“Un tempo si considerava il “top” della tecnologia come un settore esclusivo, un modello quasi ideale che rappresentava il culmine dell’evoluzione tecnologica. Questo era evidente nel caso delle reti telefoniche, dove le infrastrutture digitali e il piano di telefonia avevano un grande impatto”. Lo ha detto Maximo Ibarra (in foto), Amministratore Delegato di Engineering, intervenendo alla seconda edizione di FutureS, l’evento organizzato da Sisal, presso la Galleria Doria Pamphilij a Roma, dedicato alla riflessione sul ruolo dell’innovazione e sui suoi impatti sulla competitività del Paese e delle imprese.
“Gli operatori telefonici – ha proseguito Ibarra – investivano pesantemente nelle reti, e queste, a loro volta, diventavano la base per altre applicazioni tecnologiche e modelli di business.
Ora, però, stiamo assistendo a un cambiamento significativo. Non sono più solo gli operatori storici a sostenere questi investimenti, ma anche altre aziende che cominciano a investire direttamente in infrastrutture tecnologiche. Questo fenomeno è particolarmente interessante dal punto di vista del modello di business: l’aumento dei capitali necessari per lo sviluppo di queste infrastrutture sta generando pressioni sugli investimenti e modificando gli equilibri del mercato.
Sarà interessante osservare nei prossimi anni come si evolverà questo settore, in particolare per quanto riguarda l’impatto delle scelte aziendali sulle dinamiche locali e globali. C’è curiosità, ad esempio, su come i modelli di business cambieranno e su quali saranno le strategie adottate per garantire sostenibilità economica e tecnica.
Per quanto riguarda la pubblica amministrazione, bisogna distinguere tra i progressi a livello centrale e quelli a livello locale. Sul piano centrale, la pubblica amministrazione ha compiuto passi da gigante negli ultimi anni, recuperando terreno rispetto alla posizione di svantaggio in cui si trovava. Ad esempio, il rafforzamento dell’infrastruttura nazionale e l’implementazione di tecnologie come l’INTC hanno creato opportunità per l’interconnessione tra settori e regioni, con benefici evidenti, specialmente in ambiti come la sanità.
Tuttavia, a livello locale, il quadro è più frammentato. Nei comuni di dimensioni medio-piccole (50.000-100.000 abitanti), si sono registrati progressi grazie a progetti innovativi e alla disponibilità di fondi del PNRR. Tuttavia, siamo ancora in una fase iniziale. Il principale ostacolo è la mancanza di risorse umane competenti e dedicate. Molto spesso, nei piccoli comuni manca il personale con competenze tecniche necessarie per avviare e gestire progetti di digitalizzazione.
Il problema non è solo di visione o di volontà politica, ma anche di capacità operativa. Quando si tratta di digitalizzare i servizi, bisogna considerare chi si occuperà di gestire i progetti, formare i team e strutturare i processi. Nei comuni più grandi, questo problema è meno evidente grazie a risorse maggiori e progetti già avviati. Nei comuni più piccoli, invece, la situazione è più critica, e spesso i progetti restano bloccati in fase di pianificazione.
Riassumendo, mentre a livello centrale e nei comuni più grandi si stanno registrando risultati incoraggianti, i piccoli comuni italiani necessitano di maggiore supporto, sia in termini di risorse che di formazione. Nei prossimi due anni sarà fondamentale investire in competenze e supporto tecnico per evitare che le opportunità offerte dal PNRR vengano sprecate e per garantire una digitalizzazione diffusa ed equa in tutto il territorio nazionale”, ha concluso Ibarra.