Il Consiglio di Stato ha accolto – tramite sentenza – l’appello presentato da Roma Capitale in cui si chiedeva la riforma della sentenza breve del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda) con cui era stato accolto il ricorso di un tabaccaio contro la determinazione dirigenziale del Comune con la quale gli era stato intimato il divieto di prosecuzione di installazione di apparecchi destinati al gioco con vincita in denaro all’interno della propria attività di rivendita di generi di monopolio situata a Roma, essendo stata accertata la violazione dell’art. 6 della deliberazione dell’Assemblea Capitolina n. 92 del 5.12.2019 e dell’art. 4 della l.r. 22/2019 per essere la rivendita ubicata a distanza di 150 metri dalla scuola dell’infanzia (…), qualificata quale “luogo sensibile”, e come tale assoggettata dalla normativa in materia di prevenzione dal rischio di ludopatie all’obbligo di rispetto della distanza minima di metri 500.
Il tabaccaio, con un unico motivo di ricorso, aveva censurato la violazione dell’art. 6 della deliberazione di Assemblea Capitolina n. 92 del 5.12.2019 e dell’art. 4 della l.r. 22/2019, assumendo che il proprio esercizio commerciale “non potrebbe essere considerato prossimo ad un “luogo sensibile”, in violazione della distanza minima a tal fine prevista, dal momento che la scuola dell’infanzia non rientrerebbe nella categoria degli “istituti scolastici di qualsiasi ordine e grado” per i quali siffatto divieto è previsto”.
Con sentenza breve sez. II n. 14290 del 2022 il T.a.r Lazio Roma aveva accolto il ricorso “sul presupposto che ai sensi dell’art. 2, comma 1, lett. e) della legge n. 53/2003, le scuole dell’infanzia sarebbero istituti “di formazione” e non già “di istruzione” e, come tali, non potrebbero ritenersi ricompresi tra i luoghi sensibili soggetti all’obbligo del rispetto della distanza minima”.
“Avverso la predetta sentenza – spiega il Consiglio di Stato – Roma Capitale ha proposto impugnazione, con appello che contiene un unico motivo, letteralmente rubricato come violazione e falsa applicazione dell’art. 2 co. 1 lett. e della Legge n. 53/2003, dell’art. 4 co. 1 lett. a della legge regionale del Lazio n. 5/2013 e dell’art. 6 co. 1 lett. a della deliberazione dell’Assemblea Capitolina n. 31/2017 e ss.mm.ii.; in sintesi, la parte appellante sostiene che, contrariamente a quanto ritenuto dal Giudice di I grado, la scuola per l’infanzia rientrerebbe a pieno titolo fra i luoghi sensibili di cui si è detto. (…) Alla udienza pubblica del 27 marzo 2024 la causa è stata trattenuta in decisione, previo deposito di memoria conclusiva da parte di Roma Capitale che ha insistito per l’accoglimento dell’appello.
L’appello stesso è fondato.
Il punto controverso, come si è detto, consiste nello stabilire se la scuola dell’infanzia sia istituto di istruzione o di mera formazione, atteso che l’obbligo della distanza minima dai luoghi in cui sono praticate le attività di gioco e scommessa è pacificamente applicabile ai primi, non anche ai secondi.
Ad avviso del Collegio, la conclusione è nel primo senso, contrariamente a quanto ritenuto dal Giudice di I grado.
L’art. 6 della deliberazione di Assemblea Capitolina n. 92 del 5.12.2019 stabilisce che: “Ai sensi e per gli effetti della normativa regionale e/o nazionale vigente [l.r. n. 22/2019], è vietata l’apertura di nuove sale da gioco con installazione di VLT, di agenzie per la raccolta di scommesse e di esercizi che installano giochi con vincita in denaro che siano ubicate ad una distanza inferiore a 500 (cinquecento) metri da aree sensibili, misurandola secondo il percorso pedonale più breve in base al Codice della Strada, dall’ingresso del locale da gioco all’ingresso del luogo sensibile, quali: a. istituti scolastici di qualsiasi ordine e grado …”.
