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Corte di cassazione conferma condanna per il reato di peculato a gestore di slot che non versa 27mila euro di PREU al concessionario

La Sesta Sezione Penale della Corte di cassazione ha confermato la condanna per il reato di peculato al titolare di una società di gestione di apparecchi da intrattenimento per il mancato versamento del Prelievo Erariale Unico a una concessionaria di rete.

Nella ricostruzione dei fatti la Cassazione ricorda che la Corte di appello, anche richiamando la sentenza di primo grado emessa all’esito del giudizio abbreviato, ha chiarito come, a seguito delle indagini compiute dalla Guardia di Finanza, dell’esame della documentazione allegata alla denuncia presentata dalla odierna parte civile (il concessionario ndr), sia emerso che la società aveva stipulato con la concessionaria dello Stato per la gestione telematica del gioco mediante apparecchi di intrattenimento e per la riscossione dei relativi proventi, un contratto per la gestione della attività.

A seguito di verifiche, hanno spiegato i Giudici di merito, era stato accertato che l’imputato, pur avendo la disponibilità della somma di euro 27.390 a titolo di prelievo unico erariale, aveva omesso di versarla alla società concessionaria.

“Nulla di specifico è stato dedotto – ha chiarito la Cassazione – essendosi l’imputato ad affermazioni generiche, del tutto esplorative e senza spiegare in concreto perché le risultanze probatorie acquisite non sarebbero dimostrative della responsabilità.

La Corte di cassazione ha costantemente affermato che la funzione tipica dell’impugnazione è quella della critica argomentata avverso il provvedimento cui si riferisce. Tale critica argomentata si esplica attraverso la presentazione di motivi che, a pena di inammissibilità (artt. 581 e 591 cod. proc. pen.), devono indicare specificamente le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta.

Contenuto essenziale dell’atto di impugnazione è infatti il confronto puntuale (cioè con specifica indicazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che fondano il dissenso) con le argomentazioni del provvedimento il cui dispositivo si contesta.

Ne consegue che se il motivo di ricorso si limita ad affermazioni generiche, esso non è conforme alla funzione per la quale è previsto e ammesso, cioè la critica argomentata al provvedimento, posto che con siffatta mera riproduzione il provvedimento formalmente “attaccato”, lungi dall’essere destinatario di specifica critica argomentata, è di fatto del tutto ignorato”.

Redazione Jamma
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