Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Quinta) ha respinto – tramite sentenza – il ricorso presentato da un operatore di gioco contro il Ministero dell’Interno in cui si chiedeva l’annullamento del decreto del 14.9.22 con cui il Questore di Milano ha revocato le licenze per la conduzione degli esercizi dediti esclusivamente al gioco con apparecchi rilasciate al Signor (…).
“Il Sig. (…), titolare dell’impresa individuale (…), ha ottenuto nel maggio 2018 il rilascio di tre licenze ex art. 88 T.UL.P.S. per la conduzione degli esercizi dediti esclusivamente al gioco con apparecchi di cui all’art. 110, comma 6 del T.U.L.P.S. presso i locali siti a Milano (…). Con provvedimento del 14.9.22 – si legge nella sentenza – il Questore ha disposto la revoca delle tre licenze, a fronte degli accertamenti effettuati presso l’Agenzia delle Entrate, da cui emerge una situazione debitoria, rispetto alla quale la richiesta di rateizzazione non era stata accolta.
Con ricorso tempestivamente e ritualmente notificato e depositato, il ricorrente ha censurato il provvedimento di revoca, lamentando nel primo motivo la violazione e falsa applicazione dell’art. 30 del d.l. 26 ottobre 2019 n. 124, per assenza dei presupposti della revoca, non essendo definitivo l’accertamento della violazione tributaria.
Nella seconda censura lamenta la violazione del principio di proporzionalità, in quanto la revoca non è stata preceduta dalla sospensione.
Si è costituito il Ministero, chiedendo il rigetto del ricorso.
Con ordinanza n.1293 del 3.11.2022 la domanda cautelare veniva respinta, avendo rilevato la “sussistenza di violazioni definitivamente accertate agli obblighi di pagamento delle imposte e tasse, incompatibili con la titolarità o la conduzione di esercizi commerciali con offerta di gioco pubblico, ai sensi dell’art. 30 D.L. 124/2019, convertito in Legge n. 157/2019”.
In data 29.2.2024 la difesa Erariale ha depositato la nota con cui la Questura ha comunicato che il ricorrente aveva ceduto l’azienda, allegando il contratto di cessione del 3.4.2023.
All’udienza pubblica del giorno 11 aprile 2024 il ricorso è stato trattenuto in decisione dal Collegio.
II) Il Collegio ritiene di poter prescindere dall’accertamento, attraverso una eventuale istruttoria, sull’avvenuta cessione delle licenze, in quanto il ricorso è infondato, per le medesime ragioni prospettate in sede cautelare.
2.1 L’art. 30 del D.L. 26 ottobre 2019, n. 124 dispone espressamente che “Fermo restando quanto previsto dall’articolo 24, comma 28, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, non possono essere titolari o condurre esercizi commerciali, locali o altri spazi all’interno dei quali sia offerto gioco pubblico, operatori economici che hanno commesso violazioni definitivamente accertate agli obblighi di pagamento delle imposte e tasse o dei contributi previdenziali, secondo quanto previsto dall’articolo 80, comma 4, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50”.
Parte ricorrente, pur affermando in linea teorica che non sussisterebbe il presupposto della definitività delle violazioni, non riesce a confutare adeguatamente l’assunto della Questura per cui, a carico del ricorrente risultino significative e reiterate violazioni di natura tributaria e previdenziale, quali violazioni definitivamente accertate dall’Agenzia dell’Entrate agli obblighi di pagamento di imposte e tasse o di contributi previdenziali.
Pertanto sussiste il presupposto indicato dall’art. 80 comma 4 d.lgs. n. 50 del 2016, per la revoca delle licenze.
Come rileva giurisprudenza consolidata, il potere di adottare autorizzazioni di polizia (e lo stesso vale, anche per la revoca) quali quelle oggetto dell’odierno contenzioso è caratterizzato dall’ampia discrezionalità dell’Autorità competente, anche in ragione dell’originaria natura intuitu personae che connota tale tipo di licenze (Cons. Stato, sez. III, 12 marzo 2020, n. 1140).
Ancora più in dettaglio, con riferimento alla licenza di centro raccolta di giochi e scommesse è stato affermato che “in sede di rilascio delle licenze di pubblica sicurezza per l’apertura di un centro raccolta di gioco e scommesse, l’Amministrazione dell’interno ha un potere ampiamente discrezionale per valutare, con il massimo rigore, qualsiasi circostanza che consigli l’adozione del provvedimento di rilascio, revoca o rinnovo di un’autorizzazione di polizia, potendo esercitare il suo potere nel rispetto dei canoni tipici della discrezionalità amministrativa, sia sotto il profilo motivazionale che sotto quello della coerenza logica e della ragionevolezza, dandosi conto in motivazione dell’adeguata istruttoria espletata; invero, i provvedimenti di polizia costituiscono esercizio di una particolare discrezionalità valutativa da parte dell’Autorità competente, preordinata alla prioritaria finalità di garantire la sicurezza e l’ordine pubblico mediante strumenti di prevenzione della commissione di reati, che costituiscono la massima anticipazione della difesa sociale attraverso l’impedimento e la rimozione ab initio delle stesse condizioni che potrebbero ragionevolmente costituire causa o anche solo occasione per il verificarsi di fatti, non solo e non necessariamente di rilievo penale, idonei a turbare l’ordinata convivenza civile mediante esposizione anche solo al pericolo della sicurezza e dell’ordine pubblico; in questo quadro sistematico e finalistico assumono naturalmente rilievo – e ben possono costituire idonei presupposti di fatto di provvedimenti sfavorevoli e/o repressivi – anche fatti e circostanze privi in sé di significato penale e non riconducibili direttamente alla responsabilità del soggetto, ma significativi e rilevanti sul piano prognostico, ivi inclusi fatti e accadimenti riferiti a stretti congiunti del soggetto richiedente e potenzialmente rivelatori di possibili influenze e condizionamenti negativi della sua futura condotta, o rivelatori di possibili fatti di interposizione fittizia con finalità elusive di limiti e divieti” (T.A.R. Calabria, Catanzaro, Sez. I, 8.3.2021, n. 495; T.A.R. Sicilia, Palermo, Sez. II, 17.11.2022, n. 3269).
Il motivo va quindi respinto.
2.2 Parimenti infondata la seconda censura, in cui si deduce la violazione del principio di proporzionalità, non essendo stato preceduto il decreto di revoca da un provvedimento di sospensione delle attività, ai sensi dell’art. 10 TULPS.
Anche questo motivo è infondato, in quanto la sospensione indicata nell’art. 10 sopra citato si riferisce alla differente ipotesi dell’“abuso della persona autorizzata”, ipotesi che ricorre quanto il titolare utilizza esercita l’attività in modo non conforme alle facoltà autorizzate.
Nel caso de quo, i presupposti sono totalmente differenti, in quanto attengono alla situazione debitoria del titolare della licenza.
III) Il ricorso va quindi respinto.
In considerazione dell’assenza di attività difensiva nella fase di merito, le spese di giudizio possono essere compensate tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge”.