Il Consiglio di Stato ha respinto – tramite sentenza – il ricorso presentato da una società del settore giochi contro la Presidenza del Consiglio dei Ministri e il Ministero della Salute, in cui si chiedeva la riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima) con cui era stato negato all’attività il risarcimento dei danni patrimoniali derivanti dall’asserita illegittimità dell’art. 1, comma 10, lett. l), del D.P.C.M. 14 gennaio 2021, nella parte in cui ha espressamente previsto che “sono sospese le attività di sale giochi, sale scommesse, sale bingo e casinò, anche se svolte all’interno di locali adibiti ad attività differente”, nella misura in cui la chiusura forzata è stata imposta anche in sale gioco collocate nella parte di territorio nazionale classificato in zona gialla.
Di seguito il testo della sentenza:
“1. (…), odierna appellante, è la gestrice di una attività di raccolta delle scommesse e delle giocate, mediante apparecchi AWP e VLT, giusta autorizzazione rilasciata dalla Questura di Roma, in data 18 luglio 2019.
1.1. Con ricorso iscritto al n. 4923/2021 R.G., (…) ha proposto avanti il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, Sede di Roma, (di qui in avanti, per brevità, il Tribunale) azione per il risarcimento dei danni patrimoniali ex art. 30 c.p.a., derivanti dall’asserita illegittimità dell’art. 1, comma 10, lett. l), del D.P.C.M. 14 gennaio 2021, nella parte in cui ha espressamente previsto che “sono sospese le attività di sale giochi, sale scommesse, sale bingo e casinò, anche se svolte all’interno di locali adibiti ad attività differente”, nella misura in cui la chiusura forzata è stata imposta anche in sale gioco collocate nella parte di territorio nazionale classificato in zona gialla.
1.2 La richiesta della ricorrente in primo grado era, in particolare, volta all’accertamento, in via incidentale, dell’illegittimità dell’ art. 1, comma 10, lett. l), del D.P.C.M. 14 gennaio 2021.
1.3. Con l’unico motivo di ricorso (…) ha, pertanto, denunciato l’illegittimità degli atti per violazione di legge, oltre che per eccesso di potere sotto distinti profili, difetto di istruttoria e di proporzionalità.
1.4. Si sono costituite in giudizio, in primo grado, la Presidenza del Consiglio dei Ministri che ha chiesto la sua estromissione dal giudizio ed il Ministero della Salute, quest’ultimo resistendo l’impugnativa.
1.5. Con sentenza n. 7893 del 1° giugno 2022, il Tribunale ha respinto il ricorso, sul presupposto della ritenuta assenza dell’elemento oggettivo del fatto illecito, stante la piena legittimità del decreto gravato come confermato dalla giurisprudenza e ritenendo, altresì, carente la prova della ricorrenza dell’elemento soggettivo (Cons. Stato, sez. VI, 24 aprile 2018, n. 2495).
1.6. Nello specifico, il primo giudice ha ritenuto la condotta (recte gli atti) della Amministrazione intimata legittima, in quanto improntata al criterio della massima prudenza e coerenti con i fini di politica sanitaria, con ciò giustificando pienamente la chiusura delle attività delle sale gioco in ossequio anche sulla scorta della giurisprudenza consolidata.
2. Avverso tale decisione ha proposto appello (…), e ne ha chiesto, la riforma, con il conseguente accoglimento della domanda risarcitoria, contestandone l’erroneità anche facendo richiamo al contenuto dell’ordinanza n. 1061/2021, resa in un appello cautelare di analogo ricorso (n. 1551/2021 R.G.), là dove si evidenzia la necessità che “le misure di precauzione vengano adottate sulla base di mirate valutazioni scientifiche da parte dell’autorità tecnica”.
2.1. L’appellante insiste, poi, sulla sussistenza del requisito dell’elemento soggettivo ossia della colpa del Ministero della Salute, disatteso dal primo giudice, perché ritiene che l’Amministrazione abbia operato in assenza della doverosa verifica dell’analisi tecnica e/o scientifica del rischio, che solo avrebbe potuto, a suo dire, giustificare la chiusura del locale ricadente in zona gialla (D.P.C.M. 14 gennaio 2021).
