“Nel mio gruppo di lavoro ci occupiamo anche di Esport, quindi ho avuto modo di approfondire questa realtà. Devo dire che non ci sono grandissime differenze, soprattutto tra i giovani. Oggi vediamo una categoria in cui la distinzione principale non è tanto tra “c’è denaro” o “non c’è denaro”, ma piuttosto nella capacità di adattarsi ai nuovi modelli di consumo”, ha dichiarato Laura D’Angeli, Founder Studio D’Angeli ed esperta nel settore del gaming, durante la presentazione dell’ultimo report su Gioco pubblico e altre forme di intrattenimento dell’Osservatorio sul gioco pubblico di SWG Giocare da grandi. “I giovani, ad esempio, – ha proseguito – sono già abituati a spendere online per servizi come Spotify o prodotti di streaming in generale. Questo dimostra un’evoluzione della domanda, con cui dobbiamo fare i conti, concentrandoci sugli aspetti più rilevanti per influenzare positivamente i comportamenti. Successivamente, possiamo parlare dell’offerta.
Dall’analisi dei dati (che considero sempre interessanti) emerge, ad esempio, che soltanto l’8% dei giocatori si dedica esclusivamente a un unico tipo di gioco. Questo significa che, per quanto riguarda le misure di prevenzione, queste devono essere realistiche e valide per tutti i giochi. La maggior parte dei giocatori, infatti, gioca a diverse tipologie di giochi. È evidente che non basta una misura specifica per un solo tipo di gioco, ma serve un approccio più ampio che copra l’intero panorama.
Un altro dato interessante emerso dall’indagine riguarda la tecnologia. Diversi relatori l’hanno citata più volte, ed è un aspetto che non possiamo ignorare. Viviamo in un’epoca di accelerazione tecnologica estremamente rilevante, che ha generato anche un divario tra le generazioni. Tuttavia, i figli spesso si rivelano “istruttori” per i genitori o i nonni, creando così un legame positivo tra le generazioni. La tecnologia, quindi, può essere un punto di partenza per sviluppare strumenti di prevenzione, ma non devono basarsi esclusivamente sul prodotto. Credo piuttosto che debbano puntare a promuovere una maggiore consapevolezza. La ricerca stessa ci restituisce un dato interessante: è possibile influenzare il comportamento delle persone attraverso azioni mirate. Questo è fattibile perché esiste un “sentiment”, una percezione che può essere utilizzata per modellare i comportamenti.
Utilizziamo dunque le nuove tecnologie e strumenti, soprattutto quelli personali, per aiutare le persone ad acquisire maggiore consapevolezza. Oggi esistono molte applicazioni che supportano la gestione dello sport, del fitness e del tempo libero. Si potrebbe quindi pensare in modo trasversale e innovativo, andando oltre le tradizionali figure di prevenzione che sono solitamente discusse a livello istituzionale”.