Secondo il T.a.r. le scuole dell’infanzia non rientrerebbero nella categoria giuridica degli “istituti scolastici di qualsiasi ordine e grado …” in quanto ai sensi dell’art. 2, comma 1, lett. e), della legge n. 53 del 2003, la scuola dell’infanzia “concorre all’educazione e allo sviluppo affettivo … promuovendone le potenzialità di relazione, autonomia, creatività, apprendimento, e ad assicurare un’effettiva eguaglianza delle opportunità educative … contribuisce alla formazione integrale … realizza la continuità educativa con il complesso dei servizi all’infanzia e con la scuola primaria”.
Da tale premessa il T.a.r. trae la conclusione per cui le scuole dell’infanzia sarebbero istituiti di formazione e non già di istruzione, ai sensi della disciplina recata dalla legge n. 53/2003.
In senso contrario questa sezione ha osservato che “la scuola per l’infanzia ai sensi degli artt. 1-3 del d. lgs. 19 febbraio 2004 n. 59 vada qualificata a semplice lettura come istituto scolastico, anche se non ne è obbligatoria la frequenza, dato che la legge si preoccupa di fissarne le finalità, di assicurare che essa proponga un’offerta formativa uniforme sul territorio nazionale, di definirne l’orario e di assicurare nel suo ambito il conseguimento di “obiettivi formativi”, come è caratteristico in generale di qualunque istituto dedicato all’istruzione”: così espressamente l’ord. 26 giugno 2023 n.2612.
L’art. 1 del d. lgs. n. 59 del 2004, tra le finalità della scuola dell’infanzia, indica, in particolare, al comma 1, anche quello di assicurare: “la continuità educativa con il complesso dei servizi all’infanzia e con la scuola primaria.” a conferma del fatto che la scuola dell’infanzia pur “nella sua autonomia e unitarietà didattica e pedagogica” è parte integrante del sistema di istruzione nazionale.
Nello stesso senso depone il successivo articolo 3, comma 2, dove si legge che: “Nell’esercizio dell’autonomia delle istituzioni scolastiche sotto attuate opportune forme di coordinamento didattico, anche per assicurare il raccordo in continuità con il complesso dei servizi all’infanzia e con la scuola primaria”, dove il riferimento al “coordinamento didattico” ribadisce che, accanto agli obiettivi formativi, ve ne sono altri di natura più strettamente didattica, sebbene di carattere propedeutico alla scuola primaria, come ulteriormente confermato dall’art. 4, comma 2, a mente del quale: “La scuola primaria, della durata di cinque anni, è articolata in un primo anno, raccordato con la scuola dell’infanzia e teso al raggiungimento delle strumentalità di base, e in due periodi didattici biennali.” come pure, dal punto di vista organizzativo, dall’art. 4, comma 6 secondo cui: “Le scuole statali appartenenti al primo ciclo possono essere aggregate tra loro in istituti comprensivi anche comprendenti le scuole dell’infanzia esistenti sullo stesso territorio”.
In mancanza di prospettazioni difensive di segno diverso, non v’è motivo per discostarsi dal precedente di cui sopra – favorevole a ricomprendere tra gli istituti scolastici anche le scuole dell’infanzia – che, pertanto, dev’essere confermato.
Ne segue l’accoglimento dell’appello e, in riforma della sentenza appellata, la reiezione del ricorso di primo grado, dovendosi applicare la distanza minima di 500 metri prescritta dall’art. 6 della deliberazione di Assemblea Capitolina n. 92 del 5 dicembre 2019 anche in presenza di una scuola dell’infanzia, in quanto riconducibile nel novero degli “istituti scolastici di qualsiasi ordine e grado …”.
Le spese del doppio grado seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo, in misura comunque congrua con i valori medi previsti dal D.M. 13 agosto 2022 n.147 per una causa di valore indeterminato e complessità bassa.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto (ricorso n.1915/2023 R.G.) lo accoglie e, in riforma della sentenza appellata, respinge il ricorso di primo grado (T.a.r. Lazio Roma n. 11333/2022 R.G.)”.