Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna ha respinto, tramite sentenza, il ricorso presentato da un operatore di gioco contro il Comune di Selargius (CA), in cui si chiedeva l’annullamento del provvedimento con il quale è stata disposta l’interdizione e la cessazione immediata della sua attività di sala giochi per il mancato rispetto del distanziometro.
“1. La società ricorrente – si legge nella sentenza – ha impugnato il provvedimento epigrafato con cui il Comune di Selargius, in relazione alla DUA presentata dalla ricorrente per l’apertura di una sala giochi in via (…), ha ordinato “la cessazione immediata dell’attività di Sala Giochi esercitata dalla (…)” in quanto “a seguito di verifiche d’ufficio, si è accertato il mancato possesso dei requisiti sulla distanza per l’esercizio dell’attività. 2. Ai sensi dell’art. 12 comma 2 della L.R. n. 2 del 2019 non viene rispettata la distanza minima di 500 mt., distanza pedonale più breve, da istituti scolastici di ogni ordine e grado, luoghi di culto e strutture residenziali operanti in ambito sanitario presenti nei pressi”.
2. Tale atto è impugnato per Violazione di legge ed erroneità dei presupposti, in quanto l’art. 12, comma 2 della L.R. n. 2/2019 richiamato dal Comune non sarebbe immediatamente applicabile, essendo necessario un ulteriore intervento della Giunta Regionale, chiamata a determinare, entro il limite massimo dei 500 metri, la distanza dai siti sensibili entro la quale è interdetta l’apertura dei suddetti esercizi commerciali, né avendo il Comune, anche a volerlo considerare ammissibile, provveduto a fissare, con normativa propria, le distanze da rispettare tra sale giochi e siti sensibili.
La ricorrente deduce poi, in via subordinata, l’illegittimità costituzionale dell’art. 12, comma 2 cit. per violazione degli artt. 3 e 41 della Costituzione, nonché per illogicità, irragionevolezza e violazione del principio di proporzionalità, se ritenuto immediatamente e indiscriminatamente applicabile.
3. Resiste il Comune di Selargius, che ha richiesto il rigetto del ricorso siccome infondato, ritenendo, in sostanza, che “la previsione della distanza massima dei 500 metri dai luoghi sensibili deve ritenersi pienamente operativa quale soglia di massima tutela direttamente e immediatamente applicabile, ferma la possibilità per la Giunta Regionale di dettare con suo provvedimento una regolamentazione meno restrittiva”, evidenziando, in fatto, che a poche decine di metri sono localizzati un ufficio della ASL e un ambulatorio, un istituto scolastico e l’ospedale (…) a poco più di 200 metri e una chiesa e un altro istituto scolastico a circa 400 metri e che, quale circostanza sopravvenuta, l’Agenzia dei Monopoli ha svolto ispezioni nei giorni 6 e 7 marzo 2024 e riscontrato che i locali fossero aperti e privi di sorveglianza ai fini di impedire il gioco ai minori di anni 18 (docs. 9-11).
4. Con ordinanza cautelare n. 90/2024 è stata respinta l’istanza di sospensione dell’efficacia degli atti impugnati.
5. All’udienza pubblica del 22 maggio 2024, in vista della quale il solo Comune di Selargius ha depositato memoria, la causa è stata trattenuta in decisione.
6. Il ricorso è infondato e deve essere rigettato.
La norma regionale posta a fondamento dell’esercizio del potere, l’art. 12, comma 2, L.R. n. 2/2019 dispone che “è vietata l’apertura di sale da gioco, sia tradizionali sia Video lottery terminal (VLT), e di spazi per il gioco, sia la nuova installazione di apparecchi per il gioco d’azzardo lecito di cui all’articolo 110, comma 6, del regio decreto n. 773 del 1931, in locali che si trovino ad una distanza determinata dalla Giunta regionale entro il limite massimo di 500 metri, misurati per la distanza pedonale più breve, da istituti scolastici di ogni ordine e grado, luoghi di culto, impianti sportivi, strutture residenziali o semi residenziali operanti in ambito sanitario o socio-sanitario, strutture ricettive per categorie protette, luoghi di aggregazione giovanile e oratori”.
