Il Consiglio di Stato ha accolto – tramite sentenza – il ricorso presentato da (…) e Federazione Italiana Tabaccai contro il Comune di Cairo Montenotte (SV) in cui si chiedeva la riforma della sentenza del Tar Liguria con cui era stato “solo parzialmente accolto il ricorso da essi proposto avverso l’ordinanza del sindaco di Cairo Montenotte n. 5 del 2 aprile 2019, avente ad oggetto “disciplina degli orari di esercizio delle sale scommesse e delle sale videolottery di cui all’articolo 88 TULPS, nonché di utilizzo degli apparecchi di intrattenimento e svago con vincite in denaro di cui al comma 6 dell’articolo 110 TULPS” che aveva tra l’altro vietato, dalle ore 7,00 alle ore 19,00, l’utilizzo degli apparecchi di intrattenimento e svago con vincite in denaro di cui al comma 6 dell’articolo 110 TULPS installati presso pubblici esercizi, con ciò di fatto limitando la loro operatività a sole due ore serali, determinando evidenti ripercussioni sugli incassi derivanti dal gioco”.
“A sostegno del ricorso – si legge nella sentenza – le parti in prime cure avevano formulato le seguenti censure:
1) Violazione e falsa applicazione dell’art. 3 della legge 7 agosto 1990 n. 241 – difetto di motivazione e di istruttoria – eccesso di potere per carenza e/o erronea valutazione dei presupposti per la mancata dimostrazione dell’incidenza dell’orario di funzionamento degli apparecchi rispetto ai fenomeni di ludopatia nel territorio del comune di Cairo Montenotte – mancata dimostrazione della significativa presenza di soggetti c.d. ludopatici nel territorio del comune di Cairo Montenotte – contraddittorietà e manifesta irragionevolezza – violazione dei principi di proporzionalità e di imparzialità dell’azione amministrativa, atteso il mancato bilanciamento dei contrapposti interessi – difetto di proporzionalità – illogicità – eccesso di potere e difetto di motivazione per mancata osservanza di quanto stabilito nell’intesa adottata dalla conferenza unificata Stato Regioni n.103/cu del 7 settembre 2017 – disparità di trattamento – ingiustizia manifesta;
2) Violazione del principio di legalità di cui all’articolo 1 della legge n. 689/1981 – difetto di motivazione.
3. Il giudice di prime cure con la gravata sentenza, dopo aver valutato positivamente la legittimazione ad agire della Federazione Italiana Tabaccai, contestata dal Comune, ha rigetto nel merito il primo motivo di ricorso, accogliendo il secondo, riferito all’illegittimità dell’ordinanza comunale impugnata laddove comminava la sanzione pecuniaria da un minimo di € 1.000,00 ad un massimo di € 5.000,00 ai sensi dell’art. 3 comma 1 legge regionale Regione Liguria n. 17/2012, osservando che “che la comminatoria della sanzione di cui alla L.R. n. 17/2012 per violazioni che non attengono propriamente alle disposizioni della legge richiamata è impropria e viola il principio di legalità di cui all’art. 1 comma 2 della legge 24.11.1981, n. 689 (“le leggi che prevedono sanzioni amministrative si applicano soltanto nei casi e per i tempi in esse considerati”).
Peraltro, l’annullamento in parte qua dell’ordinanza impugnata non la sguarnisce dell’apparato sanzionatorio, trovando corretta applicazione l’art. 7-bis comma 1-bis del D. Lgs. 18.8.2000, n. 267 (TUOEL), a mente del quale “la sanzione amministrativa di cui al comma 1 [da 25 euro a 500 euro, n.d.r.] si applica anche alle violazioni alle ordinanze adottate dal sindaco e dal presidente della provincia sulla base di disposizioni di legge, ovvero di specifiche norme regolamentari”.
Nel caso di specie, l’ordinanza impugnata trova infatti la sua base legale nell’art. 50 comma 7 del D. Lgs. n. 267/2000 (cfr. Corte cost., sentenza 18.7.2014, n. 220, § 5.1; Cons. di St., V, 20.10.2015, n. 4794)”.
4. Con l’atto di appello le parti deducono in punto di fatto che, come allegato in prime cure:
a) la (…) è titolare della rivendita ordinaria di generi di monopolio n.22 ubicata in Cairo Montenotte, (…), ove esercita anche l’attività di edicola. All’interno del proprio esercizio è stata legittimamente autorizzata, come previsto dalle vigenti disposizioni, ad installare n.8 apparecchi da gioco con vincita in denaro ex art.110, comma 6, lett. a) del TULPS (c.d. AWP). Non essendo anche titolare di licenza di pubblico esercizio, quale, ad esempio, un bar, deve osservare orari di apertura del proprio negozio, conformi a quelli stabiliti dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli per l’attività di vendita dei tabacchi, per cui tiene aperta la propria tabaccheria dalle 6:30 alle 20:00 dal lunedì al sabato e dalle 7:00 alle 13:00 la domenica;
b) la FIT è l’associazione nazionale maggiormente rappresentativa della categoria dei rivenditori di generi di monopolio – concessionari dello Stato – e in forza dei propri scopi statutari, si ritiene legittimata a difendere in sede giurisdizionale gli interessi della categoria rappresentata.
