La Corte di Giustizia Tributaria di primo grado di Salerno ha accolto il ricorso di un contribuente per l’annullamento dell’avviso di accertamento per un importo di oltre 7,4 milioni di euro in quanto ritenuto aver ricoperto il ruolo di ‘master’ per un bookmaker estero non autorizzato in Italiae in quanto tale non aver dichiarato il compenso ricevuto in percentuale sulle scommesse.
La cartella si riferisce ad Ires, Iva e Irap per il periodo di imposta 2017 con cui l’Agenzia Entrate, Direzione Provinciale di Salerno, richiedeva la somma di oltre 7.4 milioni di euro.
Tale recupero deriva dalla contestazione a seguito di una operazione della Guardia di Finanza dalla quale risultava che il contribuente avesse svolto il ruolo di master per un bookmaker allora non autorizzato ad operare in Italia in quanto privo di concessione. Con tale mansione il contribuente aveva raccolto giocate con relativa sottrazione di materia imponibile ai fini dell’imposta unica sulle scommesse e sull’Ires su cui veniva calcolata una provvigione del 5% pari ad oltre 7 milioni non fatturati né dichiarati.
Il giudice tributario ha ritenuto che funzione di controllo sia attribuita agli uffici fiscali e spetta a loro l’onere di provare le maggiori imposte accertate con elementi oggettivi da documentare nel corso del contenzioso tributario a differenza di quello civile dove l’onere è invertito.
Da qui si capisce che l’amministrazione finanziaria che vanta un credito nei confronti del privato è tenuta a fornire prova dei fatti costitutivi della pretesa mentre spetta al contribuente dimostrare e fornire una controprova.
In questo caso l’Agenzia delle Entrate non avrebbe fornito alcun elemento certo di quanto dedotto e affermato risultando l’atto accertativo carente della documentazione necessaria a supportare affermazioni circa il maggior reddito che sarebbe stato conseguito dalla parte ricorrente. L’Agenzia non ha fornito dati concreti e inconfutabili, la “fonte” specifica che provi che il compenso del master venisse quantificato in base alla percentuale del 5% sulla raccolta complessiva operata.
Ogni provvedimento amministrativo, in tema di imposte, ad eccezione per quelli normativi o a contenuto generale, va motivato e “la motivazione deve indicare i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione amministrativa come sancito dalla giurisprudenza in materia”.
Il contribuente deve, insomma, avere contezza delle ragioni dell’amministrazione così da essere in grado di valutare l’opportunità di non impugnare il provvedimento o, in caso di ricorso, approntare le proprie difese con piena consapevolezza, nonché per impedire all’amministrazione, nel quadro di un rapporto di leale collaborazione, di addure in un eventuale successivo contenzioso ragioni diverse rispetto a quelle espresse.