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Corte di Giustizia Tributaria di Secondo Grado dell’Emilia Romagna su ricavi gestore slot: filiera dei compensi predeterminata, no a variabili

La Corte di Giustizia Tributaria di Secondo Grado dell’Emilia Romagna, con sentenza del novembre scorso ha accolto l’appello presentato dall’Agenzia delle Entrate contro la decisione della Commissione Tributaria Provinciale di Reggio Emilia. La sentenza riguarda una disputa fiscale tra l’Agenzia delle Entrate e una società operante nel settore della gestione e distribuzione di apparecchi da gioco, relativamente all’anno d’imposta 2013.

L’Agenzia delle Entrate aveva notificato alla società un avviso di accertamento relativo a maggiori ricavi per oltre 270.000 euro, derivanti dalla gestione di apparecchi da gioco con vincite in denaro. Inoltre, erano stati contestati costi duplicati per 300.000 euro, ripresi a tassazione.

Parallelamente, era stato notificato un accertamento al socio di maggioranza per maggior reddito derivante dalla sua quota dell’80% nella società.

In primo grado, la Commissione Tributaria Provinciale di Reggio Emilia aveva accolto i ricorsi della società e del socio, annullando gli atti impositivi e addebitando all’Agenzia delle Entrate le spese legali. Tuttavia, l’Agenzia ha presentato appello, sostenendo la legittimità dei propri atti.

La Corte ha esaminato nel dettaglio il metodo di ricostruzione dei ricavi e le motivazioni addotte dalle parti, giungendo alle seguenti conclusioni:

la Corte ha ritenuto che i dati richiamati dall’Agenzia delle Entrate nell’avviso di accertamento fossero accessibili alla società resistente attraverso i rendiconti contabili forniti dai concessionari. Questi documenti, redatti ogni 15 giorni, riportano dettagli sulla raccolta complessiva e sui compensi spettanti ai gestori e agli esercenti. La motivazione dell’atto, pur richiamando documenti esterni, è stata considerata sufficiente e legittima.

Quantificazione dei ricavi:
L’Agenzia aveva determinato i ricavi della società sottraendo dagli incassi complessivi le vincite, il PREU (Prelievo Erariale Unico), il canone di concessione e i compensi spettanti agli esercenti. La società, invece, contestava tale ricostruzione, sostenendo che non tenesse conto di variabili come malfunzionamenti e furti. Tuttavia, la Corte ha respinto questa tesi, rilevando che la filiera dei compensi e delle imposte è rigidamente predeterminata e tracciata attraverso contratti e sistemi telematici.

Duplicazione dei costi:
La Corte ha confermato la legittimità della contestazione relativa alla duplicazione di costi. È stato dimostrato che la società aveva già dedotto i costi in questione al momento della registrazione dei corrispettivi netti, rendendo la successiva deduzione ingiustificata.

Ruolo dei contratti:
I contratti stipulati tra concessionari, gestori ed esercenti stabiliscono in modo chiaro e dettagliato la suddivisione dei compensi, garantendo trasparenza e tracciabilità. Le affermazioni della società, secondo cui gli accordi venivano modificati in modo discrezionale, sono state giudicate prive di prove. “Invero tutta la filiera dei compensi e delle imposte dovute è predeterminata e non può essere rimessa a valutazioni effettuate arbitrariamente in base alla mera discrezionalità degli operatori. Proprio al fine di garantire la tracciabilità dei flussi finanziari derivanti dall’attività. E tanto risulta evidente dai contratti stipulati tra la società e i gestori”, si legge nella sentenza.

La Corte ha accolto quindi l’appello dell’Agenzia delle Entrate, annullando la sentenza di primo grado e confermando la validità degli avvisi di accertamento notificati alla società e al socio. Inoltre, la Corte ha condannato la parte soccombente al pagamento delle spese processuali. (n.b.)

Redazione Jamma
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