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Decreto dignità, Tar Lazio annulla ordinanza-ingiunzione per violazione divieto pubblicità giochi: “Omessa comunicazione del provvedimento di avvio del procedimento sanzionatorio”

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Quarta) ha accolto – tramite sentenza – il ricorso presentato da una società contro l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, in cui si chiedeva l’annullamento “dell’ordinanza-ingiunzione contenuta nella delibera n. 19/23/CONS dell’8 febbraio 2023 nei confronti della società (…) per la violazione della disposizione normativa contenuta nell’ art. 9 del decreto-legge 12 luglio 2018, n. 87 convertito con legge 9 agosto 2018, n. 96 (cd. decreto dignità); della relazione della GdF, Nucleo Beni e Servizi del 15 luglio 2022 prot. 219728 allo stato non conosciuta; della nota AGCOM prot. 487112 del 1° giugno 2022 allo stato non conosciuta; del verbale di accertamento della GdF allo stato non conosciuto; dell’atto di contestazione n. 13/221DSDI proc. 15/FDG con attività preistruttoria svolta in data 21 settembre 2022 prot. n. 271696, allo stato non conosciuto”.

Di seguito il testo della sentenza: “La parte ricorrente ha chiesto l’annullamento dell’ordinanza-ingiunzione contenuta nella delibera n. 19/23/CONS dell’8 febbraio 2023, emessa nei suoi confronti per la violazione della disposizione normativa contenuta nell’art. 9 del decreto legge 12 luglio 2018, n. 87 convertito con legge 9 agosto 2018, n. 96 (cd. decreto dignità), congiuntamente agli altri provvedimenti elencati in epigrafe, chiedendone l’annullamento sulla base dei seguenti motivi:

1. Violazione e falsa applicazione art. 97 Cost. –– Violazione e falsa applicazione artt. 1, co. 2 bis; 3 e 7 L. 241/90 – Violazione e falsa applicazione art. 5 Regolamento di procedura in materia di sanzioni, allegato alla delibera n. 410/14/CONS, del 29 luglio 2014, così come modificata dalla delibera n. 437/22/CONS AGCOM – Violazione e falsa applicazione art. 16 L. 689/81. Eccesso di potere: difetto assoluto d’istruttoria; illegittimità manifesta; ingiustizia manifesta; carenza dei presupposti di fatto e di diritto.

2. Violazione e falsa applicazione art. 97 Cost. Violazione e falsa applicazione artt. 1 l. 241/1990. Violazione e falsa applicazione art. 9 D.L. 87/2018. Violazione e falsa applicazione Delibera AGCOM132/19/CONS. Eccesso di potere: Difetto assoluto di istruttoria, travisamento dei fatti; ingiustizia manifesta; illogicità manifesta.

2. Si è costituita in giudizio l’Autorità Garante per le Comunicazioni con memoria depositata il 3 giugno 2023, chiedendo l’integrale reiezione del ricorso.

3. All’udienza dell’8 novembre 2023 la causa è stata trattenuta in decisione.

4. Parte ricorrente espone che in data 23 marzo 2023 le veniva notificata la delibera n. 19/23/CONS dell’8 febbraio 2023, nella quale era contenuta l’ingiunzione di pagamento per euro 50.000,00 (euro cinquantamila/00) a carico della (…), per la violazione delle disposizioni contenute nell’art. 9 d.l. 12.7.2018 n. 87.

Rileva che a pag. 3 della predetta delibera, si fa riferimento alla contestazione n. 13/22/DSDI, proc. n. 15/FDG del 21.09.2022, asseritamente comunicata anche alla medesima ricorrente.

Lamenta tuttavia la mancata comunicazione della predetta contestazione che gli ha precluso il pagamento in misura ridotta della sanzione, censurando la conseguente illegittimità del provvedimento ingiuntivo.

A supporto della suddetta illegittimità parte ricorrente ha rilevato non aver ottenuto in sede di accesso alcuna prova della avvenuta notifica del provvedimento di contestazione. 

A fronte delle suddette deduzioni l’Autorità si è limitata a sostenere di aver notificato il provvedimento di contestazione, producendo in giudizio una relata di notifica dove il funzionario dell’Autorità afferma di aver notificato il predetto atto a mezzo di raccomandata e di posta elettronica, congiuntamente ad una cartolina postale recante la dicitura “destinatario sconosciuto”.

Con un ulteriore motivo parte ricorrente contesta l’illegittimità del provvedimento sanzionatorio censurandone l’illogicità e la carenza d’istruttoria.

