Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso principale proposto da un operatore, difeso dagli avvocati Luca Giacobbe e Livio Sannino dello Studio Legale Giacobbe & associati, lo ha accolto e, per l’effetto, ha annullato il provvedimento del Questore di Verona di diniego dell’autorizzazione ai sensi dell’art. 88 TULPS per la raccolta delle scommesse.
“Come già affermato recentemente da questo Tribunale (T.A.R. Veneto, Venezia, 29 aprile 2024, n. 823), – si legge nella sentenza – dalla lettura dell’art. 7, comma 2, della Legge Regionale Veneto n. 38/2019 si evince chiaramente come il legislatore regionale abbia vietato esclusivamente la collocazione di apparecchi per il gioco in locali che si trovino ad una distanza inferiore a quattrocento metri da taluni luoghi ritenuti sensibili; tale norma è assistita, sotto il profilo sanzionatorio, dalla previsione, rinvenibile nell’art. 14, comma 2, della stessa legge, per la quale la violazione delle disposizioni dello stesso articolo 7, commi 2 e 3, è soggetta alla sanzione amministrativa pecuniaria da euro 2.000,00 a euro 6.000,00 per ogni apparecchio per il gioco di cui all’articolo 110, comma 6, del R.D. 773/1931.
Non può essere condivisa la diversa interpretazione proposta dalla Regione Veneto, a giudizio della quale l’art. 2 della legge in esame avrebbe equiparato all’interno della più ampia categoria dei c.d. “punti gioco” sia i centri scommesse, sia i locali in cui sono presenti apparecchi VLT: infatti, depone in senso contrario il dato testuale dell’art. 7, comma 2, che – come già evidenziato – reca un esplicito riferimento ai soli apparecchi per il gioco, imponendo la loro collocazione ad una distanza di almeno 400 metri dai siti ritenuti sensibili.
Si deve osservare, inoltre, come la diversa regolamentazione per i centri scommesse rispetto ai locali in cui vengono installati apparecchi per il gioco d’azzardo lecito di cui all’articolo 110, comma 6, del R.D. n.773 del 1931, ègià stata oggetto di esame da parte della giurisprudenza amministrativa. Più nel dettaglio, il Consiglio di Stato ha avuto modo di osservare che la differenza tra sale giochi dotate di strumenti elettronici e i punti di mera raccolta delle scommesse «è insita nella strumentazione offerta alla clientela, che per gli spazi VLT consiste nella presenza di apparecchiature elettroniche capaci di monopolizzare l’attenzione del giocatore seriale, laddove le sale scommesse offrono solo un luogo per raccogliere le “puntate” sugli eventi sportivi. Sotto altro profilo, va anche rilevato che i giochi leciti si distinguono in fisici (off line), se distribuiti sul territorio ed effettuati in esercizi e locali aperti al pubblico, tramite personale addetto o apparecchi da intrattenimento messi a disposizione della clientela, ed a distanza (online o gambling), se distribuiti per via telematica, tramite internet e telefonia. La raccolta di scommesse sportive su eventi futuri avviene in gran parte a distanza, on line. Di talché, l’imposizione di un limite distanziometrico rispetto a “siti sensibili” per le sale scommesse si rivelerebbe sostanzialmente inutile o, comunque, di utilità ridotta, in quanto non idoneo a realizzare le finalità di prevenzione della ludopatia, in quanto tale “gioco lecito”, come detto, avviene anche e soprattutto a distanza, sicché lo scommettitore, in assenza di un punto fisico, non sarebbe disincentivato dallo svolgimento del gioco, potendo agevolmente effettuare lo stesso in via telematica» (Consiglio di Stato, Sez. VI, 25 gennaio 2024, n. 794).
In questo quadro, pertanto, il Collegio ritiene che il citato art. 7, comma 2, della Legge Regionale Veneto n. 38/2019, che si riferisce espressamente alle sole sale in cui sono collocati apparecchi per il gioco, non possa trovare applicazione alla diversa ipotesi delle sale per la raccolta delle scommesse, e ciò sia in ragione di un’esegesi letterale della norma, che non tollera, in quanto norma eccezionale, interpretazioni che non siano dalla stessa lettera ritraibili, sia in ragione di un’esegesi sistematica in virtù della quale ogni limitazione alla libertà di iniziativa economica privata, prevista dal legislatore nel perseguimento dell’utilità sociale e nel bilanciamento con interessi di pare rilievo (quale è la tutela della salute pubblica nel caso in esame), non può essere estesa analogicamente a fattispecie non espressamente contemplate.
Pertanto, in accoglimento del ricorso, l’avversato provvedimento di diniego dell’autorizzazione deve essere annullato, fermo restando il potere/dovere dell’Amministrazione di determinarsi nuovamente sull’istanza della ricorrente conformandosi a quanto affermato nella presente sentenza.
- L’accoglimento del ricorso principale determina l’improcedibilità del ricorso per motivi aggiunti, rispetto al quale la ricorrente non ha più interesse, dovendo comunque l’Amministrazione rideterminarsi sull’istanza della ricorrente medesima. 4. La problematicità della fattispecie esaminata giustifica l’integrale compensazione delle spese di lite”.