2.1. Le previsioni del precedente D.P.C.M del 13 ottobre 2020, ora superate dall’impugnato decreto, unitamente all’assenza delle valutazioni scientifiche e del rischio di contagio riferito alle attività svolte in zona gialla, avrebbero – a dire dell’appellante – confermato l’elemento della colpa delle amministrazioni resistenti e – anche con riferimento a tale requisito soggettivo – l’errata valutazione del Tribunale.
2.2. Si è costituita in giudizio la Presidenza del Consiglio dei ministri e il Ministero della Salute.
2.3. Nell’udienza del 5 ottobre 2023 la causa è stata trattenuta in decisione.
3. L’appello di (…) deve essere respinto.
3.1. L’odierno appellante, (…), lamentava, nel primo grado di giudizio, l’illegittimità degli atti con cui l’amministrazione appellata, nel perseguire gli obiettivi di politica sanitaria per arginare la straordinaria situazione pandemica, ha inibito le attività, tra cui quella di (…), delle sale gioco, anche per gli esercizi ricadenti nelle “zone gialle”, in allegata assenza di evidenze scientifiche, con ciò ledendo, a suo dire, anche il legittimo affidamento sulla apertura di tali sale in relazione all’evolversi del fenomeno pandemico.
3.2. Va, in linea generale, premesso che, costituisce orientamento consolidato in giurisprudenza (Cons. Stato, Sez. III, sent. 3 giugno 2022, n. 4536) quello, secondo cui, il risarcimento del danno non è solo una conseguenza automatica e costante dell’annullamento giurisdizionale di un provvedimento amministrativo (nel caso all’esame insussistente, stante la richiesta risarcitoria diretta in relazione al d.p.c.m. 14 gennaio 2021), ma postula la verifica di tutti i requisiti dell’illecito (condotta, colpa, nesso di causalità, evento dannoso, ingiustizia del danno).
3.3. E, infatti, con riferimento all’ultimo degli indicati requisiti, per danno ingiusto risarcibile, ai sensi dell’art. 2043 cod. civ., si intende non qualsiasi perdita economica, ma solo la perdita economica ingiusta, ovvero verificatasi con modalità contrarie al diritto (Cons. Stato, Sez. III, n. 4536 del 2022).
3.4. Va, poi, osservato che, quando si parla della responsabilità della pubblica amministrazione, occorre distinguere la responsabilità che deriva dal mero comportamento materiale, per così dire, sganciato dall’esercizio del potere – la cui giurisdizione spetta all’Autorità giurisdizionale ordinaria – da quella, invece, in cui il pregiudizio prospettato sia riconducibile ad una ipotesi di responsabilità anche diretta che, come nel caso di specie, prescinde da un pregresso annullamento, in quanto riferibile ad un atto provvedimentale ritenuto immediatamente lesivo della sfera giuridica del richiedente (nella specie il d.p.c.m 14 gennaio 2021).
3.5. Rileverebbe, dunque, una responsabilità dell’Amministrazione derivante direttamente da un atto dalla stessa emanato; ipotesi certamente diversa da quella che origina da comportamenti delle Autorità amministrative che la giurisprudenza – a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 191 del 2006 – definisce come comportamento amministrativo, proprio per evidenziare che la fonte del danno non è l’atto amministrativo, bensì una condotta che presenta, sia pure indirettamente, un collegamento con l’esercizio del potere.
Ciò posto, occorre principiare dall’accertamento contenuto nella sentenza gravata, che costituisce il perimetro oggettivo all’interno del quale va delibata la pretesa risarcitoria azionata in giudizio da (…).
3.6. Il primo giudice – come anticipato – ha disatteso la domanda risarcitoria, sul presupposto della insussistenza di entrambi i requisiti (oggettivo e soggettivo) per supportare la pretesa risarcitoria della società ricorrente. Non l’elemento oggettivo (recte: decreto da cui immediatamente deriverebbe il pregiudizio allegato), in quanto il Tribunale ha ritenuto pienamente legittimo il dpcm 14 gennaio 2021, alla stregua della stessa giurisprudenza (per tutte, Tar Lazio, Sede di Roma, sent. n. 3712 del 31 marzo 2022); non l’elemento soggettivo, poiché “l’azione della pubblica amministrazione è stata ispirata dal criterio della massima prudenza, bilanciando correttamente le opposte esigenze di tutela della salute pubblica e del libero esercizio dell’attività economica”.
