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Corte di Giustizia Tributaria: “Legittima la sanzione da 200.000 euro per il mancato PREU su una slot scollegata e mai ritrovata”

Nel 2018, a seguito di sopralluogo, l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli di Cagliari ha accertato l’avvenuta installazione in un esercizio di un apparecchio per il gioco con vincita di denaro non collegato alla rete telematica. Riscontrata la violazione per il mancato versamento del Preu, era stato disposto il sequestro amministrativo dell’apparecchio, lasciandolo in custodia giudiziale all’interno del locale , in vista di una futura lettura del contatore per risalire al volume di gioco sviluppato e, su tale base, calcolare l’imposta dovuta (PREU).

Circa un anno dopo l’esercente aveva presentato denuncia di furto dell’apparecchio in questione, mai più ritrovato, per cui l’Ufficio, non potendo eseguire la prevista lettura del contatore, ha invitato l’interessato, a fornire ogni elemento utile alla ricostruzione della base imponibile. Lo stesso non si era però presentato alla convocazione e non aveva fornito alcuna documentazione.

A quel punto l’Ufficio, e siamo nel luglio del 2022, ha emesso un processo verbale di constatazione all’esercente e al proprietario dell’apparecchio cui ha fatto seguito l’avviso di accertamento con cui è stata applicata la tassazione relativa al Prelievo Erariale Unico dell’anno 2018 per la somma di euro 198.570, oltre all’ulteriore somma di euro 47.656 a titolo di sanzioni.

A questo punto l’esercente ha chiesto l’annullamento dell’avviso di accertamento, alla Corte di Giustizia Tributaria di primo grado di Cagliari.

Il giudice tributario ha respinto il ricorso rigettando, tra le altre, la censura di parte ricorrente sulla questione di legittimità costituzionale della disciplina normativa in esame, ritenendo che essa porti all’indivuazione di una base imponibile troppo elevata e avulsa dalla realtà, con la conseguente violazione dei principi di ragionevolezza e necessaria proporzione tra gravità della condotta illecita e sanzione prevista.

“Il criterio presuntivo di calcolo dell’imponibile basato su “3000 euro x 365 giorni” scatta soltanto qualora l’apparecchio non sia collegato alla rete statale di raccolta del gioco o sia, comunque, in condizioni tali da non consentire la lettura dei dati relativi alle somme giocate (nel caso di specie certamente impossibile, visto il denuciato furto dell’apparecchio), sempre che, come detto, l’interessato non produca elementi di prova contraria. Si tratta di un ragionevole sistema di tutela della ragion fiscale a fronte di situazioni in cui l’Ufficio non può in alcun modo verificare l’effettivo volume di gioco, trovandosi esposto a rischi di abuso da parte del contribuente, al quale sarebbe altrimenti sufficiente far sparire o corrompere l’apparecchio -rendendo impossibile qualunque accertamento- per sottrarsi all’imposizione fiscale.

Nel caso di specie si verificano proprio tali condizioni, atteso che l’apparecchio non è mai stato collegato alla rete statale di raccolta del gioco ed è stato denunciato dall’interessato quale oggetto di furto, prima che il personale dell’Agenzia lo avesse esaminato. Nè il sig. XXXX (gestore) , benché a ciò espressamente invitato, ha prodotto alcun elemento utile alla ricostruzione dell’imponibile, mentre avrebbe potuto esibire, quanto meno, un documento comprovante la data di acquisto dell’apparecchio, in tal modo ancorando a un momento preciso l’iniziale messa in esercizio dello stesso, evidentemente fondamentale ai fini della ricostruzione del presumibile volume delle giocate ricevute nel tempo e della conseguente imposta evasa”.

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