hanno avuto l’effetto sperato. I numeri ci consentono invece di avere l’idea precisa dell’approccio dei giocatori all’offerta. Nel tempo la spesa del giocatore è aumentata, ovvero dal 2018 ad oggi, è aumentata complessivamente. Il cortocircuito è dato dal fatto che di questa consapevolezza troviamo traccia nel legislatore nazionale, fino ad arrivare nel 2017 ad una intesa, un punto di equilibrio, ma che non è mai stata attuata. Poi c’è un cortocircuito a livello esecutivo perché molte iniziative non sono mai andate a termine”.
Lo ha detto l’avvocato Geronimo Cardia (in foto) nel suo intervento al talk “Il gioco pubblico in Italia: riordino, questione territoriale e cortocircuiti istituzionali”, promosso da UTOPIA.
“Nel corso degli ultimi 13 anni ci sono stati, fra Regioni e Province autonome, 21 casi tra provvedimenti e distanziometri particolarmente espulsivi. Queste norme, oltre ad essere diverse da Comune e Comune, hanno tutte una caratteristica: i distanziometri hanno dei parametri tali che non consentono di operare, sono un impedimento assoluto. Questo è un problema, perché stanno impedendo allo Stato di fare le gare per l’assegnazione delle concessioni che sono già scadute. Paradossalmente gli operatori subiscono delle proroghe tecniche, che per altro sono onerose e incredibilmente alte. Basti pensare che oggi si chiede un importo per gli apparecchi da gioco in ‘magazzino’ ovvero non utilizzati perché le limitazioni non lo permettono. In questo momento c’è un tavolo tecnico che sta provando a spiegare queste cose alle Regioni. Dobbiamo trovare un equilibrio nei livelli di tassazione e nelle limitazioni all’offerta”, ha concluso Cardia.