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Tabaccai, FIT: “Assolutamente legittimo assumere un figlio maggiorenne e convivente nell’attività di famiglia”


“Nelle realtà imprenditoriali di ridotte dimensioni, come nel caso delle tabaccherie, la collaborazione nell’impresa da parte di un familiare diviene elemento caratterizzante. Al di là della occasionalità della prestazione, quando la collaborazione da parte del familiare diviene costante ed abituale si sta manifestando sempre di più l’esigenza di stabilizzare e codificare la prestazione lavorativa resa dal familiare stesso”. E’ quanto scrive la Federazione Italiana Tabaccai in una nota.

“Il caso che si analizzerà di seguito è relativo all’assunzione, con rapporto di lavoro subordinato, del figlio maggiorenne e convivente con il titolare dell’impresa. L’assunzione di un figlio maggiorenne nell’impresa – prosegue FIT – è prevista dalla normativa fiscale che, infatti, ne consente la relativa deduzione del costo (art. 60 TUIR) nell’ambito del reddito di impresa. Ciò significa che la retribuzione riconosciuta al familiare, oltre che tutti gli oneri connessi, sono inseriti in contabilità aziendale tra i costi di impresa. È evidente che, nel caso di prestazioni lavorative da parte di familiari, peraltro conviventi, deve essere superata la presunzione di gratuità della prestazione lavorativa nell’impresa attraverso gli elementi costitutivi del rapporto lavorativo: la subordinazione e l’onerosità. Tali requisiti sono fondamentali soprattutto per l’Inps che, appunto, presume dette prestazioni di parenti e affini conviventi come gratuite. Dal punto di vista pratico, in relazione alla prestazione lavorativa del figlio maggiorenne convivente è necessario verificare la sussistenza dei requisiti della subordinazione.

L’autenticità della suddetta prestazione lavorativa nell’impresa familiare deve essere convalidata attraverso gli elementi costitutivi del rapporto di lavoro subordinato:

  • onerosità della prestazione;
  • rispetto dell’orario lavorativo previsto dal contratto;
  • corresponsione del compenso a scadenze fisse.

Tali elementi – aggiunge FIT – non sono altro che quelli previsti dall’art. 2094 del Codice Civile dedicato al lavoro subordinato in generale «È prestatore di lavoro subordinato chi si obbliga mediante retribuzione a collaborare nell’impresa, prestando il proprio lavoro intellettuale o manuale, alle dipendenze e sotto la direzione dell’imprenditore». Va da sé che da un punto di vista oggettivo il rapporto di lavoro da parte del familiare nell’impresa, nel rispetto di quanto indicato, non deve essere difforme, da un qualsiasi rapporto di lavoro subordinato con terzi. È interessante riportare quanto ribadito a riguardo dall’Inps con il messaggio n. 2819 del 14 luglio 2022 «Implementazione del modulo telematico di iscrizione con la dichiarazione in ordine all’esistenza di rapporti di parentela».

Nell’ambito dei rapporti di lavoro subordinato – spiega FIT – assume particolare rilievo l’eventuale legame di coniugio, parentale o di affinità esistente tra la parti. Infatti, nell’ipotesi di prestazioni di lavoro tra parenti e affini conviventi, in virtù del vincolo che lega i soggetti coinvolti e della relativa comunione di interessi, la prestazione lavorativa si presume a titolo gratuito ed è, pertanto, necessario verificare l’eventuale sussistenza dei requisiti della subordinazione. A tal riguardo l’Inps fa riferimento all’ordinanza della Cassazione, Sez. Lav., 27 febbraio 2018, n. 4535 secondo la quale gli elementi utili che consentono di riconoscere l’effettivo inserimento organizzativo e gerarchico del parente/affine nell’organizzazione aziendale, qualificando il rapporto come subordinato sono l’onerosità della prestazione; la presenza costante presso il luogo di lavoro previsto dal contratto; l’osservanza di un orario coincidente con quello dell’attività economica; il programmatico valersi da parte del titolare della prestazione lavorativa del familiare; la corresponsione di un compenso a cadenze fisse. Il messaggio prosegue dettando le modalità operative […], in fase di prima iscrizione, il datore di lavoro dovrà dichiarare se tra i lavoratori assunti siano presenti soggetti ai quali lo stesso è legato da rapporti di coniugio, di parentela entro il terzo grado o di affinità entro il secondo grado; […] il dichiarante dovrà inserire nell’apposito campo il codice fiscale del lavoratore e scegliere nel menu a tendina il tipo di relazione che lo lega al dipendente. La dichiarazione viene richiesta nelle ipotesi in cui nell’istanza di iscrizione venga selezionata una delle seguenti forme giuridiche: Azienda agricola, Impresa familiare, Impresa individuale, […]. In conclusione, è assolutamente legittimo e possibile assumere, mediante sottoscrizione di un contratto di lavoro subordinato, un figlio maggiorenne e convivente nell’attività di famiglia e confutare, in caso di eccezione da parte dell’Inps, anche la presunzione di gratuità della prestazione”, conclude FIT.

Redazione Jamma
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