HomeApparecchi da intrattenimentoSlot, CdS riforma sentenza TAR: l'operatore non poteva trasferire la sala

Slot, CdS riforma sentenza TAR: l’operatore non poteva trasferire la sala

Il Consiglio di Stato ha accolto il ricorso presentato da una società attiva nella distribuzione del gioco pubblico, rappresentata e difesa dagli avvocati Cino Benelli e Diego Vaiano, contro il Comune di Reggio Emilia, per la riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per l’Emilia Romagna resa tra le parti.

Avvocato Cino Benelli
Avvocato Cino Benelli

“Il Collegio – si legge nella sentenza – reputa fondata la censura avverso l’ordinanza di chiusura impugnata con i secondi motivi aggiunti articolati in primo grado e riprodotta con il primo mezzo dell’appello, secondo cui gli strumenti urbanistici all’epoca vigenti nel Comune di Reggio Emilia, in virtù dell’indirizzo assunto dal medesimo Comune nelle more dell’approvazione del PUG, non consentivano, in concreto, la dislocazione delle attività di gioco.
Pertanto, quand’anche l’Amministrazione avesse consentito alla ricorrente di presentare un’istanza di delocalizzazione ai sensi della sopravvenuta D.G.R. n. 68 del 2019, neppure in questa ipotesi l’odierna appellante avrebbe potuto trasferire la sala in altra area compatibile del territorio comunale, considerata l’impossibilità di svolgere al suo interno l’attività di raccolta scommesse sulla base degli strumenti pianificatori vigenti alla data di adozione dei provvedimenti impugnati e della decisione del Comune di Reggio Emilia di non esaminare proposte di piani operativi nelle more della predisposizione del PUG.
8.1. La circostanza richiamata dal ricorrente è stata accertata nel giudizio definitodalla Sezione staccata di Parma del T.a.r. per l’Emilia Romagna con la sentenza della Sez. I, 22 aprile 2022, n. 102.
L’appello avverso siffatta decisione è passato in decisione all’odierna camera di consiglio ed è stato respinto.
8.2. Nello specifico, secondo la disciplina urbanistica vigente all’epoca di cuitrattasi nel Comune di Reggio Emilia, l’insediamento delle attività ludico – ricreative con problematiche di impatto (uso D16) poteva avvenire esclusivamente negli ambiti specializzati per attività produttive manifatturiere, previa approvazione di uno strumento urbanistico di programmazione operativa (POC/Accordo operativo) nel rispetto delle indicazioni generali fornite dal Piano strutturale comunale.
All’epoca trovava altresì applicazione la l.r n. 24 del 2017 la quale prevede all’art. 4, comma 1, che dalla data di entrata in vigore della stessa legge (1 gennaio 2018) e fino alla scadenza del termine perentorio per l’avvio del procedimento di approvazione del PUG, il Comune, attraverso l’atto di indirizzo di cui al comma 2, possa promuovere la presentazione di proposte di accordi operativi, aventi i contenuti e gli effetti di cui all’art. 38, per dare immediate attuazione a parte delle previsioni contenute nei vigenti PSC.
Tuttavia, il Comune, con delibera di Giunta comunale ID 201 del 5 dicembre 2019, ha dato formalmente atto che non si sarebbe avvalso della delibera di indirizzo di cui all’art. 4 della l.r. 24/2017 per la programmazione, in anticipo rispetto all’approvazione del PUG, di previsioni di PSC non ricomprese nel POC.
Eventuali proposte di accordi operativi sono state pertanto demandate alle fasi successive all’approvazione del PUG.
8.3. Ciò posto, a fronte delle richiamate determinazioni è rimasto incontestato chela società odierna appellante, non avrebbe potuto dislocare la propria attività in quanto il Comune, in considerazione degli strumenti pianificatori vigenti e della propria volontà di non addivenire ad accordi operativi, aveva deciso di non consentire fino all’approvazione del PUG (poi intervenuta nel 2023), la delocalizzazione ovvero il nuovo insediamento di attività di gioco nel proprio territorio e ciò a prescindere dalla vicinanza o meno di tali attività dai luoghi sensibili individuati dal medesimo Comune.