4.1. Ciò posto, hanno formulato le seguenti censure avverso la sentenza di prime cure:
1) Error in iudicando sulla rilevata insussistenza del dedotto difetto di istruttoria e di motivazione;
2) Error in udicando sulla rilevata insussistenza del dedotto difetto della proporzionalità ed adeguatezza dell’ordinanza sindacale impugnata;
3) Errore in udicando sulla rilevata insussistenza della lamentata disparità di trattamento e predeterminazione a favore degli altri diversi soggetti autorizzati, attuata con l’ordinanza sindacale impugnata;
4) Error in udicando sulla rilevata insussistenza del vizio dell’eccesso di potere per mancata osservanza di quanto stabilito nell’Intesa Stato-Regioni del n.103/CU del 7 settembre 2017.
5. Si è costituito il Comune di Cairo Montenotte, con articolata memoria difensiva, instando per il rigetto dell’appello.
6. In vista dell’udienza camerale, fissata per la trattazione dell’incidente cautelare, l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli di Stato, pur dando atto di non essere legittimata passiva rispetto al presente contenzioso, non essendo stato impugnato alcuno dei suoi atti e che la notifica del ricorso nei suoi confronti dovesse intendersi effettuata come litis denuntitio, ha osservato, a sostegno delle ragioni degli appellanti, che l’atto impugnato in prime cure avrebbe come effetto una sostanziale, evidente ed irrecuperabile espulsione della raccolta di gioco tramite apparecchi da intrattenimento dai punti vendita attivi in orari non serali, tra l’altro in aperta violazione della Intesa Conferenza Stato Regioni, in particolare, prevedendo, in relazione a vaste aree e quindi ad un numero importante di punti vendita, divieti di offerta dell’attività di gioco per un numero di 12 ore giornaliere (dalle 07:00 alle 19:00), ingenerando, tra l’altro, a causa dell’effetto espulsivo, gioco illegale e quindi sottrazione di risorse all’Erario e circuiti di offerta di gioco privi di controllo.
7. All’udienza camerale del 19 giugno 2020, fissata per la trattazione dell’incidente cautelare, la Sezione ha preso atto della rinuncia di parte appellante alla tutela cautelare, di cui alle note depositate in data 15 giugno 2020.
8. In vista della trattazione del merito dell’appello, parte appellante ha depositato articolata memoria difensiva, ex art. 73 comma 1 c.p.a, insistendo nell’accoglimento dell’appello.
9. Il ricorso è stato trattenuto in decisione all’esito dell’udienza pubblica del 21 settembre 2023.
DIRITTO
10. Prima di passare alla disamina dei motivi di appello, giova richiamare i princìpi elaborati dalla giurisprudenza amministrativa relativamente alle limitazioni orarie degli apparecchi per l’esercizio del gioco lecito.
Anzitutto, occorre rammentare come la normativa in materia di gioco d’azzardo – con riguardo alle conseguenze sociali dell’offerta dei giochi su fasce di consumatori psicologicamente più deboli, nonché all’impatto sul territorio dell’afflusso ai giochi degli utenti – non rientra nella competenza statale esclusiva in materia di ordine pubblico e sicurezza di cui all’art. 117 comma 2 lett. h), Cost., bensì nella tutela del benessere psico-fisico dei soggetti maggiormente vulnerabili e della quiete pubblica, tutela che rientra nelle attribuzioni del comune ex artt. 3 e 5, d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267 (in termini, Cons. Stato, Sez. V, 20 ottobre 2015, n. 4794).
Inoltre, è stato condivisibilmente affermato che la disciplina degli orari di apertura e funzionamento delle sale da gioco autorizzate costituisce un crocevia di valori nel quale confluiscono una pluralità di interessi che devono essere adeguatamente misurati e contemperati. Difatti, da un lato, emergono le esigenze dei privati – ovvero dei soggetti autorizzati all’esercizio del gioco lecito – titolari di una concessione con l’amministrazione finanziaria e di una specifica autorizzazione di polizia. Tali soggetti mirano alla massimizzazione dei loro profitti, al fine di ottenere la remunerazione dei loro investimenti economici attraverso la più ampia durata giornaliera dell’apertura dell’esercizio, invocando i principi costituzionali di libertà di iniziativa economica, di libera concorrenza e del legittimo affidamento ingenerato proprio dal rilascio dei titoli – concessorio e autorizzatorio – necessari alla tenuta delle sale da gioco. Dall’altro lato, sussistono interessi pubblici e generali, non contenuti in quelli economico – finanziari (tutelati dalla concessione) o relativi alla tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica (tutelati dall’autorizzazione questorile), ma estesi anche alla quiete pubblica (in ragione dei non improbabili disagi derivanti dalla collocazione delle sale gioco in determinate zone cittadine più o meno densamente abitate a causa del possibile congestionamento del traffico o dell’affollamento dei frequentatori) e alla salute pubblica, quest’ultima in relazione al pericoloso fenomeno, sempre più evidente, della ludopatia (quasi testualmente, Cons. Stato, Sez. V, 26 agosto 2020, n. 5223).
