“Le espressioni utilizzate da Sansa, prima ancora che prive di antigiuridicità, si appalesano inoffensive per la reputazione di Cota, rivelandosi lesive, piuttosto, della reputazione dei gestori delle sale da gioco di Novara, difesi dal ricorrente, accostati ad ambienti criminali”.
La Quinta Sezione Penale della Corte di Cassazione ha giudicato infondato il ricorso presentato dall’avvocato Roberto Cota contro la sentenza della Corte di Appello di Torino che ha assolto il giornalista Ferruccio Sansa dall’accusa di diffamazione con la formula «perché il fattonon costituisce reato>>.
Tale decisione è stata contestata dall’avvocato Cota per la violazione dell’art. 51 cod. pen. e il vizio di motivazione, vuoi perché “l’esimente del diritto di critica politica sarebbe stata esercitata debordando dai limiti ad essa connessi, posto che nell’attività professionale svolta dalla ricorrente parte civile non vi era nulla che fosse riconducibile alla sua pregressa attività politica (di governatore della Regione Piemonte fino al 2014), vuoi perché sarebbe illogica e contradditoria l’affermazione secondo la quale le espressioni utilizzate da Sansa sarebbero scriminate dal legittimo esercizio del diritto di critica politica, essendo stato riconosciuto che l’opinione manifestata dall’imputato non aveva riguardato affatto la pregressa attività politica di Cota”.
Ferruccio Sansa, nel corso della trasmissione radiofonica ‘Italia Sotto Inchiesta’ del 3 gennaio 2017, aveva denunciato il legame tra la politica e i gestori degli apparecchi automatici (slot-machines) – istallati nelle sale da gioco -, spesso collegati alla criminalità organizzata, invitando Roberto Cota, che difendeva gestori di sale da gioco di Novara, ad astenersi dal prestare la propria attività professionale in loro favore, ha evidenziato, per un verso, che i fatti riferiti contenevano un nucleo di verità – essendo state documentate sia l’esistenza di legami ambigui tra politica e criminalità organizzata, sia la difesa prestata da Roberto Cota, ormai cessato il suo mandato politico di Presidente della Regione Piemonte, in favore di una società, gerente una sala-gioco, coinvolta in una controversia amministrativa con il Comune di Novara -.
Per la Corte d’Appello Sansa si era limitato ad esprimere un giudizio, formulandolo, peraltro, in termini ipotetici («Se facessi l’avvocato certe persone non le difenderei»), circa l’inopportunità che un personaggio pubblico, che aveva rivestito una posizione di rilievo nell’ambito della politica regionale, prestasse la propria opera professionale in favore di soggetti – le società che gestivano gli apparecchi automatici di intrattenimento per programmati per le scommesse a pagamento – potenzialmente vicini ad ambienti criminali. Donde, il giudice di merito ha concluso nel senso che le affermazioni dell’imputato, ancorché capaci di ledere la reputazione di Cota, erano effettivamente prive di antigiuridicità, in quanto scriminate dal diritto di critica, quale espressione della libertà di manifestazione del pensiero sotto forma di formulazione di un giudizio, rassegnato su un tema dotato di un interesse pubblico (quello dei rapporti tra la politica, l’attività di gestione delle cd. ‘slot-machines’ e la criminalità organizzata) mediante un linguaggio improntato ad urbanità.
Per la Cassazione “le argomentazioni sviluppate nella sentenza impugnata sono corrette in diritto ed ineccepibili sul piano logico. Sotto quest’ultimo aspetto, va subito rilevato che non si registra l’eccepita contraddittorietà tra l’esclusione dell’essere stata indirizzata, la polemica di Sansa, verso l’attività politica di Cota e il riconoscimento in favore dell’imputato della scriminante della critica politica: infatti, il giudice censurato ha ben delineato l’oggetto del giudizio critico espresso dall’imputato, ossia l’inopportunità che un personaggio del calibro di Roberto Cota, già Presidente della Regione Piemonte, prestasse la propria opera professionale in favore di «centri d’interesse economico potenzialmente connessi ad ambienti malavitosi». Tale rilievo fa emergere un profilo di genericità della doglianza”.
“Sul piano del rispetto dei canoni interpretativi elaborati da questa Corte in tema di scriminante del diritto di critica – e pur rilevato, invero, che le espressioni utilizzate da Sansa, prima ancora che prive di antigiuridicità, si appalesano inoffensive per la reputazione di Cota, rivelandosi lesive, piuttosto, della reputazione dei gestori delle sale da gioco di Novara, difesi dal ricorrente, accostati ad ambienti criminali -, non è revocabile in dubbio che il Collegio di merito si sia attenuto ai principi di diritto secondo cui il diritto di critica si differenzia da quello di cronaca in quanto non si concreta nella narrazione di fatti, ma nell’espressione di un giudizio o di un’opinione che, come tale, non può essere rigorosamente obiettiva, di modo che, ove il giudice pervenga, attraverso l’esame globale del contesto espositivo, a qualificare quest’ultimo come prevalentemente valutativo, anziché informativo, i limiti dell’esimente sono quelli costituiti dalla rilevanza sociale dell’argomento e della correttezza di espressione , che postula la necessità del rispetto della dignità altrui, non potendo lo stesso costituire mera occasione per gratuiti attacchi alla persona ed arbitrarie aggressioni al suo patrimonio morale ; limiti che, nel caso di specie, sono stati ritenuti, non implausibilnnente, rispettati.
Il ricorrente Cota è stato condannato al pagamento delle spese processuali a favore di Sansa.