Anche nel caso in esame, il provvedimento di chiusura impugnato ha pertanto determinato un effetto espulsivo dell’attività svolta dalla ricorrente e non già di mera delocalizzazione, in ragione della precisa volontà comunale di non addivenire alla stipula dei richiamati accordi operativi.
8.4. Le parti resistenti, al riguardo, hanno fatto rilevare che il provvedimento dichiusura costituirebbe solo una mera conseguenza del fatto che la società ricorrente non abbia tempestivamente presentato istanza di delocalizzazione.
Tuttavia non hanno potuto contestare che, al fine di insediare la propria attività in un’altra area del territorio comunale, la società avrebbero dovuto confidare nella tempestiva approvazione di un POC o di un altro strumento urbanistico esecutivo, possibilità che è comunque venuta meno già a far data dal 5 dicembre 2019. Pertanto, se anche avesse presentato tempestivamente l’istanza di delocalizzazione, essa avrebbe potuto ottenere una proroga di sei mesi dell’ordine di chiusura ma non insediarsi in un altro ambito del territorio comunale, ancorché compatibile con la disciplina sulle distanze.
8.5. Sotto questo profilo, è poi irrilevante la documentazione – depositata dal
Comune in sede di appello – relativa alla verificazione disposta nel giudizio n.r.g.
n. 197 del 2018 (del T.a.r. di Bologna) dalla quale è risultato, in particolare, che “La delocalizzazione rimane […] possibile e ammessa in diversi ambiti della città, nelle quantità di “296,8 ha, pari a circa il 6,4% del Territorio urbanizzato”. Si è visto infatti che, secondo la disciplina urbanistica vigente all’epoca di cui trattasi, era comunque necessaria, a tal fine, l’approvazione di un POC, la stipula di un accordo operativo ovvero l’adozione di una delibera di indirizzo ai sensi dell’art. 4, comma 1, della l.r. n. 24 del 2017 (“Dalla data di entrata in vigore della presente legge e fino alla scadenza del termine perentorio per l’avvio del procedimento di approvazione del PUG stabilito dall’articolo 3, comma 1, il Comune, attraverso l’atto di indirizzo di cui al comma 2, può promuovere la presentazione di proposte di accordi operativi, aventi i contenuti e gli effetti di cui all’articolo 38, per dare immediata attuazione a parte delle previsioni contenute nei vigenti PSC, nell’osservanza di quanto disposto dai commi 2 e 3, e può promuovere il rilascio di permessi di costruire convenzionati, di cui all’articolo 28-bis del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380”), sulla quale il Comune ha però ritenuto di soprassedere fino all’approvazione del nuovo PUG.
8.6. Tale circostanza risulta confermata anche nella verificazione invocata dal Comune.
A pag. 23 si legge infatti che nei due ambiti che astrattamente consentivano la localizzazione delle attività del gioco lecito sotto la vigenza del PSC/RUE (ambiti ASP1 e ASP2), l’uso d16 risultava ammesso unicamente “quando disciplinato e programmato all’interno di un POC (Piano Operativo Comunale), una volta scaduta la Convenzione attuativa; o di un AO (Accordo Operativo)”, strumenti la cui adozione è stata tuttavia sospesa fino all’approvazione del PUG.
Ne deriva che, attraverso l’adozione di una atipica misura di salvaguardia, il Comune di Reggio Emilia ha realizzato proprio quell’effetto espulsivo che costituisce il parametro elettivo per valutare la proporzionalità dei provvedimenti attuativi del c.d. distanziometro.
Né rileva che si tratti solo di un rinvio dell’esame delle istanze (di delocalizzazione ovvero di installazione di nuovi esercizi) ad un momento successivo all’approvazione del PUG.
La determinazione comunale ha infatti comunque introdotto un elemento di rilevante incertezza nelle decisioni imprenditoriali, impedendo all’operatore di effettuare una ragionevole programmazione della propria attività.
8.7. Per quanto sopra argomentato, l’appello merita accoglimento.
Per l’effetto, in parziale riforma della sentenza impugnata, debbono essere accolti i secondi motivi aggiunti proposti in primo grado, con il conseguente annullamento dell’ordinanza dirigenziale di chiusura R.U.O. 590 del 6 ottobre 2021 emessa dal Comune di Reggio Emilia”.

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