In questo contesto si inserisce il potere esercitato dal sindaco per definire gli orari di apertura delle sale da gioco e dei locali in cui sono presenti le apparecchiature ex art. 110 T.U.LP.S., il quale è tenuto a valutare le posizioni di ciascuno dei soggetti coinvolti, senza impiegare mezzi eccessivi rispetto agli obiettivi perseguiti.
E’ al riguardo del tutto pacifico il potere del Sindaco di cui all’art. 50, comma 7, del TUEL di adottare provvedimenti funzionali a regolamentare gli orari delle sale giochi e degli esercizi pubblici in cui sono installate apparecchiature da gioco. Si tratta di questione su cui non è dato dubitare e che si ricava anche dagli insegnamenti della Corte Costituzionale che, con la sentenza 18 luglio 2014, n. 220, ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 50, comma 7, del d.lgs. n. 267 del 2000, sollevata con riferimento agli artt. 32 e 118 della Costituzione, nella parte in cui disciplina poteri normativi e provvedimentali attribuiti al sindaco, senza prevedere che tali poteri possano essere esercitati con finalità di contrasto del fenomeno del gioco di azzardo patologico.
La Corte Costituzionale ha ritenuto plausibile l’interpretazione dell’art. 50, comma 7, d.lgs. 267 del 2000 avallata dalla giurisprudenza amministrativa come in grado di autorizzare i sindaci a disciplinare gli orari delle sale giochi e degli esercizi nei quali sono installate le apparecchiature da gioco, anche in funzione di contrasto dei fenomeni di c.d. ludopatia, fornendo un fondamento legislativo a detto potere; in particolare, la Corte ha richiamato l’evoluzione della giurisprudenza amministrativa la quale “ha elaborato un’interpretazione dell’art. 50, comma 7, del D. lgs. 267 del 2000, compatibile con i principi costituzionali evocati, nel senso di ritenere che la stessa disposizione censurata fornisca un fondamento legislativo al potere sindacale in questione”, ciò nel senso che, in forza della generale previsione dell’articolo 50, comma 7, d. lgs. 267 del 2000, “il Sindaco può disciplinare gli orari delle sale giochi e degli esercizi nei quali siano installate apparecchiature per il gioco e che ciò può fare per esigenze di tutela della salute, della quiete pubblica ovvero della circolazione stradale” (sentenza 18 luglio 2014 n. 220) (…)” (Consiglio di Stato, sez. V, 30 giugno 2020, n. 4119).
La previsione di una limitazione oraria mira pertanto in primis inequivocabilmente a contrastare il fenomeno della ludopatia, inteso come disturbo psichico che induce l’individuo a concentrare ogni suo interesse sul gioco, in maniera ossessiva e compulsiva, con ovvie ricadute sul piano familiare e professionale, nonché con l’innegabile dispersione del patrimonio personale.
11. Ciò posto, può passarsi alla disamina dei motivi di appello.
12. Con il primo motivo viene censurato in primo luogo il capo della sentenza di prime cure che ha escluso il difetto di istruttoria e di motivazione, evidenziando che il sindaco si era superficialmente limitato a riportare un dato della ludopatia che, in quanto riferibile all’intero territorio regionale, non forniva elementi specifici in ordine alla portata del fenomeno sul solo territorio del Comune di Cairo Montenotte.
12.1. In tesi attorea pertanto il sindaco si sarebbe ispirato a dati riferibili al territorio regionale, ricompresi tra l’anno 2011 e l’anno 2018, omettendo di rilevare l’attuale portata del fenomeno nel territorio di propria competenza; parimenti dovrebbe ritenersi per la considerazione contenuta nella relazione istruttoria (“Relazione Gioco d’Azzardo Patologico in Liguria”) “ma naturalmente il fenomeno è sottostimato ed i soggetti che si rivolgono ai servizi preposti sono solo una modesta percentuale rispetto al reale bisogno”, che non forniva elementi tali da poter aiutare a quantificare, sul territorio comunale, il fenomeno che si intendeva contrastare.
Peraltro, secondo quanto dedotto da parte appellante, il numero di 371 pazienti affetti dal GAP, nell’anno 2018, presi in carico dai SERT in tutto il territorio regionale non poteva rilevare un’emergenza sanitaria, tanto meno se rapportato al numero di abitanti del piccolo territorio del Comune di Cairo Montenotte.
