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Slot omologate e poi sequestrate, Cassazione accoglie ricorso rivenditore che chiedeva risarcimento all’ADM

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso di una società rivenditrice di apparecchi da intrattenimento a vincita contro la pronuncia della Corte di Appello di Roma che aveva confermato quanto sancito dal Tribunale di Roma ha aveva dichiarato prescritto il diritto al risarcimento del danno nei confronti dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli.

La vicenda vede protagonista una società del ternano, che aveva acquistato e poi messo in

vendita apparecchi elettronici di gioco normalmente utilizzati dagli utenti nelle relative sale da gioco.

Gli apparecchi erano stati acquistati in quanto ritenuti conformi alle specifiche tecniche imposte da Agenzia delle Dogane e dei Monopoli.

Successivamente quegli stessi apparecchi di gioco sono stati poi oggetto di un provvedimento di sequestro penale, basato proprio sulla loro irregolarità amministrativa, sequestro che poi si è

trasformato in un provvedimento di confisca, all’esito di un procedimento penale.

La società aveva quindi citato in giudizio l’Agenzia delle Dogane lamentando di avere subito un danno nel fatto di avere erroneamente confidato nella certificazione di regolarità degli apparecchi, rivelatasi poi errata, e nel conseguente provvedimento ablatorio imposto alla società dal giudice penale.

Il Tribunale di Roma nel 2016 aveva dichiarato prescritto il diritto al risarcimento del danno, e la decisione era stata confermata dalla Corte di Appello di Roma, che aveva ritenuto l’eccezione di prescrizione tempestivamente formulata, ed osservato come si trattasse di termine quinquennale, attesa la natura extracontrattuale della responsabilità, e che quel termine decorreva dal momento del

sequestro e non già da quello di confisca.

La ricorrente aveva eccepito, in primo grado, la tardiva costituzione in giudizio della Amministrazione: il giudice aveva dato termine con il decreto di fissazione della udienza, mentre la costituzione è avvenuta successivamente.

Il Tribunale non si era pronunciato, e la questione era stata riproposta in appello, dove era stata rigettata con il seguente argomento: la costituzione è ritenuta tempestiva se avviene comunque nel termine di dieci giorni prima della udienza (ex articolo 702 bis c.p.c.), non rilevando invece il diverso termine assegnato dal giudice, essendo la decadenza (dalla eccezione di prescrizione) “connessa esclusivamente alla mancata costituzione del convenuto entro il termine di dieci giorni prima della udienza” . Più precisamente, se il termine per la costituzione del convenuto può essere fissato anteriormente ai dieci giorni (come nel caso che ci occupa) ad opera del provvedimento del giudice, che fissa l’udienza, quello invece per eccepire la prescrizione ha sorte diversa, in quanto

coincide con il decimo giorno anteriore alla udienza, per espressa previsione dell’articolo 702 c.p.c..

Questa ricostruzione era stata contestata dalla ricorrente, la quale “invece assume che i due termini coincidono (per costituirsi e per eccepire) e scadono quando il giudice fissa il limite per costituirsi,

termine che altrimenti non avrebbe ragione d’essere se comunque sia si applicasse quello di legge, o quest’ultimo si sostituisse a quello automaticamente”.

La Cassazione ha ritenuto fondato questo motivo di opposizione.

Redazione Jamma
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