La Corte di Giustizia Tributaria di primo grado di Napoli ha rigettato il ricorso presentato da un contribuente contro una cartella di pagamento relativa al Prelievo Unico Erariale (PREU) per l’anno d’imposta 2009.
Il contribuente ha impugnato la cartella di pagamento da oltre 50.000 euro, sostenendo la mancata notifica dell’accertamento presupposto, la prescrizione del tributo e della cartella, la decadenza dell’amministrazione dal potere impositivo, e il difetto di motivazione della cartella stessa. L’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli e l’Agenzia delle Entrate-Riscossione si sono costituite in giudizio, chiedendo il rigetto del ricorso.
La Corte ha stabilito che l’onere di provare la notifica dell’atto prodromico spetta all’ente impositore. Nel caso in esame, l’Agenzia delle Dogane ha prodotto la relata di notifica dell’accertamento, avvenuta a mani del contribuente nell’agosto 2014. Questa prova è stata considerata valida e sufficiente, respingendo l’eccezione di mancata notifica sollevata dal ricorrente.
Il contribuente ha contestato la decorrenza dei termini di prescrizione del PREU, che secondo la Cassazione è quinquennale. Tuttavia, la Corte ha rilevato che il contribuente aveva impugnato l’accertamento e che il relativo ricorso era stato rigettato con sentenza passata in giudicato nel luglio 2015. In virtù dell’art. 2953 c.c., il diritto alla riscossione basato su un accertamento divenuto definitivo si prescrive in dieci anni. La notifica della cartella (a febbraio 2024) è quindi avvenuta entro i termini, essendo trascorsi meno di dieci anni dalla notifica dell’accertamento.
Il ricorrente ha eccepito un difetto di motivazione della cartella di pagamento. Tuttavia, la Corte ha ritenuto che la cartella fosse redatta secondo il modello legale, con un chiaro richiamo all’accertamento notificato in precedenza. Richiamandosi alla giurisprudenza, la Corte ha affermato che non fosse necessario allegare nuovamente l’accertamento, dato che il contribuente ne aveva già piena conoscenza.
La Corte ha rigettato il ricorso del contribuente e lo ha condannato al pagamento delle spese di lite, quantificate in 2.500 euro per ciascuna parte costituita, oltre agli accessori di legge.
Questa sentenza evidenzia alcuni principi chiave in materia tributaria: l’onere della prova della notifica spetta all’ente impositore, che deve fornire evidenze documentali adeguate; la prescrizione del diritto alla riscossione passa da cinque a dieci anni se l’accertamento diventa definitivo con sentenza passata in giudicato; una cartella di pagamento è valida se include riferimenti dettagliati all’accertamento presupposto, rendendo conoscibili le ragioni della pretesa fiscale.
La decisione ribadisce l’importanza per i contribuenti di monitorare attentamente lo stato degli accertamenti notificati e dei relativi procedimenti, poiché il passaggio in giudicato rafforza significativamente la posizione dell’amministrazione finanziaria.