Quanto affermato nell’ordinanza impugnata in prime cure – ossia“ […] la “Relazione Gioco d’Azzardo Patologico in Liguria” redatta a cura di Alisa Sistema Sanitario Regione Liguria, dalla quale emerge che il monitoraggio sul fenomeno attuato da un decennio dalla S.C. Salute Mentale e Dipendenze di Alisa ha segnalato che “le richieste di cura sono costantemente in aumento ed i soggetto in carico al Sert dei Dipartimenti di Salute mentale e dipendenze liguri per il gioco d’azzardo sono passati da 116 nel 2011 a 371 nel 2018” – si riferirebbe infatti non solo, come detto, ai soggetti in carico su tutto il territorio regionale, ma lascerebbe intendere che i numeri indicati (da 116 nel 2011 a 371 nel 2018) riguardino pazienti affetti da dipendenze di vario genere, e non esclusivamente da ludopatia.
12.2. Parimenti erronea sarebbe la sentenza, in tesi di parte appellante, laddove aveva fatto riferimento ai dati statistici sull’entità delle giocate, riferiti al territorio del Comune, tratti dal sito web Lab Gedi Digital sulla base dei dati forniti da AAMS – Agenzia delle dogane e dei monopoli […], secondo i quali le giocate pro capite (cioè quanto spende in media in un anno ogni cittadino) “nel Comune di Cairo Montenotte ammonterebbero ad € 1.918,00 nel 2017, con il che il comune si collocherebbe al 491° posto su 7594 comuni italiani, confermando di non essere affatto esente dal fenomeno”. Parte appellante al riguardo osserva come, secondo quanto già dedotto in prime cure, relativamente alla raccolta delle AWP sul territorio del Comune di Cairo Montenotte dai dati aggiornati all’anno 2017 forniti dalla competente ADM alla pagina 785, colonna denominata “Raccolta (C)* (per gli Apparecchi è la Raccolta da Contatore)” (che riporta la raccolta “da contatore” che registra l’ammontare delle somme materialmente introdotte nell’apparecchio) si evinceva che per contro la raccolta complessiva delle giocate effettuate con gli apparecchi AWP nel Comune di Cairo Montenotte risultava pari ad €.8.917.389,26 (inferiore pertanto ai €.10.730.000,00 indicati dal portale Lab Gedi Digital per l’anno 2017).
Dall’esame e dal raffronto dei dati disponibili emergeva che per il sito Lab Gedi Digital “i soldi spesi per le giocate nel 2017” nel Comune di Cairo Montenotte ammonterebbero a €.25,22 mln mentre dal calcolo complessivo della raccolta di tutti i giochi forniti per il medesimo anno 2017 dalla competente ADM la raccolta complessiva delle giocate, per lo stesso Comune, ammonterebbe a €.21.169.865,93.
In sostanza, valutando l’ultimo dato complessivo e dividendo lo stesso per il numero di abitanti di Cairo Montenotte, pari a 13.145, la spesa pro-capite sarebbe di €.1.610,00, quindi inferiore all’importo di €.1.918,00 indicato sul sito e richiamato nell’ordinanza impugnata.
Inoltre, gli appellanti evidenziano che nell’elaborazione dei dati relativi ai volumi di raccolta di gioco per il Comune di Cairo Montenotte per l’anno 2017, il portale citato, dando indicazione del solo dato complessivo relativo alla raccolta del gioco, peraltro non coincidente con quello fornito dalla competente ADM, ometteva di specificare l’entità della spesa effettiva sostenuta dai giocatori, data dalla differenza tra il volume di raccolta e quello delle vincite.
Effettuando il calcolo correttamente, tenendo contro della differenza tra il volume delle giocate e le vincite, si evincerebbe una spesa totale ed effettiva pari ad € 5.224.006, che suddiviso per il numero di abitanti del comune di Cairo Montenotte (13.145), evidenzierebbe un’entità di spesa pro-capite, per tutte le tipologie di gioco, pari € 397,41.
Da ciò, in tesi di parte appellante, il difetto di istruttoria e di motivazione del provvedimento gravato in prime cure, non attentamente vagliato dal Tar.
12.3. In sostanza, i dati istruttori a sostegno del corpus motivazionale dell’ordinanza sindacale, oltre a non evidenziare, in tesi di parte appellante, le specifiche problematicità sussistenti sul territorio del comune di Cairo Montenotte, non sarebbero certamente idonei a giustificare e sorreggere il provvedimento restrittivo adottato.
Né la stessa Autorità aveva riportato precisi e circostanziati dati inerenti al numero dei soggetti c.d. ludopatici che risiedono nel comune di Cairo Montenotte, in cura presso le strutture competenti.
12.4. Parimenti erronea sarebbe la sentenza laddove aveva escluso la necessità del confronto con la FIT, non interpellata, nonostante fosse una delle associazioni più rappresentative sul territorio, posto nell’ordinanza gravata si era precisato “sentite a riguardo le associazioni di categoria maggiormente rappresentative sul territorio”.
