“Da qualche giorno si è tornati al tran tran quotidiano con la ripresa delle attività lavorative, scolastiche e professionali dopo le meritate ferie estive o, meglio secondo il costume italiano, del mese di Agosto. Un periodo che non tutti i Colleghi hanno goduto o per scelta personale o per necessità diverse. Un periodo che comunque ha indotto alla riflessione e ad interrogarci su quale sarà il nostro futuro alla luce delle situazioni economiche ed amministrative che ci vedono coinvolti come cittadini ma, soprattutto come categoria”. Così in una nota il presidente dell’Unione Italiana Tabaccai, Pasquale Genovese (in foto).
“Apprendere ed analizzare che negli ultimi 5 anni una tabaccheria su dieci ha cessato l’attività e che le richieste di cessione di rivendite in tutto il Paese sono sempre in aumento ci fa rabbia e ci pone difronte ad interrogativi che necessitano di una risposta. Perché tanti colleghi hanno preferito o, peggio, hanno dovuto scegliere di chiudere l’attività? Dall’analisi condotta e dalle risultanze che provengono dalle nostre strutture territoriali – prosegue Genovese – c’è una motivazione univoca: il tabacchino non rende e si corre il rischio di mettere in pericolo quanto sinora prodotto con il duro ed impegnativo lavoro! Conclusione/motivazione che ci rattristisce e ci induce ad approfondire…
I motivi sono tutti da ricercare nella filiera e nel suo indotto. Locazioni in aumento, carico fiscale, obblighi contrattuali dei servizi onerosi, riduzione della vendita, cambio delle abitudini dei clienti, aumento del costo generale della vita. A fronte di tutto ciò – spiega Genovese – sopravviviamo con un utile lordo del 10 percento fissato al 1° gennaio 1993 con la legge 81/1992 e sul quale non si è mai potuto o voluto intervenire e con l’8 percento derivante dalle lotterie. Conviviamo, commercialmente parlando, con un sistema fiscale impositivo necessariamente da rivedere con la concessione di una tassazione dedicata al settore che pur operando al pari di tutte le altre attività imprenditoriali sconta un rischio di impresa altissimo non potendo stabilire e gestire l’utile derivante dalla vendita dei generi di monopolio (primaria attività). Di questo e di tanto altro è necessario parlare con il Governo con il quale, nel corso degli anni e delle varie posizioni politiche, pur ci siamo confrontati ricevendo conforto ma non azione. Non solo la UIT ma tutti i rappresentanti di settore visti i risultati sinora ottenuti!. Occorre un’azione congiunta delle rappresentanze che vada al di là del proprio orticello e delle individuali necessità al fine di riportare la categoria allo splendore e all’ambizione degli anni passati dove essere tabaccaio era un privilegio non solo in termini economici ma soprattutto sociali, di aggregazione, di aiuto, di consiglio…
Certo i tempi sono cambiati, le logiche imprenditoriali pure ma perdere, o meglio disperdere, un patrimonio nazionale sarebbe gravissimo non solo per le tantissime famiglie che sopravvivono grazie a quella ambita Concessione di Stato ma per lo Stato stesso. Ed ecco che – evidenzia Genovese – è necessaria una revisione a trecentosessanta gradi di tutto quanto orbita intorno a una tabaccheria: dai costi della concessione, ed ai sui obblighi nel tempo introdotti da chi ne aveva una qualche necessità, alla attenta modalità di erogazione dei servizi, specie quelli in concessione statale, sino ad una revisione fiscale per arrivare ad una condizione di serenità dell’esercente. Di tutto ciò contiamo sull’autorevole intervento della VI Commissione Finanze della Camera che, sollecitata proprio dalla UIT in occasione dell’assemblea tenutasi a Brescia, con la sua indagine conoscitiva attraverso le programmate audizioni sul nostro mondo dovrà ricevere approfonditi elementi per precise indicazione al Governo. Ciò nella piena condivisione di quanto ha detto Denys Waitley: ‘Ci sono sempre due scelte nella vita: accettare le condizioni in cui viviamo o assumersi la responsabilità di cambiarle'”, conclude Genovese.