(Jamma) I temi sul tappeto del gioco lecito sono fondamentalmente cinque:
1) Le slot light a moneta metallica sono state giudicate come “numericamente eccessive” e “maldestramente” posizionate anche in location inidonee a garantire quella sensibilità che si deve mostrare nei confronti del Territorio che ospita l’offerta di gioco pubblico.
2) La spesa di gioco a tali apparecchi specifici cala costantemente da 18 mesi, mentre altre tipologie di prodotti registrano andamenti di raccolta opposti, e secondo la valutazione della Corte di Conti tale flessione è dovuta alle troppe tasse e alla eccessiva incertezza normativa derivante dal moltiplicarsi delle iniziative locali di “allontanamento delle slot” dalle città.
3) Tuttavia, nonostante il fenomeno di flessione sopra descritto aumenta la c.d. emergenza ludopatia, che quindi sarà collegata a profili almeno parzialmente diversi dalle apparecchiature “da bar”.
4) Il trend che si è in procinto di seguire su tale fenomeno è quindi quello di “razionalizzare” la distribuzione delle slot attenuandone l’impatto sui territori e decretandone modalità-location di installazione più “caute e ponderate”, anche al fine di agevolare la tutela dei minori.
5) Tutti, quindi chiedono meno gioco ma più tasse sul gioco che c’è (oggi), ma che domani potrebbe non esserci più, come a Genova, dove la raccolta garantita dalla fascia oraria serale è in procinto di estinzione, con ovvia flessione della relativa fiscalità.
E’ quindi evidente che “la quadratura del cerchio” nel complesso mondo del gioco lecito dovrebbe contemperare l’aspettativa “territoriale” di dimagrimento /scomparsa del sistema distributivo di gioco legale e l’aspettativa di maggiori proventi erariali dal sistema stesso (dimagrito o smantellato) , cui si chiede, nel frattempo, di sopportare inasprimenti di pressione tributaria per pagare la cambiale sociale della ludopatia.
E’ una impresa è degna di un “talento” capace di affrontare con semplicità anche le difficoltà trascendentali, se si adotta questo angolo di osservazione.
Se, invece, si pensa al gioco lecito come un sistema che “nel suo blocco” ha una intrinseca perfezione, ovvero la chiara distinzione tra offerte di gioco ad aspettativa di vincita limitata e prodotti, invece, più “aperti” ad una sfida di sorte remunerativa dell’alea, allora diventa più agevole individuare un percorso innovativo.
Tutelando il prodotto “di massa”, e regolamentandolo meglio, si garantirà alla cittadinanza l’accesso ad una sfida dal costo massimo di un euro, mentre elevando le cautele attraverso le quali si può filtrare l’accesso a prodotti più “energici” , si garantirà l’abbattimento della degenerazione patologica.
Chi pensa sia semplice, ovviamente sbaglia, ma sbaglia altresì chi ritiene “infattibile” una opera industriale e sociale in cui un prodotto controllato e “targato” dallo Stato non possa consentire alla popolazione di soddisfare la propria domanda di gioco legale – sicuro – foriero di risorse per i servizi territoriali, in un contesto di seria informazione e quindi consapevolezza.
Chi pensa di cancellare il gioco legale perché è il cinquemillesimo profilo di rischio di danno per una persona normale, oppure perché non distinguibile “abbastanza bene” da quel gioco illegale gestito da una criminalità oramai assimilata ad una frazione di atmosfera terrestre, cavalca il mito “dell’Italia come Paese da “rifondare dopo il tracollo definitivo”.
Nell’attuale contesto i “demolitori” sono decisamente inflazionati, mentre i “progettisti” di innovazioni sono sempre più rari: AS.TRO è una felice realtà di rappresentanza che ha sempre fatto del “progetto” la sua ragione di vita, rendendo possibile un nuovo modo di concepire l’associazionismo come sede di lavorazione di nuove idee.
Laddove AS.TRO – Sistema Gioco Italia – è riuscita a “dialogare” con i Territori, le draconiane norme locali “anti-gioco lecito” sono state sostituite da “progettualità” per la tutela della cittadinanza e del decoro urbano, le ideologie anti-gioco sono state sostituite da idee per prevenire meglio la caduta in ludopatia e la cura della stessa;, in una parola, si è riabilitata alla luce della “amministrazione locale” la figura dell’industria del gioco lecito.
Anche questo sembrava impossibile, soprattutto in Emilia Romagna, eppure è successo.