L’aver confinato il funzionamento degli apparecchi dalle ore 19,00 alle ore 7,00 del mattino e, quindi nelle ore della tarda serata e notturne, aveva in sostanza inibito ai tabaccai, non titolari di bar o di altro pubblico esercizio, né certamente titolari di sale gioco, di svolgere l’attività per la quale erano stati legittimamente autorizzati.
12.5. Il motivo è solo parzialmente fondato, nel senso di seguito precisato.
12.6. Senza dubbio, avuto riguardo agli indirizzi giurisprudenziali in materia e all’istruttoria posta a base della gravata ordinanza, deve escludersi il difetto di istruttoria e di motivazione in riferimento alla necessità, avvertita da parte del sindaco, di intervenire a disciplinare gli orari degli apparecchi de quibus, avuto riguardo alla portata del fenomeno del gioco nel territorio di propria competenza.
L’ordinanza impugnata in prime cure – nel richiamare espressamente nelle premesse la relazione sul gioco d’azzardo patologico in Liguria, redatta a cura di ALISA Sistema Sanitario Regione Liguria, nonché i dati statistici specificamente riferiti al comune di Cairo Montenotte, pubblicati dal sito web Lab Gedi Digital sulla base dei dati forniti da AAMS – Agenzia delle dogane e dei monopoli (già Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato) – appare assistita, quanto alla necessità di intervenire con limitazioni orarie in relazione al funzionamento delle apparecchiature da gioco, da congrua istruttoria e motivazione, non rilevando la circostanza che il dato relativo ai soggetti ludopatici, del quale si registra un trend in aumento, sia riferibile all’intero territorio regionale, posto che per contro il dato relativo alle giocate è specificatamente riferibile al territorio comunale e che l’ordinanza de qua svolge una funzione eminentemente preventiva, mirando ad evitare che l’abitudine al gioco, facilmente evincibile dall’entità delle giocate, abbia a trasformarsi in una vera e propria patologia.
Il difetto di istruttoria non appare pertanto ex se ravvisabile in parte qua, nonostante le lievi discrepanze tra i dati presi in considerazione dal comune, pubblicati sul sito web Lab Gedi Digital, e quelli comunicati dall’Agenzia delle Dogane, non essendo contestato che il Comune sia uno dei comuni con più elevato numero di giocate, come pure non è contestato che sia frequentato anche da giovanissimi dei comuni limitrofi che l’ordinanza intende tutelare (ex multis Consiglio di Stato, sez. V, 26 settembre 2022, n. 8240 secondo cui “un’ordinanza sindacale di regolazione degli orari delle sale da gioco non può considerarsi viziata da deficit di istruttoria o di motivazione soltanto perché il numero dei giocatori ludopatici non sia in assoluto elevato, giacché ciò che massimamente va considerato è la tendenza registrata nel periodo considerato, la quale, da sola, induce allarme negli enti pubblici preposti alla tutela della salute e giustifica pertanto l’adozione di misure restrittive (…)”.
12.6.1. E’ indubbio che il dato delle giocate pro capite nel territorio del Comune di Cairo Montenotte, sia pure emendato nel senso richiesto da parte appellante, sulla base dei dati forniti dall’Agenzia dei Monopoli di Stato, pari ad €.1.610,00, sia un dato di rilevante allarme sociale, come peraltro confermato dalla circostanza non contestata che il Comune si collochi in tal senso tra i primi comuni italiani.
12.7. Non coglie nel segno poi la deduzione di parte appellante, secondo cui si sarebbe dovuto tener conto non dell’entità delle giocate pro capite, ma dell’entità della spesa, data dalla differenza fra quanto giocato e quanto vinto, posto che ciò che si intende tutelare con l’ordinanza de qua, ai sensi dell’art. 50 comma 7 del T.U.E.L., non è il patrimonio del giocatore, ma la sua salute, onde evitare che la dipendenza dal gioco possa assumere una dimensione patologica, dipendenza che le eventuali vincite, sporadiche o meno che siano, finiscono per accrescere ed essendo il pregiudizio sul patrimonio solo un effetto riflesso di detta dipendenza.
12.8. Per contro la censura di difetto di istruttoria e di motivazione coglie nel segno, laddove riferita alle ore della giornata in cui si è inteso concentrare l’esercizio del gioco lecito a mezzo delle suddette apparecchiature, in tal senso estromettendo di fatti i tabaccai, non titolari di bar o di altro pubblico esercizio, come la ricorrente, né certamente titolari di sale gioco, di svolgere l’attività per la quale erano stati legittimamente autorizzati, adottando pertanto una misura non proporzionata, secondo quanto di seguito precisato, rispetto all’obiettivo preso di mira.
12.8.1. A tale difetto di istruttoria ha probabilmente contribuito la mancata audizione dalla FIT, associazione nazionale maggiormente rappresentativa della categoria dei rivenditori di generi di monopolio – concessionari dello Stato, che pertanto ha inteso tutelare gli interessi della categoria di cui è rappresentativa anche nella presente sede giurisdizionale.
