Il Consiglio di Stato ha accolto il ricorso del Comune di Chiavari (GE) contro la pronuncia del Tar Liguria. La vicenda prende il via il 1° giugno 2017 quando il Dirigente del Settore II – Servizi di Staff Generali, comunicava al titolare di un esercizio di sala giochi l’avvio del procedimento di cessazione dell’attività sulla base del parere espresso dal Settore V – Programmazione ed attuazione delle Politiche Urbanistiche, con il quale si era rilevato che “l’attività in argomento appare comunque in contrasto con l’art. 2 della L.R. n. 17 del 30/04/2012 in quanto la distanza tra il civ. 17 -17 A di Corso Lavagna e il Cimitero Urbano è inferiore ai 300 mt. Minimi richiesti dalla suddetta norma (…)”.
Successivamente il Settore V, con atto del 10 agosto 2017 confermava quanto già espresso nel proprio parere, evidenziando non solo che l’immobile in cui veniva svolta l’attività di raccolta non rispettava la distanza minima prevista dall’art. 2 della L.R. n. 17/2012, ma neppure la distanza minima prevista dal capoverso 6.01.3 –Cf III – (Attività Terziarie) del comma 6.01 dell’art. 6 del N.T.A. del vigente P.R.G. introdotto con D.C.C. n. 137 del 16 dicembre 2013, in quanto ubicato a meno di 300 metri sia dal cimitero urbano che dallo stadio comunale.
Con specifico riguardo alla mancanza della indicazione esplicita dei cimiteri nell’elenco dei luoghi sensibili contenuto nell’art. 2 della L.R. n. 17/2012, l’Amministrazione affermava che tale omissione veniva superata dal fatto che la normativa del P.R.G. vigente, introdotta con la D.C.C. n. 137/2013, includeva espressamente i cimiteri tra i luoghi da considerare ai fini della distanza minima da rispettare.
Con il provvedimento del settembre 2017 lo Sportello Unico delle Attività Produttive del Comune di Chiavari, motivando sulla mancanza dei requisiti di carattere urbanistico per concedere l’autorizzazione allo svolgimento dell’attività in argomento, ingiungeva alla società la chiusura dell’attività di esercizio delle scommesse.
La società impugnava i suddetti provvedimenti dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Liguria deducendone l’illegittimità sotto vari profili. La ricorrente lamentava, inter alia, che l’art. 2 della L.R. trovava applicazione ai soli esercizi delle sale da gioco e al gioco lecito nei locali aperti al pubblico e non anche alle sale scommesse; pertanto, l’attività in contestazione non rientrava tra quelle di cui all’art. 110 e 86 del T.U.L.P.S., essendo disciplinata dall’art. 88. Inoltre, lo Sportello Unico delle Attività produttive non aveva alcuna competenza nell’emettere il provvedimento di chiusura dell’attività, spettando al Sindaco la competenza in ordine all’emanazione di tale provvedimento. Secondo la società, la legge regionale, nel sanzionare la violazione del rispetto delle distanze dai luoghi sensibili, prevedeva l’applicazione della sola sanzione amministrativa pecuniaria, pertanto l’applicazione della sanzione inibitoria non risultava neppure giustificabile dal richiamo che la legge regionale faceva alle leggi generali in materia di sanzioni amministrative, vincolate al principio di tassatività. Il Comune, infine, avendo dedotto nel provvedimento impugnato la violazione della normativa urbanistica, avrebbe dovuto emettere una ordinanza ex art. 31 DPR n. 380/2001 di rimessione in pristino e non l’atipica sanzione della chiusura dell’attività. Quanto alla distanza dal campo sportivo e dal cimitero, lamentava che non era stata correttamente calcolata, oltre al fatto che il cimitero non poteva essere considerato un luogo sensibile secondo le disposizioni regionali.
Il Tribunale amministrativo regionale accoglieva il ricorso, ritenendo che, sulla base della legislazione vigente, erano fondate le censure prospettate dalla ricorrente nella parte in cui denunciavano la violazione delle distanze connesse con l’installazione della sala scommesse a meno di metri trecento dal cimitero cittadino e dallo stadio, posto che la distinzione operata dalla legge regionale 2012/17 non abilitava l’Amministrazione ad applicare anche alle sale scommesse i limiti distanziometrici che dovevano invece essere osservati dalle sale giochi.
Il Collegio, pertanto, accoglieva il primo motivo di ricorso, assorbendo parte delle censure per carenza di interesse, e respingendole per il resto.
Il Comune di Chiavari ha appellato la pronuncia, chiedendone l’integrale riforma, sulla base dei seguenti motivi: “1. Erroneità della sentenza del T.A.R. Liguria n. 646/2018. Violazione e/o falsa applicazione della L.R. n. 17/2012. Eccesso di potere. Sviamento. Travisamento dei fatti. Difetto di motivazione. Contraddittorietà intrinseca ed estrinseca. Disparità di trattamento. Illogicità manifesta; 2. Erroneità della sentenza impugnata sotto altro profilo. Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 6, comma 6.01, capoverso 6.01.3 – cF. III (Attività terziarie) delle N.T.A. del P.R.G. del Comune di Chiavari. Erroneità dei presupposti. Difetto di motivazione. Travisamento. Sviamento.
Il Comune deduce che la legislazione regionale non si riferisce alle sole attività di intrattenimento e svago praticate tramite l’utilizzo di apparecchi idonei per il gioco lecito indicati dall’art. 100, comma 6, del TULPS, ma anche ai punti di raccolta scommesse, in quanto lo scopo della normativa è quello di arginare le conseguenze sociali che tali attività ludiche possono provocare e, comunque, le sale scommesse rientrerebbero nella definizione di ‘sala pubblica da gioco’. Secondo l’appellante, la legge regionale deve essere interpretata nel senso di includere nel divieto di cui all’art. 2, comma 2, anche la raccolta delle scommesse, con conseguente applicabilità anche a quest’ultima attività del regime delle distanze minime da luoghi sensibili.
L’assunto, per il CDS, va condiviso, alla luce del recente indirizzo espresso da questo Consiglio di Stato, con sentenza n. 1382 del 2023, secondo cui: “ Sull’assimilazione, ai fini che qui rilevano, delle attività di raccolta scommesse rispetto a quelle delle sale gioco, la Sezione, con argomentazioni dalle quali il Collegio non vede ragione di discostarsi, ha stabilito che proprio questo Consiglio di Stato, con la sentenza n. 5327 del 16 dicembre 2016, ha ribadito che in ambito nazionale, ed in particolare ai fini della tutela della salute (art. 32 Cost.), l’attività di gestione delle scommesse lecite, prevista dall’art. 88 del R.D. n. 773 del 1931, è parificata alle sale da gioco invece disciplinate dal precedente art. 86. Le norme attuative della singola legge regionale, pertanto, devono essere interpretate secondo una interpretazione logica e sistematica e, malgrado le espressioni letterali impiegate, non possono che essere riferite ‘ad entrambe le attività, fonti entrambi di rischi di diffusione della ludopatia’.
Secondo questo orientamento interpretativo, le misure finalizzate alla prevenzione ed al contrasto di forme di dipendenza dal gioco d’azzardo, quali l’imposizione di una distanza minima delle sale giochi e scommesse dai luoghi c.d. sensibili, ovvero quei luoghi nei quali si presume la presenza di soggetti appartenenti alle categorie più vulnerabili, rientrano nella materia della tutela della salute (Cons. Stato, n. 2592 del 2021; Cons. Stato n. 6714 del 2018; Cons. Stato, n. 5327 del 2016) e sono riferibili ad entrambe le attività di gioco.