La tesi interpretativa proposta dalla ricorrente, per cui la norma non sarebbe immediatamente applicabile, ma avrebbe natura unicamente programmatica, vista la delega alla Giunta regionale di determinare le distanze dai luoghi sensibili, mai attuata, non può trovare accoglimento.
7. Il criterio interpretativo strettamente letterale su cui tale tesi si fonda infatti si scontra con una interpretazione sistematica e di ratio legis, nonché con una lettura costituzionalmente orientata della scelta compiuta dal legislatore regionale, attraverso una formulazione letterale senz’altro poco perspicua, ma che non conduce al risultato interpretativo su cui si fonda il ricorso.
In questo senso infatti, la norma in esame si inserisce in una Legge, la L.R. n. 2/2019, che ha appunto la finalità di “a) prevenire e contrastare la diffusione di dipendenze patologiche legate al gioco d’azzardo; b) accrescere la consapevolezza del rischio correlato al gioco, ancorché lecito, e salvaguardare le fasce più deboli della popolazione; c) contenere e ridurre gli effetti negativi connessi alla pratica del gioco d’azzardo lecito sulla sicurezza urbana, sulla viabilità, sull’inquinamento acustico e sul governo del territorio” (art. 1, comma 1) e che, per tale finalità, si articola in diverse competenze strettamente regionali (artt. 3-11), tra cui, inter alia, l’adozione di un Piano regionale del gioco d’azzardo patologico (art 3) o l’istituzione di un Osservatorio regionale del disturbo da gioco d’azzardo (art. 4) e, al capo III, in competenze strettamente comunali.
È in questo terzo capo della legge che è inserita la norma qui in esame, l’art. 12, volto a regolamentare a livello regionale l’autorizzazione all’esercizio dell’esercizio, che viene rilasciata dal Comune.
Ora, se così è, evidente appare la funzionalizzazione dell’esercizio del potere legislativo regionale a contrastare la diffusione di patologie connesse al gioco d’azzardo, che ben può estrinsecarsi nella fissazione di un limite di distanza dai luoghi sensibili per l’ottenimento dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività.
8. In tal senso infatti, la Corte Costituzionale ha ritenuto legittimo l’intervento del legislatore regionale che aveva provveduto a vietare il rilascio dell’autorizzazione all’esercizio di sale da gioco e all’installazione di apparecchi da gioco nel caso di ubicazione a distanza inferiore a cinquecento metri pedonali dai luoghi cosiddetti “sensibili”, rilevando che “il legislatore regionale è intervenuto, invece – come già anticipato – per evitare la prossimità delle sale e degli apparecchi da gioco a determinati luoghi, ove si radunano soggetti ritenuti psicologicamente più esposti all’illusione di conseguire vincite e facili guadagni e, quindi, al rischio di cadere vittime della “dipendenza da gioco d’azzardo”: fenomeno da tempo riconosciuto come vero e proprio disturbo del comportamento, assimilabile, per certi versi, alla tossicodipendenza e all’alcoolismo.
La disposizione in esame persegue, pertanto, in via preminente finalità di carattere socio-sanitario, estranee alla materia della tutela dell’ordine pubblico e della sicurezza, e rientranti piuttosto nella materia di legislazione concorrente «tutela della salute» (art. 117, terzo comma, Cost.), nella quale la Regione può legiferare nel rispetto dei principi fondamentali della legislazione statale” e che, anche in relazione al rapporto con la norma statale di cui all’art. 7, comma 10 del D.L. n. 158 del 2012, ha altresì evidenziato che “come rilevato anche dal Consiglio di Stato (sezione terza, sentenza 10 febbraio 2016, n. 579), dalla citata norma statale si ricava soltanto il principio della legittimità di interventi di contrasto della ludopatia basati sul rispetto di distanze minime dai luoghi “sensibili”, non anche quello della necessità della previa definizione della relativa pianificazione a livello nazionale.
La pianificazione prefigurata dalla disposizione statale invocata come norma interposta non è, peraltro, mai avvenuta, non essendo stato emanato, malgrado il tempo trascorso, il decreto interministeriale che doveva definirne i criteri. Il che rende l’intiero meccanismo inoperante, non potendosi ritenere che la mancanza di detto decreto paralizzi sine die la competenza legislativa regionale (al riguardo, sentenza n. 158 del 2016)” (Corte Cost., 17 maggio 2017, n. 108).