Ed invero, sebbene appaia del tutto condivisibile in termini generali l’affermazione contenuta nella sentenza di prime cure secondo cui “L’ordinanza sindacale impugnata si configura come atto amministrativo generale, sicché trova applicazione l’art. 13 della legge n. 241/1990, che al primo comma statuisce che le norme sulla partecipazione “non si applicano nei confronti dell’attività della pubblica amministrazione diretta alla emanazione di atti normativi, amministrativi generali, di pianificazione e di programmazione, per i quali restano ferme le particolari norme che ne regolano la formazione”, la circostanza che l’ordinanza de qua andasse ad incidere, per l’orario serale/notturno prescelto per l’esercizio del gioco lecito a mezzo delle indicate apparecchiature, in particolare sui tabaccai, aperti di necessità in orario diurno, ne rendeva opportuna l’audizione, considerando che nella stessa ordinanza oggetto di gravame si precisa che erano state sentite le (altre) associazioni di categoria più rappresentative.
13. Colgono del pari nel segno le censure contenute nel secondo e nel terzo motivo di appello, con cui si censurano rispettivamente i capi della sentenza che avevano escluso la violazione del principio di proporzionalità e di disparità di trattamento.
13.1. Quanto al primo profilo, occorre ricordare che la giurisprudenza amministrativa , come ricordato da questa Sezione con la sentenza 20 0ttobre 2020 n. 6331 “si è occupata in numerose pronunce dell’eventuale contrasto della limitazione oraria del funzionamento degli apparecchi di intrattenimento e di svago con il principio di proporzionalità, esaminando misure che, come quella di Roma Capitale, prevedevano lo spegnimento degli apparecchi per otto ore giornaliere (Cons. Stato, sez. V, 8 agosto 2018, n. 4867; Id., sez. V,, 13 giugno 2016, n. 2519; Id., sez. V, 22 ottobre 2015, n. 4861; Id., sez. V, 20 ottobre 2015, n. 4794; Id., sez. V, 30 giugno 2014, n. 3271).
Precisato che “il principio di proporzionalità impone all’amministrazione di adottare un provvedimento non eccedente quanto è opportuno e necessario per conseguire lo scopo prefissato (ex multis, Cons. Stato, sez. V, 20 febbraio 2017, n. 746; Id., sez. V, 23 dicembre 2016, n. 5443; Id., sez. IV, 22 giugno 2016, n. 2753; Id., sez. IV, 3 novembre 2015, n. 4999; Id., sez. IV 26 febbraio 2015, n. 964), e che, definito lo scopo avuto di mira, esso è rispettato se la scelta concreta dell’amministrazione è in potenza capace di conseguire l’obiettivo (idoneità del mezzo) e rappresenta il minor sacrificio possibile per gli interessi privati attinti (stretta necessità), tale, comunque, da poter essere sostenuto dal destinatario (adeguatezza), si è ritenuto:
– che la limitazione oraria fosse proporzionata, in primo luogo, poiché in potenza capace di conseguire l’obiettivo: mediante la riduzione degli orari è ridotta l’offerta di gioco (Cons. Stato, sez. V, 5 giugno 2018, n. 3382);
– che l’argomento secondo cui l’amministrazione non abbia tenuto conto di altre forme di gioco verso le quali i soggetti affetti da ludopatia si indirizzerebbero prova troppo poiché dimostra che comunque è opportuno limitare già una delle possibili forme di gioco (le slot machines, appunto) se altre ve ne sono a disposizione;
– che la limitazione oraria di otto ore comporta il minor sacrificio possibile per l’interesse dei privati gestori delle sale da gioco in relazione all’interesse pubblico perseguito: resta consentita l’apertura al pubblico dell’esercizio, che potrà, dunque, continuare a svolgere la sua funzione ricreativa (con eventuale vendita di alimenti, snack, bevande), mentre sono limitati i tempi di funzionamento degli apparecchi per la comprensibile ragione di indurre i soggetti maggiormente a rischio ad indirizzare l’inizio della giornata verso altri interessi, lavorativi, culturali, di attività fisica, distogliendo l’attenzione dal gioco;
– che si tratta, infine, di misura adeguata perché, pur comportando certamente una riduzione dei ricavi, e, in questo senso, un costo per i privati, può essere efficacemente sostenuta mediante una diversa organizzazione dell’attività di impresa.
13.2. Per contro nell’ipotesi di specie il principio di proporzionalità appare violato, posto che non si palesa, avuto riguardo tra l’altro all’istruttoria espletata e alla motivazione dell’ordinanza gravata in prime cure, l’idoneità del mezzo prescelto, ovvero la concentrazione delle ore in cui è consentito il gioco lecito nella tarda serata e nella notte, rispetto all’obiettivo perseguito, di lotta ai fenomeni della ludopatia.
