Massimiliano Pucci, presidente dell’associazione Astro, che riunisce gli operatori del gaming in Italia, ha firmato una lettera aperta indirizzata ai candidati delle prossime elezioni europee.
“Gentili Candidati,
l’appello che Vi rivolgo non vuole ridursi ad un manifesto di mere rivendicazioni, motivato dalla speranza che almeno una parte di esse venga recepita dalla politica.
Vorrei, invece, analizzare a monte le cause che rischiano di far degradare il processo di riordino in atto, da occasione per rafforzare – correggendone le lacune – il processo di legalizzazione avviato nei primi anni duemila, in una semplice riproposizione degli schemi logici che hanno caratterizzato la recente normazione in materia di gioco legale, finalizzata, sostanzialmente, a smantellarne le basi, con tutto ciò che comporta in termini di tutela della legalità, della salute dei giocatori, della garanzia che deriva loro dal poter utilizzare dei prodotti regolamentati, e, non da ultimo, in termini di tutela del gettito erariale e di salvaguardia delle piccole e medie imprese nonché dei relativi bacini occupazionali.
Purtroppo, i primi segnali che stiamo riscontrando nei documenti prodotti dal Gruppo Tecnico delle Regioni e Province autonome sulle Dipendenze non sono confortanti per chi crede realmente nella possibilità di riformare il settore del gioco attraverso soluzioni che possano coniugare l’esigenza di prevenzione della dipendenza da gioco con quella di sopravvivenza dello stesso sistema del gioco pubblico legale, la quale passa, necessariamente, per la salvaguardia delle imprese che, per conto dello Stato, ne esercitano l’offerta.
In tali documenti si ripropongono, infatti, strumenti di impronta ideologica, come il distanziometro e le limitazioni orarie, che messi al cospetto della realtà attuale, sempre più imperniata sulle tecnologie digitali entro cui sta avanzando l’intelligenza artificiale, appaiono anacronistici e velleitari rispetto alla ineludibile esigenza di prevenire i fenomeni degenerativi connessi al gioco compulsivo.
Parliamo, peraltro, di strumenti ampiamente sperimentati nel corso degli ultimi dieci anni e i cui esiti sono noti a tutti coloro la cui capacità di osservazione della realtà non è offuscata dalla nebbia delle pulsioni ideologiche: non solo, infatti, non esiste alcuna evidenza scientifica che il distanziometro e le limitazioni orarie abbiano funzionato nella lotta alla ludopatia ma, al contrario, esistono evidenze obiettive sulla crescita complessiva della domanda di gioco che, per effetto delle limitazioni imposte al gioco terrestre, si è spostata verso altri canali di offerta, in prevalenza il gioco on line, non comprimibili attraverso questi strumenti di matrice medioevale.
Non vorremmo che questa cieca visione che spinge molti nel perseverare su strumenti rivelatisi non solo inutili ma anche controproducenti, nasconda la volontà di eliminare il gioco terrestre trasferendo l’intera offerta del gioco legale su canali diversi, oppure di eliminare l’offerta di gioco dagli esercizi generalisti (come, ad esempio, i bar e le tabaccherie) e ghettizzarla in grandi strutture lontane dai centri urbani.
Scelte simili determinerebbero la chiusura di migliaia di piccole e medie imprese italiane e lascerebbero senza lavoro centinaia di migliaia di persone. Oltre a questi effetti, si aggiungerebbe quello di spalancare le porte della criminalità nella gestione del gioco terrestre e di sottrarre dalle casse dello Stato le ingenti risorse che provengono dalla raccolta assicurata dalla rete generalista.
Si tratta di un insieme di argomenti che andrebbero affrontati nella consapevolezza della loro complessità, la quale necessiterebbe del contributo delle associazioni di rappresentanza degli operatori.
Ecco, quindi, che il messaggio che mi sento di rivolgere alla politica, soprattutto alle attuali forze di maggioranza – che, a livello di Conferenza delle Regioni e di Governo nazionale, stanno impostando la riforma del settore del gioco fisico – è quello di restituire dignità e agibilità politica alle imprese del settore del gioco lecito e alle rispettive associazioni di categoria, coinvolgendole nei processi di riforma.
