La Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia ha accolto il ricorso in appello dell’Agenzia delle Entrate per l’annullamento della pronuncia della Corte di Tributaria che aveva ritenuto illegittimo l’accertamento nei confronti del titolare di un bar con cui si contestava alla società l’indebita detrazione di Iva per 5.779 euro, oltre sanzioni ed interessi, per mancata applicazione del meccanismo del pro-rata in relazione ad una rilevante componente di operazioni esenti nel volume di affari conseguito.
La società, che esercita l’attività di bar e all’interno del locale destinato all’esercizio dell’attività ha installato 3 slot machines che, ai sensi dell’art. 10, primo comma, n. 6 del DPR 633/1972 producono compensi esenti da IVA; tuttavia, in relazione agli stessi non ha applicato il pro-rata ossia la limitazione della detrazione dell’IVA sugli acquisti, in quanto nel caso specifico ha inquadrato l’attività nella previsione di cui al comma 2 dell’art. 19 bis del citato DPR nella parte in cui esclude dal calcolo le operazioni che non rientrano nell’attività propria dell’impresa o sono accessorie ad operazioni imponibili.
La società ha impugnato l’avviso di accertamento relativo ad IVA, interessi e sanzioni notificato in dall’Agenzia delle Entrate, sostenendo che l’attività di somministrazione di alimenti e bevande, in un esercizio di bar, debba necessariamente essere riconosciuta come attività principale, soprattutto in considerazione del fatto che tutti gli acquisti soggetti ad IVA sono destinati esclusivamente all’attività di pubblico esercizio; la riduzione della detrazione finirebbe per penalizzare in modo insostenibile l’attività della ricorrente, costretta a rinunciare ad una cospicua quota dell’IVA assolta sugli acquisti di quei beni che formano oggetto della sua specifica attività e che non presentano alcuna attinenza con la gestione delle slot machines che, al massimo, necessitano di energia elettrica e di un minimo consumo di spazio all’interno dei locali destinati all’esercizio dell’attività vera e propria della Società: più equa sarebbe la pretesa tributaria che si limitasse a determinare la riduzione della detrazione dell’IVA assolta esclusivamente sull’acquisto di quei beni e di quei servizi necessari allo svolgimento dell’attività accessoria – nel caso di specie, la gestione delle slot machines. Ha citato diverse pronunce che hanno accolto analoghi ricorsi per altre annualità nonché una sentenza di secondo grado di conferma e fa altresì riferimento alla sentenza della Corte di Giustizia Europea relativa che si pronuncia in merito alle attività accessorie. Pertanto, ha chiesto di annullare l’avviso di accertamento impugnato, in subordine di rideterminare il pro-rata applicabile al caso de quo, sulla scorta delle considerazioni sopra esposte e, in ogni caso, di condannare l’Amministrazione Finanziaria alla rifusione delle spese di giudizio.
L’Agenzia delle Entrate di Sondrio si è costituita in giudizio ed ha chiesto il rigetto del ricorso.
La Corte di primo grado ha accolto il ricorso. Ha richiamato il comma 2 dell’art. 19 bis del D.P.R:
633/1972 che testualmente recita: “Per il calcolo della percentuale di detrazione di cui al comma 1 non si tiene conto delle cessioni di beni ammortizzabili, dei passaggi di cui all’articolo 36, ultimo comma, e delle operazioni di cui all’articolo 2, terzo comma, lettere a), b), d) e f), delle operazioni esenti di cui all’articolo 10, primo comma, numero 27-quinquies), e, quando non formano oggetto dell’attività propria del soggetto passivo o siano accessorie alle operazioni imponibili, delle altre operazioni esenti indicate ai numeri da 1) a 9) del predetto articolo 10, ferma restando la indetraibilità dell’imposta relativa ai beni e servizi utilizzati esclusivamente per effettuare queste ultime operazioni”. Dal tenore della norma sopra riportata si evincerebbe che le operazioni in questione, rientranti fra quelle previste, in quanto collocabili al n. 6 del richiamato art. 10, non rilevano ai fini del pro-rata in base a due condizioni che possono ben essere alternative tra lo oppure anche cumulative. La prima condizione è che si tratti di operazioni che non rientrano nell’attività propria dell’impresa, la seconda che abbiano carattere di accessorietà. Nel caso di specie, ha ritenuto che potesse sussistere in via del tutto prevalente ed assorbente la prima condizione prevista dalla norma anche se si potevano configurare tratti di accessorietà nell’intrattenimento dei clienti del bar attraverso apparecchiature che ne accrescevano la permanenza nel locale e quindi inducevano a ulteriori consumazioni di cibi o bevande. Ha compensato le spese.
Avverso tale pronuncia ha proposto appello l’Ufficio ed ha chiesto: – in via principale e nel merito, in riforma della sentenza impugnata, di accogliere l’appello e per l’effetto confermare l’accertamento impugnato; – di condannare la ricorrente alla refusione delle spese di giudizio, maggiorate del 50% a titolo di rimborso delle spese del procedimento di mediazione
La Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia ha richiamato, nel suo giudizio, la pronuncia della Suprema Corte di Cassazione secondo la quale “è attività propria dell’impresa quella che, semplicemente, ha carattere perdurante nel tempo e viene svolta senza soluzione di continuità”. In questo caso, chiarisce il giudice tributario “è indubbio che l’attività di raccolta delle giocate venga svolta con carattere di stabilità e regolarità, considerato l’esercizio ininterrotto negli anni, per cui non si tratta di un’attività saltuaria od occasionale, ma semmai di un’attività che integra a pieno titolo l’oggetto sociale dell’impresa.”
Considerata, quindi, la natura non accessoria “dell’impiego di slot machines rispetto a quella di bar, valutato che la stessa attività forma oggetto dell’attività propria dell’operatore nonché la non occasionalità delle prestazioni in esame” è pienamente legittimo dell’avviso di accertamento impugnato che contesta alla società l’indebita detrazione di Iva.