Ed invero sebbene nell’ordinanza si dia atto della circostanza che il comune sia frequentato anche da giovanissimi provenienti dai comuni viciniori che ivi si recano a scuola, la scelta non appare suffragata da istruttoria circa fenomeni di dispersione scolastica causati dalla dipendenza dal gioco, per cui sarebbe stata idonea allo scopo perseguito anche la scelta di una parte dell’orario per l’esercizio del gioco nella mattinata, in coincidenza con l’orario delle lezioni scolastiche.
Come evidenziato dagli appellanti, l’orario stabilito con l’ordinanza impugnata (divieto di gioco dalle 07,00 alle 19,00 tutti i giorni, festivi compresi) finisce con incidere sfavorevolmente ed in maniera non adeguata sui soli titolari delle tabaccherie di Cairo Montenotte, comportando una drastica limitazione dell’orario di funzionamento dei giochi relegato alle sole ore notturne e della tarda serata, passando da una fascia oraria media di circa otto ore ad una fascia oraria di una o, al massimo, due ore soltanto, considerati gli orari di esercizio stabiliti per le rivendite di generi di monopolio.
Peraltro la scelta del Comune di Cairo Montenotte, oltre ad estromettere di fatto i tabaccai dallo svolgere l’attività per i quali sono stati legittimamente autorizzati con il rilascio della licenza ex art. 110 T.U.P.S., appare singolare avuto riguardo all’obiettivo preso di mira, posto che la scelta dell’orario notturno in cui concentrare le giocate è quello che consente il minor controllo della comunità come palesato dalla circostanza che per contro nella maggioranza dei comuni, secondo l’id quoad plerunque accidit, si sceglie l’orario diurno per concentrare le giocate.
13.2. Parimenti riscontrabile è il vizio di eccesso di potere per disparità di trattamento dedotto da parte appellante e non rilevato dal primo giudice, in quanto, rispetto alla medesima condizione di rilascio della licenza ex art. 110 T.U.L.P.S, . i titolari di tabaccherie, non titolari di bar o di sale giochi, tenuti a rispettare un orario diurno di apertura, si trovano in una situazione deteriore rispetto agli altri titolari di detta licenza, che possono scegliere di rimanere aperti la notte.
La (…), secondo quanto dedotto agli atti di causa, effettua infatti un orario continuato di esercizio fino alla chiusura alle ore 20 (senza chiusura intermedia facoltativa), senza gestire attività di bar e deve essere presente durante l’orario di apertura, in quanto i tabaccai, ai sensi dell’articolo 28 della legge n. 1293 del 1957 e dell’articolo 63 del D.P.R. n. 1074 del 1958, sono obbligati alla gestione personale della rivendita e devono garantire la propria costante presenza all’interno della stessa, salva la possibilità di sostituzione nelle temporanee assenze o impedimenti, essendo unici responsabili verso l’Amministrazione.
Aver deciso che il funzionamento degli apparecchi da gioco possa soltanto essere attivato nelle ore notturne equivale pertanto ad una quasi completa espulsione di tale tipologia di gioco dalle tabaccherie, che tuttavia sono state anch’esse, come tutti gli altri operatori, legittimamente autorizzate a svolgerlo dallo Stato.
L’ordinanza impugnata è pertanto irragionevole, sproporzionata in ordine a detta scelta, determinando una grave disparità di trattamento tra soggetti parimenti autorizzati ad installare gli apparecchi in questione.
Ciò senza mancare di rilevare, che, come evidenziato dall’Agenzia dei Monopoli di Stato nelle note di udienza depositate in vista dell’udienza camerale, nella valutazione dell’incidenza del fenomeno del gioco d’azzardo patologico, occorre rilevare che la rivendita di generi di monopolio “costituisce un ambiente frequentato da un’utenza differenziata (non solo giocatori) con un esercente titolare che svolge un’attività di presidio e controllo funzionale al regolare espletamento del servizio.”; di tale specificità, che l’Agenzia ha ritenuto rilevante allorché ha adottato il D. Dirett. 27.07.2011 (Determinazione dei criteri e parametri numerico quantitativi per l’installabilità di apparecchi di cui all’articolo 110, comma 6 del TULPS) prevedendo la possibilità di installare ivi più apparecchi che in esercizi generici, sembra non abbiano affatto tenuto conto né il Sindaco né il Tar Liguria”.
14. Da disattendere è per contro l’ultimo motivo di appello, con cui si contesta il capo della sentenza che ha rigettato la censura di eccesso di potere per mancata osservanza di quanto stabilito nell’Intesa Stato-Regioni del n.103/CU del 7 settembre 2017.