In questi ultimi anni, grazie a questa assenza di confronto, abbiamo, infatti, assistito al realizzarsi di qualcosa che risulterebbe improponibile in qualsiasi ordinamento di impronta liberaldemocratica.
Una parte della politica (le cui tesi su questo tema hanno finora prevalso), invece di occuparsi di risolvere, di concerto con gli operatori del settore, le innegabili problematiche – soprattutto in tema di tutela della salute degli utenti- correlate al gioco con vincita in denaro, ha alimentato una battaglia ideologica volta a generare discredito nei confronti degli stessi operatori.
Non esagero nel dire che le imprese del gioco vengono, di fatto, equiparate, nel dibattito pubblico, a delle consorterie criminali. Ci troviamo così di fronte alla contraddizione di uno Stato che con una mano attinge alle importanti risorse derivanti dal settore del gioco pubblico mentre con l’altra non perde occasione per denigrare le imprese che generano tali risorse.
Proprio per effetto di questa operazione di disconoscimento di dignità, messa in atto nei confronti delle imprese del gioco lecito, le relative associazioni di rappresentanza sono state deliberatamente escluse da qualsiasi processo decisionale che riguarda il settore di loro competenza. Ciò ha provocato una proliferazione di norme, calate dall’alto a livello nazionale, regionale e comunale, del tutto irrazionali ed inefficaci rispetto ai propositi – meramente propagandistici – con cui erano state ammantate.
Questo ha prodotto delle situazioni paradossali, se non addirittura ridicole per il carattere palesemente “punitivo” che le ha determinate, tipo quella di stabilire per legge il divieto di mettere a disposizione delle associazioni di categoria del settore del gioco i dati economici che riguardano il relativo comparto, elaborati dalla Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, riservandone l’accesso alle sole associazioni del terzo settore impegnate nella crociata proibizionista contro il gioco legale (le stesse che, paradossalmente, si dichiarano antiproibizioniste per le droghe leggere), oppure, seguendo la stessa impostazione discriminatoria, si è deciso di escludere le associazioni di categoria del gioco dall’Osservatorio nazionale per il contrasto della diffusione del gioco d’azzardo e il fenomeno della dipendenza grave, nell’ambito del quale è, invece, ammessa la partecipazione di soggetti associativi privi di qualsiasi requisito di competenza se non quello di essere contrari all’esistenza del gioco legale.
Non intendo, di certo, rivendicare l’esigenza del nostro coinvolgimento nei processi decisionali muovendomi sulla base del proposito di “marcare il territorio”, di acquisire rendite di posizione per il settore o di pretendere “concessioni” dalla politica.
A mio avviso, invece, il ruolo, nei processi decisionali, delle associazioni di rappresentanza del settore è necessario per arricchire tali processi del contributo di conoscenza che gli operatori del settore possono apportare, così da evitare soluzioni pasticciate, inefficaci, se non addirittura controproducenti nella lotta alla dipendenza da gioco (come la ghettizzazione spaziale e temporale dei giocatori problematici).
Sto quindi avanzando una richiesta di riconoscimento di agibilità politica delle associazioni di rappresentanza del settore. Una rivendicazione che risponde ad un’esigenza più generale: la rivalorizzazione del ruolo dei corpi intermedi nei processi decisionali.
Concludo rifacendomi ad una riflessione estratta dallo studio intitolato <<I corpi intermedi nella democrazia di oggi e di domani>> (curato da Franco Bassanini, Tiziano Treu e Giorgio Vittadini) nella quale si afferma, con una capacità di sintesi esemplare, l’importanza dell’intermediazione politica: <<la giusta rivendicazione del primato e delle responsabilità della politica non può tradursi nella autoreferenzialità, nel rifiuto del confronto, nella chiusura al dialogo con le comunità intermedie, che costituiscono la trama di una democrazia pluralista>>.
RingraziandoVi per l’attenzione prestatami, confido nella possibilità che possa aprirsi un confronto costruttivo volto ad approfondire le tematiche qui affrontate”.