5. Il ricorso è fondato sotto il profilo assorbente della omessa comunicazione del provvedimento di avvio del procedimento sanzionatorio, stante la mancata dimostrazione da parte dell’Autorità della notificazione della contestazione n. 13/22/DSDI, proc. n. 15/FDG del 21.09.2022

5.1. Con riferimento alla omessa notifica per il tramite di raccomanda l’Autorità si è limitata a depositare una ricevuta di ritorno spedita ma non recapitata all’indirizzo della ricorrente in quanto contenente la dicitura “il destinatario è sconosciuto”. 

Ne deriva l’invalidità della notifica dell’atto di contestazione che appare pertanto non aver raggiunto il suo scopo, in quanto non conosciuto in alcun modo dal destinatario, nemmeno in modo meramente formale, come accade nell’ipotesi di compiuta giacenza di una raccomandata: “Come infatti affermato dalla giurisprudenza in relazione a fattispecie di contenuto analogo (Cass. Civ., Sez. I, ordinanza in data 27 gennaio 2022, n. 2530), in tema di notificazioni ai sensi del 143 c.p.c., non è sufficiente, ai fini della valutazione positiva di irreperibilità del destinatario della notifica, il mero mancato rinvenimento del nominativo del notificando sui citofoni e neppure sulle caselle postali, occorrendo comunque un quid pluris  che deve quantomeno consistere nella raccolta, da parte dell’ufficiale giudiziario, di specifiche informazioni in loco sul destinatario dell’atto dai residenti interpellati.

È, quindi, necessaria una indagine in concreto sull’uso della comune diligenza da parte del notificante onde considerare validamente effettuata una notificazione ai sensi dell’art. 143 c.p.c., atteso che le condizioni che legittimano tale procedura non sono rappresentate dal solo dato soggettivo dell’ignoranza circa la residenza, la dimora o il domicilio del destinatario dell’atto, essendo richiesto, altresì, che tale ignoranza sia oggettivamente incolpevole, e cioè che essa non possa essere superata attraverso le indagini suggerite dall’ordinaria diligenza (sul punto, cfr. Consiglio di Stato, III, 10 luglio 2013, n. 3712)” (cfr. Tar Sicilia, Catania, n. 981 del 2023).

Ciò premesso, nel caso di specie, essendosi l’ufficiale postale limitato ad apporre la dicitura “indirizzo sconosciuto” senza svolgere le sopra riportate attività di indagine, non può ritenersi validamente eseguita la notifica del suddetto provvedimento al soggetto sanzionato.

5.2. Ulteriormente, nessuna prova di avvenuta comunicazione è stata fornita con riferimento alla notifica tramite posta certificata. L’Autorità non ha infatti depositato il relativo file di posta elettronica certificata (.xml) o altro documento idoneo a provare l’avvenuta consegna del plico e il contenuto dello stesso, adducendo l’impossibilità a notificare all’indirizzo di posta certificata della ricorrente cagionata dal mancato ottemperamento da parte della stessa dell’obbligo di munirsi di un indirizzo di PEC conoscibile a terzi.

Ritiene tuttavia il Collegio che il dedotto mancato ottemperamento del suddetto obbligo che peraltro riguarderebbe la mera comunicazione presso il registro delle imprese e non presso il registro inipec, non possa esonerare l’Autorità dall’obbligo di notificare in altro modo il provvedimento di contestazione.

In conclusione, risulta violato l’obbligo generale di comunicazione di avvio del provvedimento sanzionatorio, sancito, in via generale, nelle disposizioni della l. 241/90 (artt. 1, co. 2 bis e 7), e nello specifico, per quanto attiene al procedimento de quo, dall’art. 5 Regolamento di procedura in materia di sanzioni, allegato alla delibera n. 410/14/CONS, del 29 luglio 2014, così come modificata dalla delibera n. 437/22/CONS dell’AGCOM, con conseguente illegittimità del provvedimento gravato.

Il ricorso deve essere pertanto accolto, rimanendo assorbito il motivo relativo alla illogicità del provvedimento medesimo, non essendo stato lo stesso correttamente notificato al soggetto sanzionato.

6. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Quarta), pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie, e per l’effetto annulla il provvedimento impugnato nei limiti di cui in motivazione.

Condanna l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni al pagamento delle spese di lite in favore di parte ricorrente che liquida in complessivi Euro 2.500,00, oltre accessori di legge, se dovuti”.

Redazione Jamma
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