Al riguardo si precisa che l’art. 1, comma 936, L. n. 208/2015 (“Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato” – c.d. Legge di stabilità 2016) aveva stabilito che venissero definite in sede di Conferenza Unificata (ex Art. 8, D.Lgs n. 281/1997) le caratteristiche dei punti di vendita ove si raccoglie gioco pubblico, nonché i criteri per la loro distribuzione e concentrazione territoriale, al fine di garantire i migliori livelli di sicurezza per la tutela della salute, dell’ordine pubblico e della pubblica fede dei giocatori e di prevenire il rischio di accesso dei minori di età, prevedendo che le intese raggiunte in detta sede fossero poi recepite con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, sentite le Commissioni parlamentari competenti.
L’Intesa, successivamente raggiunta in sede di Conferenza Unificata Stato/Regioni/Enti Locali in data 07/09/17 aveva previsto, nell’ottica di dar luogo a contrasto al gioco d’azzardo patologico, l’adozione di una serie di misure finalizzate a comprimere l’offerta sul territorio nazionale di gioco pubblico.
Fra queste, parte delle quali medio tempore attuate a livello nazionale, risultava espressamente convenuta (Cfr. punto 2, Intesa cit.) quella consistente nel riconoscimento agli Enti locali della “facoltà di stabilire per le tipologie di gioco delle fasce orarie fino a 6 ore complessive di interruzione quotidiana”, previa definizione delle fasce di interdizione oraria di concerto “con la Agenzia delle Dogane e dei Monopoli”.
Peraltro, pur nella consapevolezza di un distinto orientamento (ex multis parere n. 1418 del 18/08/2020 della Sez. I di questo Consiglio di Stato e giurisprudenza ivi richiamata) secondo cui i Comuni potrebbero discostarsi dall’Intesa de qua solo con adeguata motivazione, il collegio intende dar seguito al diverso orientamento giurisprudenziale seguito dalla Sezione, fatto proprio anche dal giudice di prime cure, (cfr., tra le altre, Cons. Stato, sez. V, 30 giugno 2020, n. 4119; sez. V, 13 luglio 2020, n. 4496; sez. V, 26 agosto 2020, n. 5223), secondo cui “È, dunque, espressamente previsto che l’intesa raggiunta in sede di Conferenza unificata sia recepita in un decreto del Ministero dell’economia e delle finanze. Prevedendo l’adozione di un decreto ministeriale che abbia ad oggetto profili di regolamentazione del gioco pubblico, l’amministrazione statale si è attribuita un potere di indirizzo e coordinamento per aver ritenuto che in tale specifico settore (quello del gioco lecito) si incrociano materie attribuite dalla Costituzione alla competenza di diversi livelli di governo, anche regionale, ma si avverte l’esigenza di una regolamentazione unitaria; […] In questi casi – quando cioè lo Stato attribuisce per legge a sé stesso un potere di indirizzo e coordinamento in relazione ad un settore che investe in maniera trasversale materie di competenza anche delle Regioni – è dovuta nella legge statale la previsione del previo raggiungimento dell’Intesa in sede di Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del d.lgs. 28 agosto 1997, n. 28, quale strumento tipico di coinvolgimento delle Regioni in attuazione del principio di leale collaborazione (da ultimo, in tal senso Corte cost., 2 dicembre 2019, n. 246; Id., 20 marzo 2019, n. 56). Il potere di indirizzo e coordinamento non è stato, tuttavia, ancora esercitato perché il decreto del Ministero dell’economia e delle finanze non è stato adottato, mentre è stata conclusa l’intesa nell’ambito della Conferenza Unificata Stato Regioni Enti locali il 7 settembre 2017. Per essere prevista quale atto prodromico all’esercizio del potere statale di coordinamento ed indirizzo con finalità di coinvolgimento delle Regioni, all’Intesa non può riconoscersi ex se, e senza che i suoi contenuti siano recepiti nel decreto ministeriale, alcuna efficacia cogente” (Cons. Stato, sez. V, 20 0ttobre 2020 n. 6331 cit.; in senso analogo di recente Cons. Stato, Cons. Stato, sez. V, sent. n. 11426/2022 e Cons. Stato, sez. I, parere n. 244/2023 del 17.02.2023 n. 244,).
15. L’appello va pertanto accolto, nei sensi innanzi precisati, e per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, in accoglimento del ricorso di prime cure, va annullata l’ordinanza del sindaco di Cairo Montenotte n. 5 del 2 aprile 2019, avente ad oggetto “disciplina degli orari di esercizio delle sale scommesse e delle sale videolottery di cui all’articolo 88 TULPS, nonché di utilizzo degli apparecchi di intrattenimento e svago con vincite in denaro di cui al comma 6 dell’articolo 110 TULPS”.
16. Sussistono nondimeno eccezionali e gravi ragioni, avuto riguardo alla peculiarità della fattispecie e alla materia trattata, per compensare integralmente fra le parti le spese di lite del doppio grado.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei sensi di cui in motivazione e per l’effetto, in riforma della sentenza appellata ed in accoglimento del ricorso di primo grado, annulla l’ordinanza del sindaco di Cairo Montenotte n. 5 del 2 aprile 2019″.