3.7. (…) contesta, tuttavia, questa statuizione perché rileva, in senso contrario, che il Tribunale non solo ha ignorato le statuizioni dell’ordinanza cautelare poste a supporto della richiesta risarcitoria, tenuto conto della assenza dell’analisi scientifica del rischio, anche in considerazione del lasso di tempo trascorso dall’insorgere della pandemia, che avrebbe – a suo dire – dovuto necessariamente …cedere il passo alla sussistenza di specifici dati scientifici, per giustificare il blocco assoluto o meno delle sale da gioco; ma anche per avere consentito l’amministrazione mediante le disposizioni normative che si sono susseguite nel tempo, anche sui territori classificati in zona rossa lo svolgimento dell’attività dei tabaccai per la raccolta dei giochi.
3.8. Ma come accennato, in tema di risarcimento del danno, derivante in via diretta o mediata dall’esercizio della funzione pubblica, non può prescindersi dalla verifica di tutti i requisiti dell’illecito (condotta, colpa, nesso di causalità, evento dannoso etc.).
3.9. D’altronde, è onere del ricorrente ex art. 2697 c.c., come ha ben ricordato il Tribunale, fornire ai giudici la prova sia dell’esistenza che dell’entità del danno lamentato, atteso che nell’azione di responsabilità per danni il principio dispositivo opera con pienezza e non è temperato dal metodo acquisitivo proprio dell’azione di annullamento.
3.10. Ed ancora, per meglio definire il quadro normativo di riferimento, l’art. 64 c.p.a. prevede che spetta alle parti l’onere di fornire gli elementi di prova che siano nella loro disponibilità riguardanti i dati posti a fondamento delle domande e delle eccezioni laddove i poteri di acquisizione officiosi riguardano le sole informazioni e i documenti utili ai fini del decidere che siano nella disponibilità della pubblica amministrazione.
3.11. Già questo dato permette di concludere nel senso che manchi, nel caso di specie, una valida prova dell’entità del presupposto oggettivo e, dunque, del danno lamentato, che fonda – unitamente alla colpa e all’ingiustizia del danno – la responsabilità dell’amministrazione.
3.12. Nel caso all’esame del Collegio, l’odierno appellante si è limitato ad allegare l’illegittimità del DPCM 14 gennaio 2021 – atto peraltro non impugnato da (…) – e a richiamare sia il decreto monocratico che l’ordinanza cautelare riferiti ad altra analoga controversia, avente ad oggetto il medesimo DPCM gravato che – sebbene di segno sfavorevoli al ricorrente – avrebbero, a suo dire, evidenziato la necessità che la disposta chiusura fosse supportata da una scrupolosa valutazione scientifica da parte dell’Autorità tecnica deputata alla valutazione dell’ “analisi del rischio”.
3.13. Ebbene, ritiene il Collegio che, nella fattispecie in esame, non ricorrano, i presupposti richiesti dall’art. 2043 cc, a cominciare dall’elemento oggettivo, tenuto conto che non risulta anzitutto la fonte causativa del danno, individuata dal ricorrente nel decreto 14 gennaio 2021, che già la giurisprudenza, come evidenziato in narrativa, aveva ritenuto pienamente legittimo (sentenza Tar Lazio sede Roma n. 3712/2022, per la quale non è stato proposto appello).
3.14. Né la circostanza che sia stata disattesa l’analisi delle valutazioni scientifiche da parte dell’Autorità tecnica per giustificare la persistenza della chiusura delle sale da gioco, conduce poi a conclusioni distinte e diverse, posto che – in disparte la natura meramente cautelare dei provvedimenti invocati dalla ricorrente – la stessa giurisprudenza della Corte costituzionale, intervenuta a più riprese, sul sulla legittimità dei modelli di gestione della pandemia e del sistema delle fonti, nonché su altri rilevanti aspetti (sentenze n. 37 del 2021; n. 198 del 2021; n. 127 del 2022; n. 15 e n. 16 del 2023) ha ritenuto pienamente legittime le restrizione imposte dai relativi DPCM perché supportati dal pareri del CTS.
3.15. Né sussiste alcuna disparità di trattamento con riguardo ad altre realtà commerciali (es Tabaccherie), attesa la diversa finalità e scala di bisogni cui ciascuna delle distinte attività sono chiamate a perseguire ed a soddisfare.
4. Per le ragioni che precedono, l’appello deve essere respinto, con conseguente conferma della sentenza impugnata.
5. Per le problematiche interpretative proprie della materia del contendere, sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese anche del presente grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e per l’effetto conferma la sentenza impugnata”.