9. Peraltro, a tal proposito, anche la giurisprudenza di questa Sezione ha avuto modo di rilevare che:
“5. Orbene, nell’attuale frangente storico la ludopatia è un fenomeno notoriamente molto diffuso, come confermato dalla stessa evoluzione legislativa che, in linea con la normativa dell’Unione Europea, evidenzia una costante e crescente tensione del legislatore nazionale verso l’attività di contrasto di tale fenomeno.
6. In tale contesto già l’art. 7, comma 10, del D. L. 158/2012, convertito con Legge n. 189/2012, fissava la distanza minima di 500 (cinquecento) metri dai luoghi sensibili quali istituti di istruzione primaria e secondaria, strutture sanitarie e ospedaliere, luoghi di culto, centri socio-ricreativi e sportivi.
7. Al tempo della vicenda per cui è causa non era stata ancora approvata la legge regionale 11 gennaio 2019 n. 2 che, all’art. 12, comma 2, conferma il divieto di apertura di sale da gioco, sia tradizionali sia Video lottery terminal (VLT), e di spazi per il gioco, sia la nuova installazione di apparecchi per il gioco d’azzardo lecito di cui all’articolo 110, comma 6, del regio decreto n. 773 del 1931, “in locali che si trovino ad una distanza determinata dalla Giunta regionale entro il limite massimo di 500 metri, misurati per la distanza pedonale più breve, da istituti scolastici di ogni ordine e grado, luoghi di culto, impianti sportivi, strutture residenziali o semi residenziali operanti in ambito sanitario o sociosanitario, strutture ricettive per categorie protette, luoghi di aggregazione giovanile e oratori”.
8. La normativa regionale è, invero, arrivata solo dopo l’adozione negli ultimi anni di numerose ordinanze e regolamenti da parte dei Comuni sardi per cercare di arginare il fenomeno, in crescente diffusione, del gioco d’azzardo patologico” (T.A.R. Sardegna, Sez. I, 3 febbraio 2023, n. 53).
E, ancor più di recente, lo stesso Consiglio di Stato ha ribadito la legittimità della previsione di un limite di distanza di 500 metri dai luoghi sensibili delle sale giochi, ricordando che “è stata ancora prevista l’intensificazione dei controlli sul rispetto della normativa (art. 7, comma 9) e una “progressiva ricollocazione” dei punti della rete fisica di raccolta dei punti gioco per tener conto della presenza nel territorio di scuole, strutture sanitarie e ospedaliere, luoghi di culto, centri socio-ricreativi e sportivi (art. 7, comma 10).
10.2.1. Benché non sia stato emanato il decreto ministeriale che avrebbe dovuto indicare i criteri e indirizzi, le amministrazioni regionali e locali hanno adottato legittimamente, in assenza di una normativa di coordinamento di ambito statale, propri regolamenti in materia.
10.3. Ciò posto, occorre peraltro rammentare come la normativa in materia di gioco d’azzardo – con riguardo alle conseguenze sociali dell’offerta dei giochi su fasce di consumatori psicologicamente più deboli, nonché all’impatto sul territorio dell’afflusso ai giochi degli utenti – non rientra nella competenza statale esclusiva in materia di ordine pubblico e sicurezza di cui all’art. 117 comma 2 lett. h), Cost., bensì nella tutela del benessere psico-fisico dei soggetti maggiormente vulnerabili e della quiete pubblica, tutela che rientra nelle attribuzioni del comune ex artt. 3 e 5, d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267 (in termini, Cons. Stato, sez. V, 20 ottobre 2015, n. 4794)” e che “la circostanza che non siano stati dettagliatamente esposti i dati raccolti nel corso dell’istruttoria non è invero in grado di scalfire la legittimità della delibera giuntale, avuto riguardo per un verso alla riconosciuta diffusione del fenomeno della ludopatia in tutto il territorio nazionale, comprovata dalla legislazione di contrasto alla ludopatia ed in primis dal Decreto Balduzzi, ed in secondo luogo alla finalità eminentemente preventiva della misura, che in quanto volta a proteggere le fasce deboli della popolazione, è volta ad evitare lo stesso insorgere del fenomeno della ludopatia.
