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Esenzione IVA e gestione Apparecchi di gioco: la sentenza della Corte di Giustizia Tributaria di Piacenza sui compensi al bar

Con sentenza la Corte di Giustizia Tributaria di primo grado di Piacenza ha annullato un avviso di accertamento emesso dall’Agenzia delle Entrate, segnando un importante precedente in materia di IVA applicata al settore dei giochi. La questione ruotava attorno all’esenzione IVA per i compensi percepiti da un esercente di un bar caffè che, oltre alla propria attività principale, gestiva apparecchi da intrattenimento a vincita ( AWP).

L’avviso di accertamento contestava al ricorrente la mancata applicazione dell’IVA su compensi pari a 77.514 euro percepiti nel 2017. Secondo l’Agenzia, l’esenzione non poteva essere applicata, poiché i rapporti contrattuali tra il gestore degli apparecchi e l’esercente non rientravano nella fattispecie normativa. Tuttavia, il ricorrente ha dimostrato che le operazioni in questione erano direttamente collegate a un concessionario autorizzato dallo Stato, come documentato da un contratto.

La Corte ha ritenuto che il ricorso fosse fondato, smontando le argomentazioni dell’Agenzia delle Entrate. Innanzitutto, ha rigettato l’eccezione preliminare relativa alla validità della procura del difensore del ricorrente, ritenendola regolarmente conferita. Ha poi respinto la tesi dell’Agenzia secondo cui i termini di accertamento sarebbero stati rispettati grazie alla proroga prevista dall’art. 67 del D.L. 18/2020. La Corte ha riconosciuto che la proroga era formalmente legittima, ma ha contestato l’approccio dell’Ufficio nell’applicazione dei criteri normativi.

Un aspetto centrale della decisione riguarda l’esenzione IVA prevista dall’art. 10, comma 1, n. 6 del D.P.R. n. 633/1972. Questa disposizione esclude dall’imposta le operazioni legate all’esercizio del gioco lecito, incluse quelle relative alla raccolta delle giocate. La Corte ha sottolineato che, secondo la normativa vigente e la circolare n. 21/E del 2005, l’esenzione si applica anche ai rapporti tra il concessionario e soggetti come gli esercenti, che svolgono attività strettamente connesse alla raccolta delle giocate.

La sentenza ha fatto chiarezza su un punto cruciale: l’esenzione non dipende dalla raccolta materiale del denaro da parte dell’esercente, ma dall’insieme delle attività svolte per rendere possibile il gioco lecito, come la messa a disposizione dei locali e la gestione degli apparecchi. La Corte ha inoltre evidenziato che il contratto presentato dal ricorrente dimostrava chiaramente l’esistenza di un rapporto diretto con il concessionario, sufficiente per beneficiare dell’esenzione.

Un ulteriore tema affrontato riguarda la presunta inutilizzabilità del contratto prodotto in giudizio. L’Agenzia aveva sostenuto che, non essendo stato presentato in fase amministrativa, il documento non fosse opponibile. La Corte ha respinto questa tesi, affermando che una simile sanzione può essere applicata solo se l’Amministrazione avverte esplicitamente il contribuente delle conseguenze della mancata produzione, cosa che non era avvenuta.

In conclusione, la sentenza della Corte di Piacenza rappresenta un significativo passo avanti nella definizione dei criteri applicativi dell’esenzione IVA nel settore dei giochi. Riconosce il diritto degli esercenti a beneficiare dell’esenzione quando dimostrano rapporti diretti con i concessionari, richiamando l’Amministrazione a un’interpretazione rigorosa e coerente della normativa.

Redazione Jamma
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