14.2.1. Ciò senza mancare di rilevare che la misura di 500 metri fissata dalla giunta regionale con l’indicata delibera, nel rispetto del limite massimo indicato dal legislatore regionale, è coerente con il limite previsto da altre legislazioni regionali; infatti una distanza minima di cinquecento metri è prescritta dall’art. 4 della l.r. Toscana 57/2013, dall’art. 7 della l.r. Puglia 43/2013 e dall’art. 6 della l.r. Basilicata 30/2014 (cfr. al riguardo Cons. Stato, sez. III, 10 febbraio 2016, n. 578).
L’indicata norma della Regione Puglia ha superato peraltro il vaglio della Corte costituzionale, (sent. 11 maggio 2017, n. 108), come innanzi precisato. Nell’occasione la Corte ha chiarito che il legislatore regionale era intervenuto per evitare la prossimità delle sale e degli apparecchi da gioco a determinati luoghi, ove si radunano soggetti ritenuti psicologicamente più esposti all’illusione di conseguire vincite e facili guadagni e, quindi, al rischio di cadere vittime della “dipendenza da gioco d’azzardo”: fenomeno da tempo riconosciuto come vero e proprio disturbo del comportamento, assimilabile, per certi versi, alla tossicodipendenza e all’alcoolismo” (Cons. Stato, Sez. V, 21 marzo 2024, n. 2785).
10. A fronte del compendio normativo ed ermeneutico sin qui esposto, perciò, non può accedersi alla tesi della ricorrente per cui il limite di 500 metri di distanza dai luoghi sensibili posto dalla norma regionale non sarebbe applicabile fino all’intervento della Giunta regionale, cui è delegata l’adozione di un atto ulteriore per la determinazione di più specifiche distanze entro il predetto limite dei 500 metri di distanza dai luoghi sensibili.
Tale interpretazione frustrerebbe del tutto la finalità perseguita dal legislatore regionale, poiché è esso stesso ad aver adottato una disciplina che intende prevenire la diffusione della ludopatia, che è, come visto, interesse pubblico di rango primario, e ne verrebbe rinviata l’applicazione ad un momento futuro ed incerto, anche alla luce della circostanza per cui, ai sensi del successivo comma 5, la Giunta avrebbe dovuto esercitare la delega di cui al comma 2 entro il termine di tre mesi dall’entrata in vigore della legge.
Peraltro, come pacifico in causa, nel caso di specie insistono luoghi sensibili a distanza ben inferiore ai 500 metri, misura massima prevista dall’art. 12, comma 2 cit.
Di tal che, alla luce di tutto quanto sopra esposto, si impone una interpretazione dell’art. 12, comma 2 cit., alla luce del sistema normativo nel quale è inserito e della ratio legis, nonché sul piano dell’interpretazione costituzionalmente orientata, nel senso che l’indicazione della misura, pur massima, di 500 metri di distanza delle sale giochi dai luoghi sensibili, sia posta in via precettiva, salva l’adozione di un successivo atto della Giunta regionale che, nell’ambito della predetta misura, individui distanze diverse “tenendo conto della densità demografica dei comuni”, ai sensi del combinato disposto dell’art. 12, commi 2 e 5 cit.
11. In ultimo, non può che rilevarsi la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale della norma sollevata in via subordinata dalla ricorrente, sulla base di tutto quanto sin qui esposto e, in particolare, delle acquisizioni consolidate nella giurisprudenza costituzionale ed amministrativa, rilevandosi peraltro come proprio la questione per cui nel Comune di Selargius “l’applicazione del limite dei 500 metri si tradurrebbe, nella sostanza, in un divieto generalizzato all’apertura di nuove attività di sala giochi” è stata oggetto di scrutinio, come questione sostanzialmente analoga, dalla citata sentenza Corte Cost. n. 108/2017, che ha ritenuto legittima la norma regionale in tale vicenda esaminata e di contenuto analogo a quella della Regione Sardegna oggi rilevante.
12. In conclusione, il ricorso è infondato e deve essere rigettato.
Nondimeno, stante la complessità delle questioni trattate e le difficoltà interpretative che hanno caratterizzato il giudizio, le spese di lite possono essere integralmente compensate tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta”.